«Da nessuna parte» o «qui ed ora»? Presso Pirelli HangarBicocca inaugura oggi, 23 febbraio, NOw/here, retrospettiva di Gian Maria Tosatti. L’artista, celebre per le grandi installazioni ambientali site-specific (ne è un meraviglioso esempio la muscolare istallazione esposta in occasione della 59esima Biennale d’Arte di Venezia per il padiglione Italia), questa volta decide di sperimentare, mettendo in gioco prima di tutto se stesso, con una mostra di sola pittura. L’istallazione dei due corpus pittorici, Ritratti (2022) e NOw/here (2023), è a cura di Vicente Todolì, mentre l’illuminazione è stata curata da Pasquale Mari (che si è occupato anche delle luci per le opere di Tosatti alla Biennale).
NOw/here: le opere in mostra
Sola pittura, è vero: eppure, varcata la soglia della sala espositiva di HangarBicocca sembra di affacciarsi di nuovo sul molo dell’Arsenale di Venezia, circondati dall’acqua buia, intenti ad osservare qualche piccola luce bianca che lampeggia nell’oscurità. Non si tratta di un’installazione ambientale, ma di una delle dieci grandi tele della collezione NOw/here, dove graffite e carboncino bianco creano delle immagini buie, un’atmosfera che ricorda una landa desolata dove tutto sembra ormai cenere, eccezion fatta per dei piccoli punti bianchi. Stelle? Fari? Lampioni? Nulla è certo, se non che rappresentano la speranza, un «dovere di ferro» (come dice Gian Maria Tosatti stesso ricorrendo ad un’espressione della scrittrice Anna Maria Ortese) sia per gli spettatori delle nuove generazioni, che «stanno vivendo l’incubo di pensarsi alla fine della Storia», sia per quelle vecchie, che non devono arrendersi per lasciare qualcosa a chi verrà dopo di loro. Il nome di questa collezione, che titola la mostra stessa, con la doppia possibilità di lettura (Nowhere e now, here) contiene già in sé una domanda rivolta al visitatore: «Come ti senti?».
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Il sentimento è il centro nevralgico anche del secondo corpus di opere esposte, Ritratti: quattro pannelli di ferro su cui oro e ruggine «si sbranano a vicenda e producono delle conseguenze». Gian Maria Tosatti definisce queste opere «sudari dell’anima»: l’artista deposita sul ferro le tracce delle proprie esperienze. Il riferimento è agli anni trascorsi all’estero da Gian Maria Tosatti, che ha vissuto per sei anni in Turchia prima di trasferirsi e lavorare tra Ucraina e Russia. Durante la permanenza in questi territori, ha assistito ad eventi e condizioni tragiche, che hanno lasciato sulla sua anima un’impronta indelebile; impronta che si imprime sul ferro come la ruggine che divora l’oro. Gian Maria Tosatti pensa agli episodi a cui ha assistito, come lo sgombero di giovani ragazzi da case nel centro di Istanbul, abbandonati alla povertà e a loro stessi. Non si tratta quindi solo dell’impronta di un dolore privato, ma di vere e proprie «radiografie dello spirito del tempo che si raccolgono per strada». C’è quindi anche un messaggio politico in queste opere? Sì, ma la prospettiva è un’altra. «Le grandi opere politiche sono già state fatte», dice Tosatti, che in NOw/here si concentra più sulla dimensione privata dei sentimenti, anche sull’individualità del singolo.
La luce della solitudine
NOw/here è un’esperienza da fare soli, in silenzio. Per invitare lo spettatore a questo tipo di approccio viene in aiuto il sistema di illuminazione di Pasquale Mari. La sala è avvolta nell’oscurità e le opere, illuminate da una luce soffusa fredda, quasi fluttuano nello spazio all’altezza dello spettatore. L’invito è ad assumere un atteggiamento di raccoglimento in se stessi, ad ascoltare ciò che le opere vogliono comunicare, ma soprattutto a cercarsi: capire appunto dove ci si colloca nello spazio e nel tempo della Storia, se ci si sente presenti o da nessuna parte, schiacciati ormai completamente dalle tragedie che ogni giorno avvengono nel mondo; e in ultimo, proprio in virtù di quella speranza che non manca mai nelle opere di Gian Maria Tosatti, questo è un invito a cercarsi, nei riflessi dell’oro dei Ritratti o in qualche luce di carboncino bianco.
NOw/here di Tosatti è una retrospettiva sui generis
L’idea di realizzare una retrospettiva di Tosatti nasce nel 2020, dopo l’esposizione delle istallazioni site-specific dell’artista a Napoli e a Catania. Quella che però porta in HangarBicocca Gian Maria Tosatti, dopo 3 anni, è una retrospettiva decisamente sperimentale. Si tratta di opere più che attuali dell’artista, realizzate tra il 2022 e il 2023. La spiegazione di questa scelta è particolare. «Innanzitutto,- afferma Tosatti – la retrospettiva è qualcosa di noioso per un artista […]. Non hai bisogno di lavori del passato ma del tuo spirito del passato». La retrospettiva non è delle opere, bensì dei sentimenti che hanno dominato l’artista. Inoltre, Gian Maria Tosatti ha deciso di voler spiazzare gli altri (ma prima di tutto se stesso). «Fare una mostra di pittura a quarantatré anni è un modo per tenersi vivi»: di fronte ad un mercato che ad un artista «chiede che si ripetano dei cliché», Tosatti ha voluto rispondere con qualcosa di veramente inaspettato per tutti, ossia una mostra di pittura. La scelta di questo linguaggio artistico non è stata fatta tuttavia soltanto al mero scopo di sovvertire uno schema: «Kiefer e Kounellis (artisti noti soprattutto per le installazioni ambientali, si pensi ai Sette Palazzi celesti di Kiefer in esposizione permanente all’HangarBicocca, ndr) si sono sempre definiti dei pittori. La pittura è la matrice di tutte queste forme. Al di là delle grandi installazioni c’è sempre una matrice pittorica».
Forse, quindi, per esprimere al meglio un lavoro che si focalizza sul sentimento e sull’individualità, il linguaggio migliore è proprio quello della primissima arte, la pittura.
Auctoritas, auctoritates
«Mi piace che ci sia una storia dell’arte nelle mie tracce» risponde Gian Maria Tosatti a chi vede la ripresa di stilemi di altri artisti nelle sue tele. L’interpretazione a posteriori dei suoi lavori, così come i collegamenti con altre opere e altri grandi nomi della storia dell’arte (contemporanea e non) sono un compito che Tosatti è felice di lasciare ai critici: «Se ci sono elementi da scoprire sono il primo ad essere curioso di leggerli». Non ci sono, almeno intenzionalmente, auctoritates nella produzione dell’artista. Sono più esattamente degli influssi, immagini che sono rimaste impresse nella mente di Gian Maria Tosatti e si sono tradotte in modo inconscio sulla tela. «Il mio oro viene da Kounellis, o dall’arte bizantina? No. [Tuttavia è bello] connettersi in modo naturale ed umano all’arte del passato, cercare nell’Altro gli strumenti per migliorare aspetti del mio lavoro». Il riferimento al passato non è il frutto di conoscenze accademiche: come si è detto, nell’oro dei ritratti dobbiamo cercare noi stessi, non dei riferimenti dotti ad altre espressioni artistiche. Le analogie con il passato, forse, ci sono proprio perché ciò che accomuna tutti gli artisti, gli spettatori e i critici, è la condizione di essere umani.
La storia dell’arte è la storia sentimentale dell’umanità […]. Le opere sono testimonianze; i sentimenti dell’uomo sono gli stessi della tragedia greca: giriamo sempre intorno a noi stessi, facciamo fatica ad evolvere […]. L’artista ha il compito di fare dei ritratti per farci vedere delle cose che hanno, alla fine, a che fare con i sentimenti, che sono il punto nodale delle nostre esistenze.
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Crediti immagine: Gian Maria Tosatti
NOw/here, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Ela Bialkowska, OKNOstudio
grazie dell’articolo, mi ha aiutata a prepararmi alla visita!