Fersental tra i tedeschi e Bersntol tra i locali, è Valle dei Mòcheni per chi in Italia intende solo l’italiano. Solca la catena del Logorai, tra l’Altopiano di Piné e la Valsugana, e lascia gli ultimi cubetti abitati a quota 1500 m, con il Comune di Palù del Fersina. Fersina è il torrente che si stacca dal laghetto artificiale in vetta. A caratterizzare il paesaggio ancora i boschi verdi del Trentino, accoccolati in spazi più e meno impervi. Le vie si intrecciano a correre alto verso viste sorprendenti, ma non è questo a rendere singolare il territorio.
Le giravolte di Pirlo per un turismo lento
Qui i Mòcheni si asserragliano in una difesa strenua della propria cultura, dalle tradizioni, all’enogastronomia, alle forme di espressione artistica, alla lingua. Il tempo è fermo e il mondo esterno bussa, ma non gli si apre mai. Più che altrove nella Valle dei Mòcheni, in Trentino, assume significato parlare di turismo lento, che si muove rispettoso a spiare il lavoro degli artigiani dall’alto della spalla. A Bersntol, tra pochi, la rete è forma fondamentale di reciproco sostentamento. È l’Associazione PIRLO en Bersntol a far comunicare gli operatori del territorio, e tra gli associati sono ammessi solo i volenterosi a valorizzare con rispetto le bellezze della valle: agritur, baite, ristoranti, accompagnatori turistici, tutti trottolano e come Piccole Imprese Rurali Lavorano per l’Ospite.
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È subentrato il turismo come forma di sostentamento che oggi mostra quelle che lo erano in origine, e che ancora sopravvivono: l’agricoltura e l’allevamento. A combattere le superfici limitate e impervie si schierano le piante di frutti rossi, che dal 1972 nelle mani di dieci piccoli produttori e poi dal 1975 come Cooperativa Sant’Orsola, occupano il territorio. Si guardano e si sorridono lamponi, ciliegie, fragole, kiwi, mirtilli, more e ribes sui versanti della valle. Bovini, caprini e ovini ancora bazzicano, guidati, per la Fersental, e tra loro rischia ancora di scorgersi la specie autoctona della capra pezzata mòchena, nera macchiata di bianco. Nella Valle dei Mòcheniochi pochi sono gli esemplari e il loro latte spesso richiede di essere trattato con altro, spesso vaccino, che ne favorisce la digeribilità. L’Associazione capra pezzata mòchena ha al soldo 150 capi e con la Società S.T.A.R. en Bersntol gestisce la malga Plètzn con annesso agritur a sfornare piatti tradizionali.
Nella Valle dei Mòcheni sono sponde diverse a specchiarsi nel fiume
Dei tempi andati stratificati sul territorio si ricordano le storie biforcate tra i due lati del fiume. A sinistra i mòcheni purosangue, che sono stati disboscatori poi convertitisi ad agricoltori e allevatori. Sull’altra sponda si perpetuarono generazioni di popolazioni di Viarago, Serso e Portolo-Canezza. Nel 1400 nella Valle dei Mòcheni si calarono i minatori Canopi, Knòppn, e restarono a lungo, ma in disparte. A Sant’Orsola nel 1600 si trovò l’acqua termale, che oggi però non scorre più nelle vasche dell’antica struttura. I saggi agricoltori poi con il tempo vestirono le beffarde spoglie dei furbi mercanti, i Krumer dalle cui mani passavano chincaglierie e immagini sacre sottovetro. Si dettero alle stoffe, oggi convertite nelle forme dei materassi, delle doghe, delle coperte.
Masi impilati sulla valle incantata
«Uno dei segreti di questa natura era il senso di appartenenza».
R. Musil
Robert Musil le ha viste, le case che sembrano palafitte. Ne ha scritto nel suo racconto Grigia, dopo il soggiorno di tre mesi a Palù del Fersina. Gli sono rimasti negli occhi i masi, e la “valle incantata” tutta, che ha messo nel sacco e portato in giro per i suoi racconti. Il maso è hoff in lingua mòchena ed era un aggregato con un fienile, una piccola cucina, delle stanze da letto e una stalla. Ogni maso agognava all’autosufficienza, era in legno, con tetti in scandole e la parte superiore disegnata dalla tecnica del Blockbau.
Di parole ricamate sul passato della valle ne ha spese anche Giuseppe Šebesta, che nel libro Fiaba – Leggenda dell’alta valle del Fèrsina ha raccolto stralci della tradizione folkloristica della Valle dei Mòcheni. Delle storie raccontate intorno al fuoco, ad ingannare il tempo in cui si filava la lana, rimangono quelle abitate da esserini delle miniere e dei boschi (Spèrgmandl e lo Schratl) e da donne e uomini selvatici (la Graustana e il Billmònn).
Fonte immagine di copertina: www.valledeimocheni.it
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