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I mudlarks: scavare nel fango per sopravvivere

Nella Londra vittoriana, i mudlarks si muovevano nella melma del Tamigi alla ricerca di oggetti da rivendere in cambio di qualche spicciolo. Qual è la loro storia?

4 minuti di lettura

Tra la povertà dilagante e la sporcizia incontenibile, fiorivano il commercio e l’industria. La Londra vittoriana era una città di contraddizioni, perfetta per l’arricchimento dei danarosi tanto quanto per l’immiserimento dei poveri. Ed erano proprio i poveri a doversi inventare professioni mirate e umilissime, come quella dello spazzacamino o del fiammiferaio. Tuttavia, c’era un altro impiego che oggi rimane poco conosciuto: quello dei mudlarks, ovvero gli scavafango. Guadando tra le fogne ammorbate e le acque torbide del Tamigi, i mudlarks raccattavano tutto ciò che era caduto sul letto del fiume, per poi rivenderlo in cerca di qualche spicciolo. Occorre, però, fare una precisazione: se scavare nella melma riparia non era certamente un’attività circoscritta all’area londinese, è pur vero che il termine mudlark, sin dalla sua comparsa nel 1796, ha sempre indicato lo specifico ricercatore delle rive del Tamigi. Ed è dunque da qui, nella capitale inglese, che parte la nostra ricerca.

La Londra vittoriana e la New Poor Law

Nell’Ottocento, Londra stava attraversando una fase di industrializzazione rapida e inarrestabile, destinata a cambiare lo stile di vita di tutti i suoi abitanti, e ad attirarne a sé migliaia d’altri. La povertà affliggeva un’enorme fetta della popolazione, costretta a vivere nel lerciume di minuscole stanze, senza la certezza di poter avere qualcosa da mangiare alla fine della giornata. Nel 1834, la promulgazione della New Poor Law aveva l’obiettivo di aiutare gli indigenti, fornendo loro un tetto e un impiego attraverso le cosiddette workhouses — o, peggio, poorhouses. Tuttavia, queste istituzioni faticavano a mantenere la promessa di sussidio, e in molti cercavano di starne alla larga

Più la città cresceva, più aumentavano le possibilità alternative per guadagnarsi qualche moneta. In questo senso, il panorama squallido e sudicio delle rive del Tamigi, dominato da moli, porti, navi, fabbriche e cantieri, offriva a chi sapeva cosa cercare un’infinità di occasioni. È proprio in questa fanghiglia maleodorante che si muovevano i mudlarks, gli intercettatori di oggetti perduti

I mudlarks: chi erano e cosa trovavano

Il termine inglese per “allodola” è skylark — da sky, “cielo”, e lark, “divertirsi”, in riferimento all’abitudine di questo uccello di cantare mentre si alza in volo. Mudlark è probabilmente modellato su questa parola, dove però al cielo sublime è sostituito il terreno mud, “fango”. Dunque, letteralmente, un mudlark è qualcuno che si diverte nel fango, sebbene la realtà ci mostri che di divertimento in questo mestiere ce ne fosse ben poco. Chi scavava nel fango lungo le rive del Tamigi erano solitamente bambini, ma talvolta anche anziani che erano ancora in forze per un lavoro del genere. Erano subito riconoscibili, i mudlarks: faccia puntata a terra, schiena curva, mani in continuo movimento, ispezionavano le rive del Tamigi quando le acque si ritiravano. I loro vestiti erano stracciati, i lembi penzolanti e incrostati di melma; il tanfo delle acque putride, inquinate non solo dal traffico navale ma anche dalle fogne, li impregnava fino alle ossa. Oltre ad essere spossante, scavare nel fango poteva comportare rischi non indifferenti, come ferite da taglio su mani e piedi, nonché la diffusione di tifo, colera e dissenteria. Non era raro, d’altronde, trovarsi davanti dei cadaveri galleggianti di ratti, gatti, cani… o persone. 

I mudlarks in un’illustrazione del 1871

In piena era vittoriana, circa trecento mudlarks erano operativi lungo il Tamigi, dal ponte di Vauxhall sino alla riva nord di Blackwell e a quella a sud di Woolwich. Gli oggetti più comuni che trovavano nel pantano erano chiodi, ossa, bottoni, e frammenti di vari materiali, come rame, carbone e ferro. Chi viveva vicino ai porti, poteva racimolare un bottino più consistente e barattarlo poi con i marinai in cambio di monete o cibo. In generale, però, uno scavafango non portava a casa che un gruzzolo irrisorio.  

I mudlarks secondo Henry Mayhew

Un ritratto di Henry Mayhew, 1861

Henry Mayhew era un giornalista dell’era vittoriana. Scriveva per riviste satiriche e politiche, ma oggi è ricordato per il monumentale libro-inchiesta London Labour and the London Poor, pubblicato in tre volumi nel 1851. In esso, Mayhew descriveva dettagliatamente lo stile di vita dei londinesi più poveri — prostitute, mendicanti, piccoli commercianti — integrando dati e statistiche alle loro interviste. Tra le categorie indagate, appaiono anche i mudlarks, di cui Mayhew scrisse:    

I mudlarks raccolgono qualsiasi cosa gli capiti di trovare, come carboni, pezzi di ferro vecchio, corda, ossa e chiodi di rame che cadono dalle navi mentre sono a riposo o in riparazione lungo la riva. I chiodi di rame sono tra gli oggetti più preziosi che trovano, ma difficilmente riescono a ottenerli. […] Alcuni portavano cesti, con il raccolto della loro mattinata, altri vecchi bollitori di alluminio con i manici in ferro. Alcuni, non avendo questi oggetti, avevano vecchi cappelli pieni con le ossa e il carbone che avevano raccolto.

L’intervista a un ragazzino appena uscito di prigione per aver rubato e venduto del carbone è molto illuminante, in quanto ci rivela il degrado assoluto di un’esistenza del genere:

[il ragazzino] dice che gli piaceva molto di più stare in prigione rispetto a scavare nel fango, poiché mentre era là poteva indossare un cappotto, delle scarpe e delle calze, e sebbene non avesse molto da mangiare, certamente non aveva mai paura di andare a letto a stomaco vuoto — come spesso accadeva quando era in libertà. Pensa di riprovarci in inverno […], sarebbe comodo in quel momento avere vestiti e scarpe e calze, e non essere obbligato ad andare nel fango freddo e umido la mattina

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I mudlarks odierni

Quello che una volta era un mestiere umilissimo, oggi è un hobby che può portare l’estrema riconoscenza di musei e istituzioni culturali. Gli scavafango del giorno d’oggi si recano sulle rive del Tamigi nel loro tempo libero alla ricerca di oggetti comuni e reperti storici. La loro indagine può essere fatta a semplice occhio nudo, oppure con l’aiuto di un setaccio (e, per i più accaniti, con un metal detector). Gli artefatti ritrovati più di frequente comprendono monete, bottoni, gemme, anelli, spille, dadi, coltelli, pipe di terracotta e frammenti di ceramica. 

Occorre un permesso dall’autorità portuale di Londra per poter dedicarsi al mudlarking — permesso che ai membri della Society of Thames Mudlarks, fondata alla fine degli anni Settanta, è garantito dal governo. È inoltre obbligatorio consegnare al Museo di Londra i manufatti che potrebbero avere più di trecento anni. 

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Caterina Cantoni

Classe 1998, ho studiato Lingue e Letterature Straniere all'Università Statale di Milano. Ammaliata da quella tragicità che solo la letteratura russa sa toccare, ho dato il mio cuore a Dostoevskij e a Majakovskij. Viale del tramonto, La finestra sul cortile e Ritorno al futuro sono tra i miei film preferiti, ma ho anche un debole per l'animazione. A volte mi rattristo perché so che non mi basterebbero cento vite per imparare tutto ciò che vorrei.

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