Come raccontare una generazione non priva dei lussi dell’agio, ma smembrata dai sogni? Come dare voce a una gioventù che dovrà accontentarsi di vivere una vita omologata, fatta di delusioni e di precisa coscienza del fallimento? Con rabbia, rabbia furente che si riversa nelle parole e nella musica, rabbia che investe il suo ascoltatore e lo coinvolge, lo fa sentire partecipe. Questo, in breve, è ciò che sono riusciti a creare i Voina Hen nel loro album d’esordio Noi non siamo infinito.
La band abruzzese segue le tracce dei propri predecessori, i Management del dolore post operatorio, ma lo fa con la grinta furente dei primissimi album dei Ministri. Con questo non si pensi che i Voina Hen non siano un gruppo originale. Il loro essere giovani talentuosi li ha resi, al contrario, capaci di assimilare e rielaborare interamente il meglio di questi due capisaldi della musica indie.
«Non c’è alcuna buona intenzione nelle parole dei Voina Hen. Nessuna cantilena morale, nessun disgustoso insegnamento.
È solo una gara per vedere chi sputa più lontano.
Una rabbia inutile e cieca, come sempre dovrebbe essere».
Dunque giovani pieni di rancore e disillusione, così si definiscono i Voina Hen: quello che potrebbe sembrare un cliché della nuova generazione trasuda invece di autenticità, soprattutto riascoltando le note dell’album, sotto a un palco, durante il live.
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Liberatisi dal peso di voler necessariamente insegnare una morale attraverso l’arte, il gruppo non si fa, dunque, paladino di una parola d’insegnamento, quanto invece della voglia di non esser più una pedina bendata da una maschera, ma un urlo liberatore di cieca realtà.
Undici tracce di energico rock-alternativo, in un album che prometteva moltissimo, fin dall’uscita del primo singolo Calma apparente. Con una rabbia coinvolgente, il ritornello di questo pezzo, si imprime immediatamente nella mente dell’ascoltatore: «Tu la chiami felicità, io calma apparente». Questo brano altro non è che la storia di qualcosa che finisce per rompersi irrimediabilmente, quando il rancore porta colui che è la vittima di una continua vessazione, ad esplodere liberandolo dal peso del silenzio e dell’obbedienza cieca. Calma apparente è dunque un grido di libertà.
C’è molta onestà nelle parole dei ragazzi di Lanciano, un’onestà che merita sicuramente più di un attento ascolto, soprattutto per gli amanti del genere che sentiranno palpabile la collaborazione con i Management del dolore post operatorio, anche molto oltre la traccia che vede le corde vocali di Luca Romagnoli prestate alla canzone Questo posto è una merda.
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