Oggi è una leggenda, una star che la morte ha trasformato in mito, ma all’origine di tutto era soltanto Norma Jeane Baker. Prima di A qualcuno piace caldo e di Happy Birthday Mr. President , il sex simbol più longevo di tutti i tempi viveva a Los Angeles e spruzzava vernice puzzolente sulle fusoliere degli aerei. Erano ancora lontani i tempi di Hollywood e del successo rapace, assolutamente fuori da ogni realtà palpabile l’idea di diventare Marilyn Monroe.
Eppure sin da subito qualcosa sembrava agitarsi nell’aria. È fuorviante affermare che la fama, laddove meritata, sia solo frutto di coincidenze fortunate; c’è chi nasce con il successo nel sangue, e ogni momento inconsapevole della sua esistenza non è altro che un passo in più lungo il cammino dell’affermazione. Nel caso di Norma Jeane il momento preparatorio alla nuova vita fu il trasferimento nel 1941 presso Anna Lower – “zia Ana” – colei che la riempì d’amore e attenzioni dopo gli anni disastrati della prima giovinezza.
Una circostanza traumatica che ha finito per diventare il principio di tutto. Sì, perché la separazione da una madre mentalmente instabile, fantasma aleggiante sulla vita sfortunata di Marilyn, si rivelò essere – almeno per quelli che furono gli inizi della stella in ascesa – assolutamente propizia. Ana Lower, zia di Grace Goddard cui Norma era stata affidata dopo il ricovero della mamma per schizofrenia paranoide, esercitò infatti sulla giovane un’influenza sana e formativa, avviando la nipote acquisita a una di quelle esperienze di amore e gioia di cui si ha bisogno per ritrovare serenità dopo tempeste emotive.
Trapiantata nel sobborgo di Van Nuys, dove le domeniche alla Christian Science Church stridevano già con l’edonismo sfrenato che l’avrebbe poi circondata, Norma Jeane conobbe il vicino di casa destinato a diventare il suo primo marito. Jim Dougherty era figlio di una cara conoscente di “zia Ana”, colpita dalla faccia pulita e dall’atletica prestanza di quello che all’epoca era l’idolo della squadra di football della Van Nuys High School. Un partito più che buono per la giovane Norma, considerando per di più il fatto che ella rischiava di dover tornare in orfanotrofio dopo la partenza dei Goddard.
Grace e Ana si adoperarono allora per predisporre in maniera forse insolitamente frettolosa il corteggiamento e le nozze tra l’ex campioncino della Van Nuys e la giovinetta «sesso e innocenza» della porta accanto. Dopo sei mesi di frequentazione i due si unirono in matrimonio nel giugno del 1942, dando inizio a quella che Dougherty avrebbe in seguito definito un’esperienza felice:
«Andavamo a pescare, a caccia, a cavallo, al cinema; ci si riuniva in famiglia, c’era musica, si mangiava bene e si facevano un sacco di risate».
Almeno finché lui non si arruolò nella Marina Mercantile e venne inviato nell’isola di Catalina. Da lì iniziarono i guai. E pensare che Norma Jeane gliel’aveva detto di restare a casa, lui che da impiegato alla Lockheed Aircraft avrebbe potuto sottrarsi al servizio militare. Ma Jimmy non si dava pace, così volò nel Sud Pacifico e la moglie lo raggiunse risvegliando gli istinti più carnali dei giovani compagni d’arme. Fu allora, per la prima volta, che il loro matrimonio mostrò i suoi cenni di cedimento. Norma Jeane prese consapevolezza dell’enorme ascendente che poteva avere sugli uomini (il marito stesso del resto disse: «…con un’attillata camicetta candida e gli shorts bianchi aderenti, il tocco di colore di un nastro tra i capelli, sembrava un sogno che incede lungo la via») e Dougherty si sentì sollevato quando lei dovette tornare a Los Angeles per iniziare il lavoro alla catena di montaggio della Radio Plane Company.
Qui, nella «stanza del veleno» dove per dieci ore al giorno in cambio di venti dollari spruzzava vernice, si verificò l’esperienza più decisiva della sua vita. Il fotografo David Conover, incaricato da un Ronald Reagan ancora attore di scattare «qualche istantanea di belle ragazze che tirassero su il morale» tra le impiegate dell’industria bellica, notò Norma Jeane e la immortalò in una serie di pose. Povero Dougherty, geloso degli amici militari doveva ora fare i conti con il volto della moglie fissato su dozzine di giornaletti di pin-up. Grazie a Conover – e a qualche relazione con altri fotografi – la futura Marilyn Monroe finì sui registri dell’influente Blue Book Modeling Agency. Si apriva allora per lei una strada importante, fatta di scelte anche dolorose; tra un matrimonio ormai in frantumi e una carriera promettente, Norma Jeane Baker scelse la seconda. Nel giugno 1946 firmò i documenti per il divorzio da Jim Dougherty e attraverso la porta della Blue Book era pronta a farsi spazio nel mondo di Hollywood
«Nel suo viso c’era una qualità luminosa, una fragilità combinata con una vibratilità stupefacente. Norma Jeane voleva diventare una stella del cinema. Le dissi che prima avrebbe dovuto fare la modella».
(David Conover)
Così fu; all’inizio del 1946 Norma Jeane era infatti comparsa su oltre quaranta copertine di riviste come Laff, Click e Glamorous Models. In un’America ancora eccessivamente puritana, la giovane portò alle mosse da pin-up una freschezza spontanea, catturando l’attenzione – e le attenzioni – del grande fotografo Andrés de Dienes. Rassicurato da “zia Ana” circa la fine ineluttabile del matrimonio con Dougherty, l’ungherese riparato negli USA durante il conflitto mondiale “noleggiò” Norma Jeane per un viaggio fotografico in Canada, Nevada e Arizona, iniziando con lei una relazione sentimentale che la portò a figurare sulle copertine di moltissime riviste a diffusione nazionale.
«L’impatto di Norma Jeane su di me fu tremendo. Man mano che passavano i minuti, mi innamorai di lei perdutamente. […] era come se mi fosse toccato un miracolo. Mi appariva come un angelo. Stentavo a crederci, anche per un solo istante».
(Andrés de Dienes)
Era fuori di dubbio però che all’amore, la giovane donna avrebbe preferito la carriera. Dopo de Dienes arrivarono gli scatti di Earl Moran, Richard C. Miller, Bruno Bernard. E fu proprio quest’ultimo, soprannominato da tutti Bernard di Hollywood a lanciare la giovane verso le stelle; immortalata sulla copertina di Laff, Norma Jeane – qui indicata come Jean Norman – attirò l’attenzione di Ben Lyon, talent scout della 20th Century Fox. Grazie all’arguzia di Emmeline Snively (direttrice della Blue Book Modeling Agency) Norma Jeane si ritrovò nello studio di Lyon a leggere qualche riga tratta da Winged Victory. Seguì il provino con il regista Walter Lang condito da un innato e mai perduto sex appeal. Il risultato fu che Lyon offrì alla giovane promessa un contratto di sei mesi, causando in lei una crisi di pianto giustificabile. Pochi giorni dopo Norma Jeane tornò da colui che l’aveva scoperta per scegliere il proprio nome d’arte; al cognome da nubile della madre – Monroe – si decise di affiancare il nome Marilyn, da quella Marilyn Miller bionda stella di Broadway con cui Lyon aveva avuto una relazione.
Fu così che, nel momento in cui venne sancito il divorzio da Dougherty, a Norma Jeane era ormai subentrata Marilyn Monroe. Il resto, neanche a dirlo, è storia e leggenda.
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[…] di diventare la doppiatrice ufficiale della più grande stella di Hollywood di tutti i tempi: Marilyn Monroe. Ma non solo. Il suo curriculum da doppiatrice è adornato di gemme come: Ava Gardner, Kim Novak, […]
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[…] G., op. cit.11 Amadio G., “Da Norma Jeane Baker a Marilyn Monroe”, in Frammenti Rivista, 2016 https://www.frammentirivista.it/norma-jeane-baker-marilyn-monroe/12 Muscio G., op.cit. p. 2313 Muscio G., “La guerra di Marilyn: da starlet a produttrice […]