Uno Stato complesso, che torna a far parlare di sé. Sono diversi i fatti di attualità che hanno portato la situazione della Nigeria al centro delle cronache in questi ultimi mesi. Capire la storia del Paese e le sue contraddizioni può aiutarci a comprendere alcuni meccanismi che ci sembrano lontani. Facciamo un passo indietro, quindi: Nigeria, uno Stato destinato al fallimento? Non esattamente.
La Nigeria in breve
La Nigeria è uno Stato dell’Africa Occidentale confinante con Niger, Ciad, Camerun, Benin e bagnato dal Golfo di Guinea. La morfologia del territorio muta molto da regione a regione, così come il clima: dal Nord soggetto a forti precipitazioni pervaso dall’umidità ed elevate temperature, fino al Sud dove arriva un vento asciutto continentale.
La popolazione che vi abita è in assoluto la più numerosa dell’Africa, circa un ottavo del totale ricopre soltanto il 4% della superficie. Al suo interno, i diversi gruppi etnici sono più di 250. La loro convivenza non può essere che difficile.
Popolazione, popoli e poli opposti
L’ampiezza della popolazione è il frutto di un incremento continuo avviatosi dal periodo post-coloniale. La Nigeria si vide riconosciuta la piena indipendenza il 1 ottobre del 1960, prima di allora il Regno Unito l’aveva annessa ai propri possedimenti come Colonia e protettorato. Sin dalle guerre napoleoniche e negli ultimi decenni dell’Ottocento, il commercio inglese si espanse verso l’area nigeriana, e nel 1886 venne fondata la Royal Niger Company, una compagnia mercantile che operava nella bassa valle del fiume Niger, da cui ha origine il nome del Paese. Il commercio inglese era favorito dell’esportazione dell’olio, tanto che la costa nigeriana era nota come “Riviera dell’olio”.
La Nigeria è difatti il prodotto dell’unione di tre territori: Settentrionale (abitato da Hausa e Fulani), Orientale (con la presenza degli Ibo) e il territorio federale, detto Lagos. Sebbene le differenze etniche, linguistiche e religiose fossero molte, si riuscì a raggiungere un grado di accordo tale da ottenere, tra il 1957 e il 1959, il pieno autogoverno. Fase seguita dall’indipendenza, guidata da una costituzione con una forma di governo parlamentare. A ogni area era garantita una misura di sostanziale autogoverno e i partiti formatisi rispecchiavano la divisione tra le principali etnie.
La buona cooperazione è dura a sopravvivere: verso l’attuale situazione in Nigeria
Le prime tensioni emersero a causa delle differenze nello sviluppo economico e del sistema educativo tra nord e sud. Un nord povero in contrapposizione a un sud già ricco e integrato nel commercio mondiale sin dal colonialismo. Inoltre, nel 1956 la scoperta e il conseguente sfruttamento di giacimenti petroliferi in questa seconda area non solo monopolizzarono l’economia, rendendola vulnerabile alla fluttuazione dei prezzi nei mercati internazionali, ma introdussero una componente di corruzione non poco rilevante negli equilibri politici. Golpe, attentati contro obiettivi militari, guerre civili sono gli scenari che iniziarono a compromettere la situazione in Nigeria. Gli scontri interreligiosi subirono un crescendo e tra questi grande spazio se lo garantì Boko Haram.
Il “Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e la Jihad”
Comunemente conosciuto come Boko Haram, il “Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e la Jihad” è un’organizzazione terroristica jihadista forte nel nord della Nigeria, fondato da Ustaz Mohammed Yusuf nel 2002. Sfruttando il malessere sociale causato da povertà, corruzione e disoccupazione, Yusuf reclutava giovani esacerbando il dialogo contro la polizia e la politica corrotta, trovando la causa di tutto ciò nell’influenza occidentale sulla cultura nigeriana. Il carattere militante dell’organizzazione si manifestò solo sette anni dopo la sua istituzione. Nel 2009 venne inoltre arrestato il leader Yusuf, che perse poi la vita in un tentativo di fuga.
Tra gli attacchi più significativi e tristemente celebri del gruppo, il rapimento nel 2014 di 279 studentesse a Chibok, nel Borno. Primo di una lunga serie di atti contro le istituzioni scolastiche, ha avuto grande attenzione anche perché a parlarne e a portare la questione sugli schermi globali è stata la stessa Michelle Obama, all’epoca first lady degli Stati Uniti.
Il problema scuola: una difficile situazione in Nigeria
Il caso del 2014 (avvenuto prima che il gruppo si affiliasse allo Stato Islamico) purtroppo non è isolato, né costituisce un’eccezione. Il primo obiettivo dei militanti in quell’occasione era appropriarsi di un macchinario per la produzione di mattoni, bruciarono poi l’edificio e rapirono le ragazze. A fine 2017, dopo diverse trattative, 100 di loro erano ancora prigioniere. A gennaio 2021 alcune sono riuscite a scappare grazie a un’operazione dell’esercito nigeriano. Centinaia di bambini e bambine sono stati, nel tempo, sottoposti a stupri o matrimoni forzati, sono stati uccisi o costretti a unirsi a Boko Haram. Una grave assenza di sicurezza, denunciata a più riprese da Amnesty International. Anche la giustizia sembra venire meno, e questi mancamenti portano a conseguenze disastrose per il Paese, per il suo futuro e quello della popolazione coinvolta. Quando la forza e l’influenza di gruppi armati criminali supera il potere dello Stato, che non ha più il monopolio della forza nei propri confini, si parla di Stato Fallito.
Fragile State Index
C’è una misura specifica che è stata creata per capire il grado di fallimento: il Fragile State Index. L’indice identifica fragilità, rischio e vulnerabilità in 179 paesi, variando da 0 (massima stabilità) a 120 (massima instabilità). Crea inoltre 4 possibili categorie entro cui collocare ciascuno Stato: Sostenibilità, Stabilità, Allerta e Allarme. La Nigeria raggiunge un punteggio di 98 su 120.
È il dodicesimo paese nella classifica sul rischio, questo scarto dall’apice è sintomo di qualcosa che impedisce di parlare definitivamente di fallimento. Il mantenimento di missioni diplomatiche sparse per il mondo e il servizio di sicurezza nazionale che funziona, ogni tanto, ancora da qualche parte. Un corpo legislativo e giudiziario che continuano a operare, anche se privi della fiducia da parte di molti nigeriani. Tuttavia, la corruzione strutturale e l’incapacità di garantire i servizi base ai cittadini, sommati alla mancanze di sicurezza e di garanzia della giustizia sono elementi ben più rilevanti rispetto ai primi “di facciata”.
Non solo Africa
Il crollo del sistema di un Paese non si limita mai oggigiorno a essere racchiuso in quei confini. I meccanismi geopolitici e di mercato sono fitte reti che legano uno Stato a un altro. Indubbiamente il deterioramento della situazione in Nigeria tocca il sistema Africa, essendone anche lo Stato più popoloso. Ma non ci deve limitare a inquadrare una singola sfera. Le opportunità per le imprese guardano con occhio attento il territorio nigeriano per le dimensioni del mercato interno e il potenziale di sviluppo. L’industria mineraria ed estrattiva è il cardine dell’economia nigeriana, petrolio e gas sono i pilastri dalla quale dipendono l’80% delle entrate statali. Rilevante è anche il piano delle infrastrutture e delle opere civili, industriali e di trasporto; anche il settore energetico necessita di un supporto e di investimenti esterni per le grandi carenze di distribuzione e trasmissione. La necessità di costruzioni, dovuta alla crescente urbanizzazione, è inoltre un campo che deve essere coperto. Nuovi strumenti e tecnologie potrebbero servire ed essere fornite nell’ambito dell’agricoltura, dell’agroindustria, del settore tessile e nei servizi bancari e finanziari, congiuntamente a quelli delle telecomunicazioni. Chiudere gli occhi di fronte a queste immense strade si direbbe impensabile.
Non c’è sviluppo senza stabilità: le soluzioni alla situazione in Nigeria
Affinché si possa iniziare a parlare di sviluppo, è necessario che venga garantita maggiore stabilità. Organismi come le Nazioni Unite hanno il compito di sorvegliare queste aree e dovrebbero mobilitarsi nel tentativo di cambiare i forti conflitti attuali. Non cercando di esportare modelli laddove non vi sono le condizioni per poterli applicare, ma creando soluzioni adatte al contesto al quale si guarda. Il collasso della Nigeria può essere invertito. Le opzioni possibili, riportate in un articolo di Foreign Affairs, partono da una convenzione nazionale che ricostruisca lo Stato da zero; o la suddivisione del territorio in piccoli Stati, ripercorrendo a ritroso il processo di unificazione e mantenendo separate quelle correnti tra loro troppo diverse per convivere; o attraverso un golpe militare interno e guidato.
Le soluzioni non sono rapide e richiedono inoltre tempi di assestamento. Il problema è imminente quanto più ci si rende conto che nel 2050 un abitante su quattro sarà africano, un bambino su tredici nigeriano. I tempi di azione hanno i minuti contati.
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