Sin dalle sue origini, è noto che la filosofia ha assunto il ruolo di essere capace di condurre, praticamente, un’esistenza ben vissuta. I Greci ne sono stati maestri e, nelle parole di Socrate riportate da Platone nel Fedone, si trova l’immagine che, in maniera definitiva, ha fissato la concezione antica (ma poi moderna e contemporanea) del sapere più alto di tutti: filosofare è imparare a morire. Per ben vivere, insomma, è necessario sapere e apprendere a morire, e a farlo nel migliore dei modi possibili. E questo per una semplice ragione: che l’orizzonte della finitudine umana, e dunque ciò che lo differenzia essenzialmente dall’animale, è sancito non solo dalla sua mortalità, ma dalla consapevolezza di essa. Eppure, lungo tutto il corso del pensiero occidentale, sotterraneamente e al fianco di questa tendenza dominante, una riflessione sul ruolo del polo opposto a quello della morte – la nascita – è venuta sviluppandosi. E questo per una semplice ragione: se rivalutata a partire dal punto di vista della nascita, l’intera esistenza umana assume un nuovo volto, e con essa i caratteri fondamentali che le sono attribuiti, primo fra tutti quello della libertà.

Nascita e libertà: una prospettiva filosofica
Dalla newsletter n. 26 - marzo 2023 di Frammenti Rivista