Se mai qualcuno cercasse New Canaan in una cartina dell’Ohio, non troverebbe niente: è un luogo di carta, reale solo tra le pagine del romanzo d’esordio di Stephen Markley. Questa decadente cittadina di provincia è tutto ciò che rimane dello spopolamento post-industriale americano. Un mucchio di macerie dove trovano rifugio solo fantasmi e rimpianti di una generazione di giovani disillusi. Questa è l’atmosfera di cui è impregnata la brutale storia di Markley, Ohio, il racconto di un’altra America, che non lascia più spazio al sogno e alla speranza. Un racconto di ricordi e visioni del passato che, intrecciandosi tra loro, danno vita ad un presente oscuro e soffocante.
Il ritorno è fin dalle prime pagine il filo rosso del romanzo. È così che tutti i protagonisti si ritrovano ancora una volta: tornando a casa, alla ricerca delle proprie radici. Non è solo la storia della ricerca di identità di un giovane gruppo di idealizzati eroi sportivi nel desolante panorama che li circonda, ma anche il racconto di una compagnia di ragazzi tormentati, prematuramente privati della loro innocenza, in cerca di una speranza ormai inesistente. Ognuno torna nella cittadina a modo suo: chi inseguito da soffocanti allucinazioni, chi perseguitato dai rimorsi, chi da reduce di guerra, chi in cerca di vendetta e chi in una bara.
Malgrado i dolorosi segreti e i conti aperti con il passato, New Canaan rimane sempre l’inconfondibile atmosfera di casa, da cui tutti si allontanano sperando di dimenticare, per poi ritrovarcisi ancora una volta, nella consapevolezza di non esserne mai sfuggiti davvero:
Il cielo di dove sei nato non lo riconosci solo dal modo in cui si annuvola o in cui brillano le stelle di notte. Il cielo di casa tua si comporta come quando, da paracadutista, tiri la corda e l’aria ti riafferra. Puoi aver girato il mondo e visto tramonti migliori, albe migliori, temporali migliori, ma appena scorgi all’orizzonte i campi, i boschi, le alture e i fiumi che ricordi, ti prende la commozione.
Casa è sinonimo di radici e dalle radici nessuno si può realmente distaccare, anche se sono insanguinate e impregnate di tragedia. Come lo stesso Markley ha suggerito, «i personaggi non potevano esistere avulsi da un contesto. E per un contesto intendo le conseguenze che decisioni catastrofiche, sia economiche che politiche, hanno avuto sulla gente comune». L’autore, infatti, non esita ad immergere il suo lettore nelle sporche coscienze delle figure che popolano il suo romanzo, senza aver paura delle conseguenze. Si addentra in campi minati e dolorosi, come il lutto, la violenza, la vendetta e la sofferenza nella difficoltosa affermazione dell’identità. Ohio di Stephen Markley risulta così un romanzo disturbante, pieno di orrore e disperazione.
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Tuttavia, quella opprimente tristezza che lo distingue si fonde in una perfetta unione con momenti di acuta bellezza lirica. Tra le righe risuonano echi della tradizione letteraria passata che, però, non cessano di brillare di luce propria, senza mai cadere nella retorica: il lirismo di Francis Scott Fitzgerald, la provincia dei racconti di Sherwood Anderson, i toni pulp e gli eccessi della Beat Generation.
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L’autore non si limita a tratteggiare delle problematiche, ma le concretizza nella carne e nelle ossa dei suoi personaggi, che non possono far altro che trascinare il lettore nelle loro disperate esistenze in cerca di una vana redenzione. Ognuno di loro vive la propria battaglia, ma sa bene di non poterne fare “una questione privata”: il complesso intreccio che li unisce si districherà man mano verso la verità, svelando il segreto che li incatena assieme.
Ohio di Stephen Markley è una straziante melodia, un grido alle promesse perdute di un gruppo di ragazzi che la vita ha strappato all’illusione, aprendo crepe irreparabili e lasciando spazio solo al rimpianto e alla nostalgia di possibilità sfumate e legami apparentemente eterni. Non c’è modo di sfuggire dalla realtà: ogni volta che qualcuno proverà a scappare, si ritroverà inesorabilmente prigioniero di sé stesso. Allo stesso modo, non c’è via di fuga nemmeno per il lettore, che non potrà uscire da questa storia illeso, salutandola con un’unica consapevolezza:
Difficile dire dove finisca questa storia o come sia cominciata, perché una delle cose che alla fine imparerete è che il concetto di linearità non esiste. Esiste solo questo sogno collettivo scatenato, incasinato, incendiario in cui nasciamo, viaggiamo e moriamo tutti.
Costanza Valdina
Immagine di copertina: Photo by Matthew Bornhorst on Unsplash
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