L’analisi del neoliberalismo ha avuto un ruolo centrale all’interno delle riflessioni di Michel Foucault, che ha prestato particolare attenzione alla nascita di questo modello economico, e politico, negli Stati Uniti e alla sua formulazione teorica da parte della Scuola di Chicago, fondata da economisti come Milton Friedman e Gary Becker. Nel suo Nascita della biopolitica, Michel Foucault descrive il neoliberalismo americano come un sistema che va ben oltre il mercato e trasforma l’intera società in un’unità di calcolo e competizione. Marco d’Eramo, invece, in Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi, offre un’ampia disamina critica nel neoliberalismo, evidenziando esso, nato dagli Stati Uniti, sia divenuto un meccanismo di controllo globale che influenza la politica e l’economia su scala mondiale.
La Scuola di Chicago e l’America: Il Nucleo del Neoliberalismo Moderno
Il pensiero della Scuola di Chicago rappresenta una delle principali fonti del neoliberalismo come lo conosciamo oggi. Sotto la guida di Milton Friedman, la Scuola di Chicago ha sviluppato negli anni Cinquanta e Sessanta teorie che miravano a ridurre l’intervento dello Stato nell’economia e a promuovere un modello di mercato autoregolante, fondato sulla libertà economica e sulla deregolamentazione. Questa concezione, che influenzò profondamente la politica statunitense, mirava a ridurre al minimo l’intervento pubblico, sostenendo che i mercati, lasciati liberi, potessero raggiungere un equilibrio ideale e ottimizzare il benessere sociale.
Michel Foucault, nelle sue lezioni al Collège de France, analizza il pensiero della Scuola di Chicago, concentrandosi su come il neoliberalismo americano non si limiti a concepire il mercato come uno strumento economico, ma come un modello di razionalità che permea ogni aspetto della società. Secondo Foucault, gli economisti della Scuola di Chicago vedono nel mercato il principio organizzatore dell’intera vita sociale: ogni relazione, da quelle lavorative a quelle familiari, può essere ricondotta a un rapporto di calcolo economico. L’essere umano diventa, per la Scuola di Chicago, un “imprenditore di se stesso”, un soggetto che deve ottimizzare il proprio capitale umano come una risorsa economica. Questo concetto, analizzato in profondità da Michel Foucault, ha avuto una risonanza tale da definire l’identità economica dell’americano neoliberale.
La lettura foucaultiana del neoliberalismo americano
Michel Foucault osserva che il neoliberalismo americano — distinto dalla versione tedesca o europea — si basa su un modello che non mira alla gestione centralizzata dell’economia, ma alla creazione di una mentalità individualista che responsabilizza i singoli soggetti per il proprio successo o fallimento. In questa visione, la società viene trasformata attraverso un processo di “soggettivazione” in cui ogni individuo è responsabile della propria condizione economica, della propria salute e del proprio benessere.
L’innovazione foucaultiana consiste nel leggere il neoliberalismo come un fenomeno non solo economico, ma biopolitico: una forma di governo che opera attraverso la regolazione della vita quotidiana e la formazione di soggettività in linea con i principi del mercato. In questo quadro, il governo americano, anziché limitarsi a deregolamentare, promuove attivamente una cultura imprenditoriale e meritocratica che induce ciascun cittadino a pensarsi come una piccola impresa, ottimizzando continuamente le proprie abilità e risorse.
L’adozione di queste politiche negli Stati Uniti ha portato a un ridimensionamento del welfare state, spingendo per la privatizzazione di settori come sanità, istruzione e sicurezza sociale. Foucault osserva come questo modello, nato negli Stati Uniti, non promuova solamente la “libertà” dei mercati, ma spinga per una forma di “libertà” che diventa condizionante e vincolante per l’individuo, poiché lo obbliga a operare secondo le logiche economiche del mercato anche nella propria vita personale.
Il neoliberalismo come dominio
Marco d’Eramo, nel suo libro Dominio, parte dalla stessa origine statunitense per analizzare come il neoliberalismo si sia esteso a livello globale, con conseguenze sociali ed economiche pervasive. Marco D’Eramo critica il neoliberalismo come una forma di “imperialismo economico” che si espande a partire dagli Stati Uniti, diffondendo un modello che ha come risultato il rafforzamento del potere delle élite economiche a discapito delle strutture democratiche e del benessere collettivo.
A differenza di Michel Foucault, che si limita a descrivere i meccanismi del neoliberalismo, Marco d’Eramo adotta una posizione apertamente critica. Egli vede il neoliberalismo come una forza politica globale che ha trasformato il mondo in un mercato e le nazioni in unità economiche controllabili. Secondo d’Eramo, la Scuola di Chicago ha creato un modello ideologico che è servito a legittimare le politiche di austerità e le privatizzazioni in tutto il mondo, imponendo a governi e popolazioni regole di mercato come se fossero principi naturali e inevitabili.
Marco D’Eramo estende il suo discorso per evidenziare che il neoliberalismo ha distrutto l’autonomia politica dei governi, che oggi si trovano costretti ad adeguarsi alle richieste del mercato internazionale e delle istituzioni finanziarie come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Questo “dominio” — come lo chiama Marco d’Eramo — si manifesta come una forma di potere invisibile che impone il suo controllo attraverso meccanismi di debito, pressione economica e ristrutturazioni finanziarie, rendendo intere nazioni subalterne al sistema neoliberale.
Sia Michel Foucault che Marco D’Eramo, quindi, concordano nell’individuare nel neoliberalismo una logica di mercato che si estende a ogni aspetto della società. Tuttavia, mentre Michel Foucault analizza il neoliberalismo americano come una tecnologia di governo che plasma il modo in cui l’individuo concepisce se stesso, Marco d’Eramo vede nel neoliberalismo un progetto di dominio globale che si è imposto su larga scala attraverso strumenti coercitivi e che minaccia la sovranità delle nazioni.
Per Michel Foucault, l’innovazione principale del neoliberalismo americano è quella di trasformare l’individuo in un imprenditore di sé, in una figura autogestita che si assume la responsabilità dei propri successi e fallimenti. Marco D’Eramo, invece, estende il discorso alla dimensione politica ed economica globale, sostenendo che la Scuola di Chicago ha posto le basi per un sistema di potere che si traduce in un controllo capillare, una struttura di dominio in cui la logica di mercato diventa l’unica razionalità possibile, con effetti negativi per la democrazia e l’autonomia nazionale.
Impatto del neoliberalismo della Scuola di Chicago sulla politica americana
Negli Stati Uniti, l’influenza della Scuola di Chicago si è concretizzata particolarmente negli anni Ottanta con le politiche di Ronald Reagan, che adottarono le idee di Milton Friedman per giustificare tagli alle tasse, deregolamentazione e privatizzazione di servizi pubblici. Questo “Reaganomics” incarnava la visione neoliberale della Scuola di Chicago e segnò un punto di svolta nella politica americana, con l’effetto di ridurre il welfare state e di introdurre un modello in cui il settore privato e il mercato avevano un ruolo predominante.
Le politiche neoliberali adottate negli Stati Uniti vennero poi esportate attraverso il “Washington Consensus“, un insieme di misure economiche e politiche promosse da istituzioni come il FMI e la Banca Mondiale per favorire lo sviluppo economico nei Paesi in via di sviluppo. Queste politiche prevedevano privatizzazioni, liberalizzazioni e austerità, rafforzando il dominio del modello americano nel panorama internazionale e consolidando il potere delle élite economiche globali.
L’analisi foucaultiana e quella di Marco D’Eramo si completano a vicenda nel descrivere come il neoliberalismo, partito dagli Stati Uniti e dalla Scuola di Chicago, sia divenuto un sistema che non solo governa le economie ma pervade ogni aspetto della vita sociale. Michel Foucault ha esplorato come questa ideologia trasformi gli individui in “imprenditori di se stessi,” mentre Marco d’Eramo ne denuncia l’impatto devastante su scala mondiale, criticando il potere totalizzante che questo modello esercita.
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