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Jackson Pollock, Number 31: il mito che rivoluzionò la tecnica artistica

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4 minuti di lettura

Realizzato nel 1950 dall’artista statunitense Jackson Pollock, Number 31 è una delle sue opere più famose e una di quelle che più definiscono la tecnica innovativa apportata da Pollock nel panorama artistico di quegli anni.

Opera spesso ritenuta dalla critica astratta ed espressionista – ma inscrivibile di fatto in un qualsiasi movimento artistico –, si tratta di una composizione peculiare e estremamente innovativa per l’epoca.

«One: Number 31» di Jackson Pollock: analisi dell’opera

Il quadro sembra rispecchiare l’intento, quasi iracondo e maniacale (come d’altronde era anche il pittore), di ricoprire ogni centimetro libero della tela da parte del pittore; ma il risultato è quello di ricreare nella tela un’assoluta armonia, al pari di un moto perpetuo e pervicace, se la composizione viene osservata nel suo insieme.

Nel dipinto possiamo notare una colata di nero che sembra unire le parti più chiare e quelle bianche, mostrandoci un groviglio di segni che sembrano essere i testimoni di un’iraconda attitudine. Nel quadro le corde di colore sembrano prendere vita; i sorpassi tra le varie tonalità animano ogni centimetro della composizione che pare espandersi visivamente, nonostante le sue già enormi dimensioni.

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Pollock aveva avuto il merito di inventare il dripping, tecnica pittorica eseguita magistralmente in quest’opera: ovvero lo sgocciolamento del colore dal pennello, o direttamente dal barattolo, sulla tela disposta orizzontalmente a terra per far si che l’artista potesse muoversi liberamente intorno ad essa. Insieme al dripping nacque quindi anche l’action painting: una sorta di danza in cui il pittore si muoveva intorno alla tela disposta sul pavimento.

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Sulla tela prende così forma un insieme che dal disordinato dettaglio ci eleva verso la perfezione di un’opera istintiva e quasi primitiva, nata dal genio che si può manifestare solo attraverso le intenzioni di un grande artista, che in pochi minuti è in grado di tracciare un orizzonte perfetto delle linee che sono racchiuse nei nostri pensieri e sentimenti, e di dare spazio sulla tela all’intricato ritratto dell’animo umano.

Nella sua estenuante ricerca pittorica, Pollock continuò ad allontanarsi sempre di più dai soliti strumenti del pittore tradizionale come cavalletto, tavolozza, pennello; preferendo piuttosto bastoncini, cazzuole, coltelli, oppure semplicemente lasciando sgocciolare la pittura fluida o un impasto pesante con sabbia, vetri rotti o altri materiali estranei aggiunti.

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Decise inoltre di non servirsi per il gesto artistico della sola mano: per dipingere usava infatti tutto il suo corpo.

Number 31 è l’esemplificazione della maturazione di questa tecnica. Iniziato circa tre anni dopo il suo primo dipinto che utilizzava il dripping, questo lavoro è la prova dell’abilità ormai raggiunta da Pollock nel riuscire a immergersi completamente nel quadro, lasciando che questo prendesse vita. Come fece per tutti i suoi dipinti composti con il medesimo stile, Pollock dipinse Number 31 con la tela stesa sul pavimento.

«When I am in my painting, I’m not aware of what I’m doing. It is only after a sort of ‘get acquainted’ period that I see what I have been about. I have no fear of making changes, destroying the image, etc., because the painting has a life of its own. I try to let it come through. It is only when I lose contact with the painting that the result is a mess. Otherwise there is pure harmony, an easy give and take, and the painting comes out well.»

«Quando sono “nel” mio dipinto, non sono cosciente di ciò che sto facendo. È solo dopo una sorta di fase del “familiarizzare” che vedo ciò a cui mi dedicavo. Non ho alcuna paura di fare cambiamenti, di distruggere l’immagine, ecc., perché il dipinto ha una vita propria. Io provo a farla trapelare. È solo quando perdo il contatto con il dipinto che il risultato è un disastro. Altrimenti c’è pura armonia, un semplice dare e prendere, ed il dipinto viene fuori bene»

number 31
Pollock al lavoro fotografato dal «Time» nel 1956

A proposito di Jackson Pollock

Paul Jackson Pollock nacque a Cody (Wyoming) nel 1912 e fu, sin dagli albori della sua carriera pittorica, considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’espressionismo astratto in America.

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Figlio di un agricoltore, Pollock era il più giovane di cinque fratelli. Ebbe modo di entrare a contatto con i nativi americani (e con la loro tecnica della pittura con la sabbia) mentre accompagnava il padre ad effettuare dei rilevamenti. Nel 1929 si trasferì a New York, dove divenne allievo del pittore Thomas Hart Benton alla Art Students League. Nel 1945 sposò una nota pittrice statunitense, Lee Krasner, e il mese successivo si trasferirono in quello che oggi è conosciuto come il Pollock-Krasner House di Springs a Long Island. Qui, in un fienile che adibì a laboratorio, ebbe la calma necessaria per perfezionare la sua tecnica pittorica che culminò con il dripping.

Pollock fu inoltre introdotto all’uso del colore puro nel 1936, durante un seminario sperimentale tenuto a New York dall’artista David Alfaro Siqueiros (specializzato in murales). Oltre a questo, ebbe modo di avvicinarsi al socialismo realistico di Diego Rivera e di Josè Clemente Orozco. Sarà però la mostra sul Surrealismo europeo a New York del 1936, soprattutto la scoperta di Picasso, ad allontanarlo definitivamente dalla tradizione e dal cavalletto.

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Il successo di Jackson Pollock è legato inscindibilmente alla collezionista d’arte statunitense Peggy Guggenheim, che ebbe il merito di averne riconosciuto il valore sin dal 1942, quando l’artista era ancora sconosciuto al grande pubblico. Nel 1943 espose l’opera Guardians of the Secrets in una collettiva presso la famosa galleria di New York. Successivamente, Peggy organizzò una personale dell’artista e lo mise sotto contratto per permettergli di fare dell’arte una professione a tempo pieno.

Nel 1956 la rivista Time soprannominò Pollock “Jack the Dripper”, per il suo singolare stile di pittura.

Figuria rivoluzionaria, irascibile e perennemente contro corrente, Jackson Pollock è senza alcun dubbio considerato da molti come l’artista nativo americano più influente della storia dell’arte pittorica americana.

Morì purtroppo molto giovane (a 44 anni) in un incidente automobilistico nel 1956.

 


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Ester Franzin

Lettrice incallita, amante della letteratura e della lingua italiana in tutte le sue declinazioni. Classe 1989, è nata in un paesino della Pianura Padana. Si è laureata in Storia dell’Arte a Venezia e poi si è trasferita a Rimini, nel cuore della Romagna. Ha frequentato la scuola Holden di Torino e pubblicato il suo primo romanzo «Il bagno di mezzanotte».

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