Tra i lemmi del dizionario Treccani ha da pochissimo fatto la sua comparsa una parola ai più inaspettata: BUFU. Nonostante lo stupore, non è certo così strano e tanto meno preoccupante (come hanno ipotizzato alcuni).
Cosa significa?
Citando proprio la Treccani:
«Sigla dell’espressione gergale angloamericana By Us Fuck U (‘per quanto ci riguarda, vaffanculo’), insulto adoperato nei testi di canzoni rap come risposta ad attacchi verbali mossi dall’interno dello stesso ambiente musicale. La parola Bufu è stata coniata dal gruppo romano di rappers Dark Polo Gang (DPG), formazione composta dagli interpreti Tony Effe, Dark-Side, Pyrex e Dark Wayne».
Chi sa già cosa vuol dire “bufu” può saltare questo articolo. Chi invece non lo sa evidentemente ha più di venti anni, perciò non conosce una parola che tra gli adolescenti è di uso comunissimo. Bufu è un insulto generico il cui significato si può collocare nello spazio semantico tra “ridicolo” e “stronzo”, e si è diffuso per opera di un gruppo rap nostrano di nome Dark Polo Gang. È uno degli esempi più recenti di linguaggio giovanile, il gergo che si rinnova con il succedersi delle generazioni, diciamo ogni cinque-dieci anni.
Un punto sulla nostra lingua
Prima di commentare con conservatorismo questa nuova aggiunta, bisogna forse fare un punto importante sulla nostra lingua. All’alba dell’unificazione gli italiani non parlavano la stessa lingua ma questo non significa che l’italiano non esistesse. Piuttosto si può dire, semplificando, che fosse una lingua scritta. Il linguista Tullio De Mauro ha stimato che nel 1861 solo il 2,5% potesse dirsi italofono.
L’evoluzione è necessaria
La lingua italiana, quindi, nasce con una forte connotazione di staticismo perché si sviluppa a partire da un modello scritto. Nel 2018, comunque, si può dire, come già affermato da molti linguisti, che sta benissimo e si capisce proprio dal fatto che si sta evolvendo: fenomeno necessario per qualsiasi lingua viva.
Niente panico
Possono quindi calmarsi gli indignati di queste ore. BUFU è stato inserito nel Vocabolario Treccani per un motivo semplicissimo: che lo vogliate o no, è un vocabolo dell’uso. Per di più, come afferma Pietro Piovani, fa parte dello slang giovanile che, si capisce, si rinnova con una ciclicità di circa cinque anni. Niente panico, la lingua italiana sta benissimo.
Fonte immagine: Repubblica.it