È una relazione poco pacifica quella tra letteratura e pornografia, schiacciata dal peso dell’inibizione, della rincorsa a un erotismo un po’ più osé e dunque scomposto, ibrido, quasi a certificare l’ipertrofia anestetizzante del porno prêt-à-porter, tanto pervasivo da costringere l’immaginario entro margini codificati, svuotando così quel serbatoio di temi e simboli che, per sua natura, si apre a un’indagine sfumata e fantasmatica.
Contrariamente al campo tematico, infatti, l’analisi immaginativa comporta un disallineamento tra “storia” e “narrazione”, giacché prediligere uno o più motivi significa identificare una zona di coincidenza o intreccio tra rappresentazioni artistiche e contesto extradiegetico. È dunque questa seconda nozione, più problematica e ambigua, a meglio adattarsi a un perimetro – quello della pornografia – che già di per sé intrattiene un rapporto controverso con il reale, fotografandone lati parziali, posticci, volutamente caricaturali in un’ottica spesso maschile e dominante.