Il 18 maggio di due anni fa ci lasciava Franco Battiato. I suoi settantasei anni di vita, di cui cinquantaquattro di carriera artistica, sono stati un incessante viaggio verso la realizzazione del sé; un complesso cambiamento che ha coinvolto attivamente la sua musica, in cui il ruolo di cantautore si riassumeva in quello di tramite, tra il nostro e nuovi mondi. Battiato – in questo caso si può dire – è stato unico nel suo genere. Questo perché è riuscito a tradurre in musica il frutto continuo di una sua transizione dell’essere, che non può che essere unica e originale. Franco Battiato è stato il dadaista italiano, l’avanguardista. Un esploratore di altri mondi: come un Marco Polo, ha raccontato viaggi stupefacenti e mistici al suo ascoltatore. Non c’è da sorprendersi se ancora oggi possiamo danzare sulle note delle sue canzoni in una sala da ballo o possiamo sentirlo nelle colonne sonore di film e serie tv.
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Battiato attraverso lo sguardo di Nanni Moretti
Un regista che ha fatto delle canzoni del cantautore siciliano quasi una firma è senz’altro il romano Nanni Moretti. Il 20 aprile il cineasta è tornato nelle sale italiane con una pellicola che molti hanno voluto definire il suo “testamento”: Il sol dell’avvenire. Qui, una scena vede Nanni Moretti prendere a danzare, seguito in coro dalla troupe del film fittizio che il protagonista (ovviamente, Nanni Moretti) intende realizzare, tra difficoltà e scompigli di ogni genere. La canzone che provoca questa danza quasi allucinata e surreale è Voglio vederti danzare, primo brano dell’album L’arca di Noè, del 1982. Questa è la quarta volta in cui il regista utilizza una canzone di Franco Battiato all’interno dei suoi film, in scene che sono diventate iconiche, a causa dell’elemento di surrealismo misto a ironia che accomuna entrambi gli artisti. A spiegare questa peculiarità fu proprio Nanni Moretti, in un’intervista nel documentario di Marco Spagnoli dedicato allo sperimentatore siculo, intitolato La voce del padrone (dall’omonimo album del 1981): «Le canzoni di Battiato sono nei miei film perché sono canzoni colte e ironiche ed è il massimo quando si riesce ad unire questi due aspetti».
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Quando sono le canzoni a parlare
Quattro canzoni per quattro film. Oltre la già citata Voglio vederti danzare, ne Il sol dell’avvenire, sentiamo partire Franco Battiato e la sua Scalo a Grado in una scena balneare di Bianca, film del 1984. Il protagonista è Michele Apicella, alter-ego del regista, giovane professore di matematica in preda a manie e fobie, osservatore quasi ossessivo degli altri e delle loro abitudini, dei loro gesti. L’amore gli sembra un qualcosa di irraggiungibile e incomprensibile, da scrutare e da rubare da lontano con il proprio occhio voyeuristico. Apicella è in spiaggia e, sopra ogni telo, è sdraiata una coppia che si scambia effusioni. Franco Battiato è lì, che canta in sottofondo. Il protagonista assiste e punta l’unica ragazza sola: si avvicina e si poggia sopra di lei. Lei urla. I ragazzi interrompono il loro rituale amoroso e si dirigono verso Apicella, allontanandolo. «Ma lo fanno tutti!», si difende lui, mentre se ne va.
L’anno seguente, con il film La messa è finita, Nanni Moretti sfrutterà nuovamente Franco Battiato in una delle scene. Veste qui i panni di Don Giulio, missionario che, fatto ritorno a Roma dopo diversi anni, deve fare i conti con una realtà che è cambiata mentre lui era via. La desolazione e la nostalgia sono sintetizzate in una camminata di Don Giulio verso un desolato bar di periferia, in cui alcuni stanno guardando la tv, altri giocando a carte. La canzone I treni di Tozeur – miraggi dell’effetto Morgana della cittadina tunisina di Tozeur, circondata da un lago salato che provocherebbe tale fenomeno – esalta questo senso di malinconia. L’omaggio più significativo ed esplicito di Moretti a Battiato è, però, senza dubbio, in Palombella rossa, film del 1989. Nanni Moretti interpreta nuovamente il personaggio di Michele Apicella, questa volta funzionario del Partito Comunista che ha perso la memoria e che tenta di recuperarla durante una partita di pallanuoto da disputare con la propria squadra. Con questo film il regista romano vuole attaccare in realtà il PCI, che ha perduto la propria strada e la propria memoria passata. Apicella sta giocando, è nel bel mezzo della partita. Ricorda una vecchia tribuna politica in cui l’opposizione lo incalzava. Parla e di colpo inizia a citare E ti vengo a cercare – canzone di Franco Battiato uscita l’anno precedente – fino a cantarla e ritornare con la mente al presente. Continua a intonare la canzone e in coro lo segue il pubblico sugli spalti. Cinema e musica non furono mai così vicini.
La cultura e l’ironia
Nanni Moretti ha scelto Franco Battiato. Da un lato, un regista nostalgico, critico e autocritico, che fa della cinepresa una sorta di lente pronta a scandagliare il proprio animo, a cercare di comprendere quel che ha attorno. Dall’altro, un artista che ha utilizzato la musica e i suoni come mezzo per esprimere un’indagine interiore, votata alla spiritualità dell’animo. È come se Nanni Moretti vedesse, nel connubio fra le proprie scene e le musiche e i testi delle canzoni di Franco Battiato, una sintesi perfetta della sua poetica. E questo lo percepisce anche lo spettatore. Si ha la sensazione che ogni cosa sia insolitamente al proprio posto, nonostante la sensazione di precarietà di un animo inquieto che i protagonisti dei film di Nanni Moretti possono suscitare. Grazie alle canzoni di Franco Battiato le scene dei suoi film abbracciano la dimensione incantata del sogno e del racconto unito al sarcasmo verso una realtà che ha perduto tale capacità di sognare. Sarebbe rischioso assimilarli, ma in entrambi vi è una ricerca volta ad andare oltre la superficialità della realtà, prendendola un po’ in giro, fino ad arrivare a punte surreali. Citando lo stesso Nanni Moretti: cultura ed ironia.
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