Il termine “ostracismo” è uno di quei termini che pur avendo una storia molto remota, riconducibile per l’appunto all’epoca classica, è ancora assai presente nell’uso quotidiano della nostra lingua.
D’altronde il lessema è stato risemantizzato nel tempo e ha in parte cambiato significato: ha assunto più che altro un significato metaforico o iperbolico, o comunque certamente diverso dal significato storico. In particolare, è il giornalismo novecentesco ad aver usato questo termine, un po’ forzatamente se si conosce la pratica antica, per definire con più intensità alcuni passaggi della storia politica italiana del secondo Novecento.
Da quale fatto storico scaturisce l’ostracismo?
Una delle stagioni più importanti della storia greca arcaica è certamente quella che vede protagonista l’ateniese Clistene, perché fu proprio lui a instaurare la democrazia ad Atene.
Prima di Clistene, infatti, vi era stata ad Atene la tirannia di Pisistrato, dal 546 al 528 a.C. (anno della sua morte), e successivamente una tirannia più flebile dei figli Ippia e Ipparco. Sarà la morte di Ipparco, ucciso per questioni d’amore da due giovani aristocratici, Armodio e Aristogitone, a far scoppiare il caos ad Atene e a portare la grande famiglia degli Alcmeonidi (di cui faranno parte anche Milziade, Pericle e Alcibiade), capitanata da Clistene, a sovvertire la tirannia. Così, con l’aiuto degli Spartani di Cleomene, nel 511 a.C. Clistene riuscì a porre sotto assedio l’Acropoli, dove il tiranno Ipparco si era asserragliato, e, sconfittolo, a dichiarare caduta la tirannia.
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Ma le turbolenze ad Atene non si erano ancora concluse, poiché un altro personaggio di nome Isagora, capo di una famiglia nobile avversa agli Alcmeonidi, fece scoppiare un’aspra lotta per il potere contro Clistene. Quest’ultimo, però, ne uscì vincitore grazie ad una carta che fino ad allora non era ancora stata sfruttata: il dèmos.
Infatti Clistene stringerà un patto con il dèmos, nella sua accezione di popolo non facente parte dell’aristocrazia, per cui ridimensionerà il potere dei nobili e creerà il primo sistema democratico al mondo. Di conseguenza, quando Isagora cercherà nuovamente di ribaltare la situazione, in questo caso chiedendo a sua volta l’intervento di Sparta, garantendogli l’influenza sulla polis, sarà proprio il dèmos a sollevarsi e a porsi al fianco di Clistene.
Non è questo lo spazio per parlare della democrazia ateniese e di tutte le riforme istituzionali di Clistene, e pertanto si rimanda il lettore a un approfondimento su un buon manuale di storia greca. Si parlerà però di una riforma del “pacchetto” di Clistene: quella dell’ostracismo.
Che cos’è l’ostracismo?
Tra le tante riforme istituzionali di Clistene, che come detto precedentemente diedero vita alla democrazia ad Atene, vi era anche la pratica dell’ostracismo.
Una volta all’anno l’assemblea, soltanto se vi era la necessità, deliberava una grande votazione nell’Agorà, chiamata ostracismo. Il termine deriva dalla parola greca ostrakon (ὄστρακον) che voleva letteralmente dire ‘‘coccio di vaso”, materiale su cui i cittadini ateniesi scrivevano il nome della persona che volevano ostracizzare, dunque allontanare dalla polis. La votazione, del tutto atipica e senza precedenti nel mondo greco, prevedeva un quorum da raggiungere di 6000 votanti e costringeva il personaggio votato a maggioranza a lasciare l’Attica (la regione di Atene) per 10 anni.
A differenza però di un esilio vero e proprio, l’ostracizzato, quando, scontati i 10 anni, faceva ritorno nella polis, tornava padrone di tutti i beni lasciati precedentemente e dei diritti civili e politici. Insomma, è evidente che la misura, anche in relazione al quadro storico descritto precedentemente, era volta a scongiurare il ritorno della tirannia ad Atene, e in effetti la democrazia ateniese fu una delle più durature del mondo greco. Infatti, successivamente, soltanto in un paio di occasioni nell’epoca classica (la tirannia dei 400 e i 30 tiranni) avremo un regime diverso da quello democratico.
Utilizzo della pratica
La definizione che si è data precedentemente alla pratica dell’ostracismo, ossia un dispositivo democratico volto a scongiurare la tirannia, è certamente la spiegazione ufficiale, ma nei fatti il suo utilizzo ebbe perlopiù altri scopi.
Infatti l’ostracismo era più che altro il mezzo politico che i vari personaggi della storia della polis utilizzarono per far uscire di scena i loro avversari. E fu anche una pratica usata molto di frequente, nonostante nella sua definizione ufficiale possa apparire un’extrema ratio: infatti i tanti ostraka rinvenuti sull’Agorà e nel quartiere di Ceramico ci danno almeno 150 nomi di personaggi perlopiù sconosciuti. Divertenti poi appaiono le varie scritte che i votanti apponevano di fianco al nome come giustificazione del voto e, come si potrà immaginare, molte sono particolarmente oscene e insultanti. Tuttavia, alcuni di questi personaggi, tra i 150, li conosciamo molto bene.
Ad esempio 1400 degli 11000 ostraka rinvenuti riportano il nome di Temistocle, il grande generale della vittoria sui Persiani nella battaglia di Salamina del 480 a.C. evento in cui la lega delio-attica di cui facevano parte sia Atene che Sparta sconfisse la temibile flotta del feroce Gran Re Serse (quello del film 300, per intendersi), preludio poi della vittoria finale a Platea. Però la successione di Temistocle, dopo la fine di Milziade, altro grande generale dell’epoca delle guerre persiane, che vinse nella battaglia di Maratona del 490 a.C., fu turbolenta. Egli, infatti dovette eliminare politicamente una serie di personaggi a lui avversi, che a loro volta cercarono di usargli contro l’ostracismo. Alla fine non fu Temistocle quello ad essere ostracizzato, ma i suoi avversari, come l’alcmeonide Megacle, l’ancora presente figlio di Pisistrato Ipparco e Santippo, colui che aveva accusato ed eliminato politicamente Milziade. Tuttavia, anche Temistocle, anni dopo finite le guerre persiane, nel 471 a.C., verrà ostracizzato. Ed è lì che la leadership passò a Cimone, anch’egli più tardi ostracizzato.
Questi sono i casi di ostracismo forse più famosi, anche perché molto prospicienti alle riforme di Clistene, ma in realtà si potrebbe parlare anche di altri famosi personaggi caduti vittime della pratica.
Un aneddoto divertente: l’ostracismo di Iperbolo
Iperbolo, definito da Tucidide «furfante e vergogna per la città», fu un demagogo vissuto nell’epoca della guerra del Peloponneso, ossia quella guerra che vide fronteggiarsi Sparta e Atene tra il 431 e il 404 a.C.
Questi, dopo la morte di Pericle, avvenuta per via della peste, si inserì nei giochi di potere tra Alcibiade e Nicia. Infatti, il primo era favorevole ad una linea dura contro gli spartani, senza possibilità di pace, mentre il secondo, fautore anche della famosa ”pace di Nicia” aveva posizioni più moderate e pacifiste. Quando i due diedero sfoggio di ostilità reciproca, Iperbolo, forte della sua capacità da sofista di aizzare il popolo, fece indire una votazione di ostracismo contro i due.
Così, pensando che la cosa fosse fatta, andò alle votazioni, pronto per ricevere l’acclamazione. Solo che ricevette a sua volta l’ostracismo, poiché i due leader si accordarono prima delle votazioni e fecero confluire i voti dei loro seguaci proprio contro il povero Iperbolo.
Dopo questo avvenimento, l’ostracismo verrà usato sempre più raramente, poiché gli strumenti di lotta politica messi in atto dai vari personaggi saranno ben peggiori.
Un uso moderno del termine
Oggi spesso si parla di ”ostracismo” quando si tratta della strategia politica della Democrazia Cristiana contro i partiti ”estremisti”.
Gli storici, in realtà, in modo più puntuale, la definiscono conventio ad excludendum, ossia quella pratica usata dalla DC, in ossequio alle direttive americane, volta a negare la possibilità di coalizione di governo ai partiti estremisti. In particolare la pratica danneggiò il maggior partito di opposizione, il Partito Comunista Italiano, e fece sì che in Italia, nonostante ci fosse il più grande partito comunista in termini di voti, non ci fu mai un governo con i comunisti.
Questa pratica fu estremizzata al massimo dal partito democristiano e voluta fino in fondo, ancora alla fine degli anni ’70, da esponenti della destra del partito come Andreotti, che preferì, in ossequio ai principi della conventio, addirittura accettare l’alternativa socialista e andare al governo con un Pentapartito egemonizzato dal socialista Craxi (che a suo tempo con una percentuale molto bassa di voti riuscì ad avere metà dei dicasteri nei vari governi), anziché compiere il “compromesso storico” col PCI, voluto da Moro prima dell’omicidio.
I giornali dell’epoca chiamarono questa pratica con il nome di ”ostracismo”, nonostante certamente Andreotti non abbia mai scritto il nome di Berlinguer su un coccio di vaso. Eppure il termine, in una visione traslata e figurata, può certamente definire in modo molto energico anche la pratica usata dalla Democrazia Cristiana, e sicuramente in futuro, o forse già oggi, la parola potrà essere ancora usata nel linguaggio politico.
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