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Parole e musica al Politecnico di Milano: una chiacchierata con Jovanotti

Jovanotti, Il poliedrico ed incontenibile artista, ci regala un'intervista inedita al Politecnico di Milano.

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Il cantante Lorenzo Cherubini è stato ospite al Politecnico di Milano per una lectio magistralis organizzata da Unversiday, il progetto del Corrirere della Sera finalizzato a valorizzare Milano e le sue università, in particolare il Poli in quanto polo accademico internazionale, tutto questo all’interno di un plot in grado di offrire la possibilità agli studenti di mettere in gioco le proprie abilità in cinque contest.

Intervistato dai giornalisti del Corriere, Andrea Laffranchi e Gian Antonio Stella, Lorenzo si dimostra a metà tra un quadro di Boccioni – dinamico e prorompente – e uno di pop art – colorato e vivace, pieno di entusiasmo -, interessato ad ogni forma d’arte, dalla fotografia all’architettura, fino ad arrivare alla poesia.

Il cantante ripercorre il proprio percorso di DJ, rapper, cantautore e artista poliedrico, esploratore di mondi esotici e le sue tappe fondamentali, che lo hanno portato alla sua fortunata carriera, coronata dall’uscita del nuovo disco Lorenzo2015cc, ai vertici di iTunes da quando è avvenuta la release e certificato doppio disco di platino, definito «un viaggio sulle montagne russe dell’emozione». Quest’estate lo attendono molte date negli stadi italiani, a partire dalle tre date a San Siro il 25, 26 e 27 Giugno 2015 (le prime due sono già sold out).

Dopo un ‘infanzia trascorsa a contemplare la volta della Cappella Sistina e le sue bellezze, ora vive a New York da quasi tre anni: Jovanotti parla delle differenze che ha colto tra l’Italia e gli Stati Uniti, soprattutto a livello musicale, e della difficoltà dei cantanti italiani a imporsi nel mercato internazionale, che gli States hanno sviluppato molto più di noi.

Inoltre, Jovanotti sottolinea la paura di cambiare che caratterizza, e spesso fossilizza, la società italiana, lontana anni luce da quella americana, concentrata sulla contemporaneità (a dispetto molto spesso dell’ambiente e degli edifici storici che vengono riutilizzati) e molto dinamica.

Cosa lo ispira di più nella composizione delle sue canzoni? Egli ammette di “trovare delle atmosfere” nella letteratura: «a volte per scrivere leggo una pagina di un autore che mi piace e mi dà un ritmo: i grandi mi fanno girare la testa, poi mi fermo e parto per quella direzione».

Jovanotti

Dei musei Vaticani, frequentati assiduamente da piccolo (il padre lavorarava al Vaticano come gendarme), lo ha sempre affascinato la stanza delle carte geografiche e il come gli uomini abbiano tracciato linee e confini dei territori senza l’aiuto di strumenti scientifici; nelle più antiche era inserito addirittura il paradiso celeste. «Ma c’è una mappa per non perdersi nelle trenta canzoni di Lorenzo2015?», chiede il giornalista, a cui Jovanotti risponde dicendo che il suo intento è stato proprio il contrario, prendendo spunto da Rayuela Il Gioco del Mondo di J. Cortàzar – romanzo che non ha un filo narrativo predeterminato dall’inizio alla fine, che deve essere tessuto dal lettore stesso.

Alla domanda finale: «Qual è la canzone a cui sei più affezionato?», il cantante non sa individuare una risposta: sostiene di intrattenere una sorta di rapporto padre-figlio con ognuna di esse e di volere bene anche a quelle riuscite maluccio, «Un po’ scapestrate, che quando le riascolti pensi: “Ma cosa avevo in testa quando l’ho composta?” ». Nei dischi non si contiene, inserisce molti pezzi, alcuni funzionano di più, altri meno.
Per i concerti sostiene che la scelta tra cosa suonare e cosa, invece, tagliare sia molto astiosa: è uno spettacolo e in quanto tale deve essere ben strutturato e le scelte delle tracce azzeccate e congeniali.

Da domani Jovanotti si metterà al lavoro per il suo tour estivo negli stadi della penisola, è agitato, certo, ma i suoi occhi mostrano entusiasmo e voglia di mettersi in gioco.

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di Nicole Erbetti

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