Articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Se siete a Padova, a queste parole dovete aggiungere: «solo se il sindaco Massimo Bitonci è d’accordo con quanto si vuole esprimere». Perché, a quanto pare, l’approvazione del sindaco e della giunta all’argomento in questione è conditio sine qua non per ottenere l’affitto di locali pubblici, in barba al diritto di reclamare l’utilizzo di uno spazio che appartiene ai cittadini.
Lo dimostra ciò che è avvenuto lo scorso lunedì 9 novembre nella città veneta. L’associazione Arcigay, che aveva fatto domanda per l’utilizzo della sala comunale Paladin per la presentazione del libro di Michela Marzano Mamma, papà e gender con conseguente dibattito, si è vista rifiutare la richiesta. Il sindaco di Padova, Massimo Bitonci, e la sua giunta hanno argomentato così la decisione: «Si precisa che il Consiglio Comunale, con mozione 2015/0070 approvata il 5/10/2015 ha impegnato il Sindaco e la Giunta Comunale a vigilare affinché non venga introdotta e promossa la “teoria del gender” e che venga al contempo rispettato il ruolo della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità. […] L’iniziativa da voi promossa per la presentazione di un libro che avvalora “teoria del gender”, si pone in antitesi con l’indirizzo programmatico dell’Amministrazione Comunale su tale tematica». Insomma, niente gender nelle sale del comune.
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Quanto è accaduto a Padova è assurdo e molto grave. Assurdo perché – non ci stancheremo mai di ripeterlo – non esiste alcuna teoria che miri ad annullare le differenze tra uomini e donne; se mai, c’è solo un forte tentativo per fare in modo che tutte le differenze (tutte, non solo i due poli maschio-femmina) vengano rispettate e accettate. Grave perché si è negato ad un’associazione che ne aveva fatta regolare richiesta l’utilizzo di uno spazio pubblico, per di più finalizzato a un dibattito in cui sarebbe dovuta intervenire una grande personalità del panorama culturale internazionale. Tanto più che, in base al regolamento del comune, le sale comunali devono essere concesse a qualsiasi associazione, ente e organizzazione, purché abbia seguito l’iter burocratico previsto. Non è sufficiente che il sindaco o la giunta non trovino di loro gradimento il motivo per cui la sala viene richiesta.
Le reazioni a questo rifiuto sono state immediate. Alessandro Zan, deputato padovano ed esponente della comunità LGBT, che doveva intervenire al dibattito, ha attaccato Bitonci, dichiarando che il suo provvedimento «puzza di fascismo». Anche il circolo Tralaltro Arcigay attacca la giunta padovana, definendo il suo rifiuto anticostituzionale e si dice pronto ad agire concretamente per difendere il diritto di espressione e di circolazione delle idee.
Sfortunatamente la giunta Bitonci non è nuova a questo genere di prevaricazioni. Quasi un mese fa è stata la libreria Pel di Carota, che aveva in programma una lettura pubblica dei cosiddetti “libri gender“, a vedersi rifiutare l’affitto di una sala comunale. A febbraio, invece, ad Amnesty International era stata rifiutata la Sala Anziani, interna al Municipio e prestigiosa. Motivo: la sala non è stata ritenuta “pertinente” con il tipo di manifestazione proposta. Manifestazione che, per inciso, portava il titolo Il dialogo con l’Islam, vera sfida di civiltà. Né, per rimanere in Veneto, va dimenticato il famoso indice dei libri (gender) proibiti stilato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Una vera e propria crociata contro il gender, che però sta andando a intaccare alcuni diritti fondamentali dei cittadini.
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AGGIORNAMENTO
Dopo il rifiuto del sindaco di concedere l’aula comunale per la presentazione del suo libro, come riporta Il mattino di Padova la filosofa e scrittrice Michela Marzano ha ricevuto un invito dal Rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto: sabato mattina l’incontro previsto potrà avere luogo nella sala Nievo dell’Ateneo. Il Rettore ha specificato che nella sua decisione non c’è «nessuna valutazione politica o di opportunità. C’è soltanto il forte richiamo a quella «Universa Universis Patavina Libertas» che è il nostro motto. Tutta intera, per tutti, la libertà nel nostro Ateneo».
Nel frattempo il caso di Padova è diventato nazionale e molti si sono espressi in merito: tra questi Gad Lerner, che in un tweet invocava proprio la solidarietà dell’Università, puntualmente arrivata, e Ferruccio de Bortoli. Il sindaco Bitonci invece si difende, affermando di pensare soltanto a difendere la «libertà dei genitori».
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