Una storia di solitudine e perdita dei valori fondamentali. Questo racconta Alonso Ruizpalacios con la sua pellicola Museo – Folle rapina a Città Del Messico vincitrice dell’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino 2018.
Tratto da una storia vera
24 dicembre 1985. Due studenti fuori corso di veterinaria, Juan e Wilson, compiono un’impresa impossibile: saccheggiano il Museo antropologico di Città del Messico. Dopo un primo momento di euforia però, si rendono conto che i preziosissimi reperti maya rubati non possono essere venduti perché merce troppo scottante da piazzare.
Tratto da una storia realmente accaduta, «Museo» non racconta una rocambolesca storia di una rapina, ma anzi usa questa cornice come pretesto per parlare di un’identità perduta delle nuove generazioni. Il colpo al museo antropologico infatti, sconvolge un intero paese non tanto per l’immenso valore economico dei manufatti, quanto più per il senso di invasione e di saccheggio di una cultura antica che è stata in questo modo calpestata.
La vera ricchezza
Il regista si focalizza soprattutto su Juan. Vediamo la sua inadeguatezza in tutto ciò che fa: da nove anni deve scrivere la sua tesi di una laurea che non arriva mai, in famiglia è come un pesce fuor d’acqua, non riesce a trovare un senso alla sua vita.
Il protagonista è il simbolo di una nuova generazione di ragazzi di Città del Messico che non vivono a pieno la propria vita, ma vegetano in attesa di un’occasione o di un brivido che dia una scossa alla propria esistenza. Da qui forse nasce l’idea della rapina: un gesto disperato dettato più dal desiderio di riempire un vuoto piuttosto che arricchirsi. Un vuoto simboleggiato anche dalle teche del Museo che non contengono più nulla.
La scelta giusta
Ma Juan, grazie all’aiuto del padre, riuscirà a redimersi e forse riuscirà a trovare quell’identità che credeva essere perduta anche se questo gli costerà caro. Le teche torneranno ad essere piene.
La pellicola ci ricorda l’importanza dell’arte soprattutto quando essa rappresenta una nazione. E ci ricorda anche quanto il valore affettivo e culturale per dei reperti valga più di qualunque somma di denaro.
Immagine di copertina: mymovies.it