Valigette del Venezuela, stati generali a porte chiuse con la Von Der Leyen, lotta alle fake news, GARANTISMO! Del Movimento 5 Stelle delle origini sembra essere rimasta ormai solo la polvere.
Guelfi e Ghibellini a 5 stelle
Il Movimento 5 Stelle sembra essere in crisi da anni. Il movimento che non era partito e che non era né di destra né di sinistra, è diventato oggi un partito di Governo con fazioni interne tra rivoluzionari, pseudo-leghisti e democratici in stile DC (senza i Moro e i De Gasperi). C’è infatti una lotta tra la fazione di Alessandro Di Battista, quella più rivoluzionaria e vicina al Movimento 5 Stelle delle origini, la fazione di Gianluigi Paragone, quella che a ripensare al Papeete e al governo giallo-verde si ritrova la guancia rigata da una furtiva lacrima (oggi Paragone non fa più nemmeno parte del Movimento 5 Stelle) e la fazione tendente al PD (senza Renzi), con il quale pure una fusione non farebbe schifo, magari guidata da Giuseppe Conte. A capo di tutto ciò chi c’è? Il capo provvisorio del M5S, Vito Crimi. Un uomo dal carisma così strabordante che hanno dovuto richiamare Beppe Grillo, già lontano dal Movimento 5 Stelle da anni, per rimettere ordine.
Urge ritrovare un capo vero: come? Anche qui i problemi non mancano. “Dibba” propone il congresso, incassando il “vaffa” di Grillo, e qualcun altro sostiene una votazione su Rousseau, la piattaforma di Davide Casaleggio. Ormai il Movimento 5 Stelle sembra essere diventato peggio di guelfi e ghibellini, di guelfi neri e guelfi bianchi, di Cerchi, di Donati e di Scali.
La valigia
Il quotidiano di destra spagnolo ABC ha pubblicato negli scorsi giorni un’inchiesta nella quale si sostiene che nel 2010 il M5S abbia incassato 3.5 milioni di euro di finanziamento da parte del venezuelano Nicolas Maduro, Ministro degli esteri di Hugo Chavez. Gianroberto Casaleggio (padre di Davide) avrebbe incassato i soldi in una valigia tramite l’ambasciata venezuelana di Milano. All’uscita della notizia, subito gran parte degli esponenti del movimento hanno detto che si trattava di una fake news. Anche altre fonti diplomatiche sospettano una non-veridicità dei documenti e anche chi scrive sente puzza di falso.
Ma, anche se non si può dire che il Movimento 5 Stelle sembri un partito della Prima Repubblica durante Tangentopoli e anche se non si può pensare a un Grillo che butta i soldi nel water (alla Chiesa, per intenderci), una sadica risata di fronte a questo contrappasso ce la possiamo fare. Perché quelli che oggi si mettono la toga dei garantisti e degli avversari delle fake news sono quelli che fino a ieri le diffondevano (non andiamo a rimembrare certe cose) e che fino a ieri dicevano che “quando c’è dubbio, non c’è il minimo dubbio”.
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Stati generali e caviale
È una crisi che dura da molto quella del Movimento 5 Stelle, e che ha portato a vedere uno dei capi-fazione nella lussuosissima cornice di Villa Pamphilj, tra una tartina e un bicchiere di champagne, che discute (rigorosamente senza streaming) con la Von Der Leyen del futuro dell’Italia. Intendiamoci, nulla di male in questo, anzi! Il problema è che il Movimento, in 10 anni, ha leggerissimamente cambiato direzione. E sì, sono gli stessi che volevano uscire dall’euro. Certo non ci dobbiamo stupire di questo voltafaccia agli elettori dell'”Elevato” – ora confusi e orientati tra Pappalardo e la Meloni – perché non è il primo caso del genere. Non solo il “mai col PD” e il “niente inciuci”, ma anche il voto congiunto con Berlusconi per la Von Der Leyen, una dei Bilderberg! Insomma, un voltafaccia che non ci si aspetterebbe neanche dal peggiore dei Renzi.
Cos’è successo al Movimento 5 Stelle?
Dino Grandi disse, nella notte del 25 luglio 1943, «Toglici, duce, questa casacca e il berrettone con l’aquila e lasciaci solo la vecchia camicia nera». E questo, grossomodo, è ciò che, con le debite differenze, chiede anche la base del Movimento a Grillo. Ci perdonino i lettori per il paragone forse esagerato, ma anche nel caso del Movimento il problema sembrerebbe stare nella sua istituzionalizzazione: il passare da un moto pseudo-rivoluzionario a un partito “schiavo del sistema”.
Il fascismo divenne più simile agli statisti liberali che alle botte dei ras e il Movimento divenne più simile a Renzi che ai vaffa. Il non-partito né di destra né di sinistra è diventato un partito garantista di pseudo-sinistra (varie sfumature incluse) con due inciuci e scandali sulle spalle. E ora c’è chi, come Di Maio, vacilla pure sul no alla TAV, cavallo di battaglia dei pentastellati. Per dirla a mo’ di Grillo: «a forza di stare sul letame, dopo un po’ si inizia quantomeno a puzzare». E così, come nella scena finale del C’eravamo tanto amati di Scola, gli elettori del Movimento 5 Stelle, impersonati dai vecchi partigiani, trovano un partito-Gassman che fa i tuffi in piscina con i soldi da palazzinaro spregiudicato. E se ne vanno sconsolati, incapaci di unirsi su alcunché. Quel tipo di elettori rimane, e se non li vuole Grillo li vorrà Pappalardo o la Meloni. Finora hanno chiuso un occhio, ma viene il dubbio che l’abbiano fatto per prendere la mira.
In apertura: Massimo Paolone per LaPresse
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