Durante il Medioevo, il concetto di ospedale subì una trasformazione profonda, evolvendosi da semplice rifugio per i viandanti a vero e proprio luogo di cura per i malati, come lo conosciamo oggi. Gli ospedali medievali ricoprivano inoltre un ruolo cruciale nella vita sociale e religiosa, non solo come luoghi di assistenza, ma anche come isole sicure per i più bisognosi: poveri, pellegrini, orfani, anziani, persino prigionieri. La loro esistenza, almeno nell’Occidente europeo, era strettamente legata alla carità cristiana, ma rifletteva anche il modo in cui l’idea di assistenza era concepita. Erano insomma punti di incontro tra fede, benessere e salute.
Le prime istituzioni di questo tipo nacquero nei primi secoli del cristianesimo, ma la loro vera espansione si ebbe durante l’Alto Medioevo, con la fondazione di numerosi ospedali da parte di imperatori, re e soprattutto ordini religiosi come i benedettini. Questi luoghi erano pensati principalmente per accogliere i pellegrini, che affollavano le strade d’Europa per compiere i loro viaggi religiosi verso Roma, Gerusalemme, Santiago di Compostela, ma anche per rispondere a un crescente bisogno di assistenza per i malati e i poveri.
Il termine “ospedale” (che sostituì solo in epoca carolingia il greco “xenodochio“) nel Medioevo non si riferiva solo a un luogo di cura per le malattie fisiche, ma anche a un’istituzione che prestava assistenza in senso ampio. A differenza degli ospedali moderni, infatti, questi luoghi non erano sempre attrezzati per le pratiche mediche più complesse, e spesso non vi lavoravano i medici professionisti come li conosciamo oggi, ma infermieri e religiosi che cercavano di curare con rimedi più o meno legati alla scienza e alla superstizione. I medici formati nelle grandi scuole mediche, come quella di Salerno, praticavano soprattutto nelle proprie case o a domicilio.
Gli ospedali medievali erano generalmente costruiti accanto a chiese o monasteri, proprio per la vocazione di assistenza ai pellegrini e ai viandanti. La struttura di un ospedale medioevale era essenziale: l’edificio era suddiviso in ampi dormitori (in alcuni casi addirittura da stanze più piccole), e talvolta avevano un cortile interno, con edifici separati per diverse categorie di assistenza. I malati venivano ospitati in uno spazio comune, suddivisi a seconda della gravità; a garantire un minimo di privacy si potevano trovare pareti di legno o tende, mentre i pellegrini, che dovevano restare solo per il tempo necessario al loro viaggio, venivano sistemati in altre aree.
Con il passare dei secoli, gli ospedali medievali si evolsero per rispondere a nuove necessità. Con la crescita delle città e l’aumento della popolazione, gli ospedali diventarono più organizzati e strutturati. La fondazione di nuovi ordini monastici e cavallereschi, insieme all’allargamento degli orizzonti europei durante il Basso Medioevo, portò alla costruzione di ospedali più sofisticati lungo le rotte di pellegrinaggio e nelle principali città europee. Alcuni ospedali poterono specializzarsi, dato che a garantire reti di assistenza sociale si occupavano nuove istituzioni come le confraternite, le arti e le varie associazioni di categoria. Nel tardo Medioevo, in particolare a partire dal XIV e XV secolo, con l’emergere delle epidemie come la peste, gli ospedali acquisirono un ruolo ancora più cruciale nella gestione delle malattie contagiose. L’emergere di nuove sfide sanitarie contribuì a rinnovare la concezione dell’ospedale come luogo di protezione, isolamento e studio, oltre che di cura.
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Gli ospedali medievali rappresentano una realtà complessa, in cui si intrecciano aspetti di carità religiosa, assistenza sociale e pratiche mediche. In un momento storico in cui lo stato non aveva ancora sviluppato sistemi di welfare (semplicemente perché non esisteva ancora), questi luoghi svolgevano un ruolo essenziale nel rispondere ai bisogni dei più deboli. Quale può essere il senso di portare la riflessione su simili istituzioni in un momento in cui la scienza medica sembra tracciare nuove frontiere ogni giorno?
È importante non concepire la medicina solo come l’evoluzione delle tecniche mediche, ma allargarne il concetto fino a includere varie forme di cura dell’individuo, che vadano oltre il trattamento fisico e considerino le esigenze psicologiche, emotive e sociali: la salute è benessere complessivo, non solo assenza di malattia. Inoltre, è essenziale preservare un sistema sanitario pubblico, accessibile e capillare, che garantisca la salute come diritto universale, non come privilegio di chi può permettersela.

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