Un viaggio a Firenze prevede sempre tre tappe fondamentali: Galleria degli Uffizi, Palazzo Pitti e Giardino di Boboli. E spesso, purtroppo, vengono trascurati piccoli musei che custodiscono opere d’arte di altrettanto valore artistico. Uno di questi è il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure (qui il sito web).
Il Museo
L’Opificio delle Pietre Dure nacque nel 1588 per volere di Ferdinando I de’ Medici e, il 3 settembre, il museo ha festeggiato i suoi 430 anni.
Ora centro specializzato in restauro e manutenzione, il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure racconta la storia di quest’arte andata purtroppo perduta soprattutto per motivi economici. Mobili, pannelli e vari oggetti di maestosa fattura: ogni pezzo poteva richiedere anche dieci anni di lavorazione. Commissione non poco impegnativa sia a livello di tempo, di materiali, e di manifattura.
La tecnica
Il mosaico fiorentino o tecnica del commesso in pietre dure, ha inizio da un disegno di base. Le pietre venivano scelte e accuratamente tagliate con un filo metallico per poi essere assemblate in modo tale che ogni pietra colorata fosse perfettamente coordinata alle altre. Il risultato cromatico finale è sorprendente tanto da non distinguere l’opera in pietra dura da un dipinto vero e proprio.
Al piano superiore del museo è possibile vedere i banchi di lavoro con i propri utensili utilizzati già nel ‘700 e ‘800 (ancora funzionanti!) e un vasto campionario lapidario che custodisce pietre provenienti da tutto il mondo.
Le opere
Dai primi lavori più simili ad un mosaico (come ad esempio il ritratto di Cosimo I de’ Medici in pietre dure, su disegno di Francesco Ferrucci), vediamo l’evoluzione di questa tecnica artistica fino ad arrivare al massimo della sua espressione.
Molto gettonati erano i motivi floreali e legati alla natura come uccelli e conchiglie, ma anche gli strumenti musicali era molto richiesti soprattutto per la decorazione di tavoli pregiati.
Una tecnica artistica che conquistò tutta Europa e che ne decorò le corti più prestigiose. Un museo che custodisce un’arte antica, meravigliosa e che non deve essere dimenticata.
Immagine di copertina: Azzurra Bergamo Copywriter ©