È in una libreria specializzata in musica, il Magazzino Musica, che la libraia Laura ha accolto il pubblico di BCM22 ricordando il ruolo delle librerie indipendenti e presentando i due relatori dell’incontro Note a margine: Antonio Gramsci critico musicale. Seduti di fianco a uno stupendo pianoforte a coda, e circondati da spartiti e libri di musica, il musicologo Cesare Fertonani, nel ruolo del moderatore, e Fabio Francione hanno intessuto un dialogo su una delle ultime uscite di Mimesis editore: Concerti e sconcerti: Cronache musicali 1915-1919, di cui Francione, insieme a Maria Luisa Rivi, è curatore.
Come ogni racconto che si rispetti, i due partono dall’inizio, ossia da come sia stata scoperta questa figura, un po’ inedita, del Gramsci critico musicale, anzi, per citare Fertonani «critico musicale di razza», con suoi pregiudizi e predilezioni. Durante una ricognizione bibliografica dei testi di Gramsci giornalista (1913-1920) per l’Edizione Nazionale, Francione si imbatte in un paio di contributi gramsciani su operette musicali e si chiede, comprensibilmente, se non ne esistano altri.
Da lì, una ricerca fatta di algoritmi, esclusioni e analisi delle ricorsività di scrittura ha portato a rintracciare una serie di articoli scritti da Gramsci nel periodo precedente al suo impegno politico. Testi inediti e sorprendenti, pubblicati anonimamente (consuetudine allora diffusa per la critica) sull’Avanti, non solo perché Gramsci si conosce soprattutto come filosofo e politico, ma perché dei suoi interessi artistici si tende ad avere maggiormente presente quello per il teatro e la letteratura, palesatisi anche nel tempo di prigionia dei Quaderni.
Eppure, come sottolinea Francione, è bene ricordare che c’è un Gramsci prima della politica, che è il giornalista dell’Avanti, e uno dopo. Del politico sappiamo di più, del critico meno. Il merito di questo libro è quindi, anzitutto, quello di rivelare una prospettiva ignota su Antonio Gramsci, e aprire auspicabilmente la strada a nuovi studi.
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Nei contributi, di cui vengono letti alcuni passaggi nell’incontro Note a margine: Antonio Gramsci critico musicale, emergono non solo le simpatie e antipatie musicali gramsciane (tanto per fare un esempio, la mal sopportazione di Puccini con le sue opere borghesi), ma anche diverse riflessioni ante litteramsu quella che oggi chiameremmo sociologia della musica, ossia l’effetto della musica, e soprattutto della musica classica, sulla gente comune, sul popolo – per cui Gramsci nutriva un profondo interesse da ben prima del suo effettivo impegno diretto in politica.
L’idea sottesa negli articoli gramsciani è all’insegna della democrazia. Contrariamente alle opinioni allora diffuse sul fatto che un certo tipo di musica alta potesse essere apprezzata e fruita solo dai ceti più abbienti e istruiti, Antonio Gramsci era convinto che anche la gente comune, il ceto operaio insomma, potesse amare qualcosa di diverso dall’operetta: libretti e composizioni più impegnati e complessi. Perché questo avvenisse, tuttavia, era necessario un mediatore; cosa che Gramsci divenne proprio attraverso gli scritti anonimi pubblicati sull’Avanti in cui, tra le tante osservazioni che ebbe modo di fare a teatro, si legge di come riscontri con piacere «nel pubblico un’esaltazione spirituale, una comunione, spesso cercata invano nella politica».
È lecito concludere, quindi, vista la sua alta e, per certi versi rivoluzionaria, considerazione delle masse nell’apprezzamento della musica, che Antonio Gramsci si occupò sempre di politica, sempre di popolo, anche quando non era ancora un deputato tra i banchi, ma un semplice giornalista tra gli spalti che scriveva per guadagnarsi da vivere, e vedeva una comunanza possibile attraverso la forma d’arte che viene celebrata ogni giorno al MaMu: la musica.
Claudia Castoldi
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