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L’eros nei dipinti del mito di Leda e il cigno

Da Leonardo a Michelangelo, il mito di Leda ha ispirato raffigurazioni cariche di eros, dove la fusione tra umano e divino si manifesta in forme sensuali e ambigue.

3 minuti di lettura

Il mito di Leda e il cigno è una delle storie più controverse e affascinanti della mitologia greca, reinterpretata da numerosi artisti in dipinti, sculture e narrazioni sul tema. Secondo la leggenda, Leda era regina di Sparta, figlia del re Testio e di Euritemi. Zeus, dio del cielo e re degli dèi, si invaghì di lei e decise di conquistarla, ma per avvicinarsi senza destare sospetti, prese la forma di un cigno. Approfittando della sua vulnerabilità, si avvicinò a Leda mentre era sola sulle rive del fiume Eurota. La regina fu colpita dalla bellezza del cigno e sedotta da Zeus: dall’incontro nacque un uovo, da cui vennero alla luce i figli Elena e Polluce. La stessa notte Leda concepì altri due figli con il marito Tindaro, ovvero Castore e Clitennestra.

Il mito di Leda e il cigno ha ispirato molti artisti del Rinascimento, tra cui Leonardo da Vinci e Michelangelo, che hanno dato alla storia un forte tocco erotico, ritraendo proprio il momento dell’incontro tra Leda e Zeus sotto forma di cigno.

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Il dipinto Leda col cigno (1505-1510 circa) di Leonardo Da Vinci è purtroppo andato perduto, ma diverse copie e bozzetti sono ancora conservati. In questa rappresentazione, Leda è mostrata in piedi, anche se alcuni bozzetti la ritraggono accucciata o inginocchiata. La figura di Leda è caratterizzata da un sorriso sicuro, che potrebbe nascondere tanto desiderio quanto accettazione dell’evento, tanto che Leda non guarda il cigno, ma ha lo sguardo basso. Anche nella versione del bozzetto chiamato Leda accovacciata e il cigno, la figura femminile sembra protendersi verso il cigno senza particolare paura, interpretando l’evento come un incontro desiderato da entrambe le parti. Il cigno, ovvero Zeus, la avvolge con una delle sue ali e, a sua volta, viene avvolto dalle mani della donna. La testa del cigno si avvicina a quella di Leda, suggerendo una sorta di atto di seduzione.

La nudità completa di Leda accresce questa intimità e pone la figura femminile e il suo corpo al centro dell’immagine, come soggetto principale (desiderato o desiderante?, potremmo chiederci). La sua postura, con il corpo leggermente inclinato verso il cigno, crea un senso di connessione con l’animale, oltre ad accentuare le forme del suo corpo. Leonardo utilizza luci e ombre per evidenziare le curve del corpo di Leda, creando un’atmosfera di sensualità e bellezza. I bambini sullo sfondo (Castore e Polluce) simboleggiano la fertilità di quell’incontro, unendo due assi temporali in un solo momento.

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Leda e il cigno è invece un’opera perduta di Michelangelo Buonarroti, realizzata intorno al 1530, di cui restano alcune copie e varianti. Nel 1512, il duca Alfonso I d’Este si recò a Roma e, apprezzando il lavoro di Michelangelo, ottenne la promessa di un dipinto. Tuttavia, Michelangelo iniziò l’opera a Firenze solo anni dopo, nel 1530. Il dipinto rappresentava l’unione tra Leda e Giove trasformato in cigno, oltre a mostrare elementi simbolici, come un uovo e i gemelli Castore e Polluce. Alla consegna, l’opera venne definita “poca cosa” e Michelangelo, offeso, decise di non consegnarla, dandola invece a un garzone.

Oggi le tracce dell’opera si sono perse, ma abbiamo un disegno preparatorio della testa di Leda a Casa Buonarroti, oltre a diverse copie ben conservate, come quella di Rosso Fiorentino custodita alla National Gallery di Londra, e varie stampe, come quella di Nicolas Béatrizet, che riproduce fedelmente l’opera, includendo anche Castore e Polluce.

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Ricostruendo il quadro di Michelangelo, Leda è rappresentata in una posizione reclinata e ancor più esplicita, con il corpo esposto e le curve accentuate. La rappresentazione del corpo nudo amplifica l’eros del dipinto, rendendo l’incontro tra Leda e Giove, tra l’umano e il divino, diretto e chiaro. Leda si avvinghia con una gamba al cigno e reclina la testa verso di lui; non sorride, a differenza del quadro di Leonardo, ma non sembra nemmeno fuggire all’incontro. Michelangelo ritrae il cigno mentre si adagia sul seno di Leda e posa il becco sulle sue labbra. Tramite questa trasformazione, abbiamo una percezione diversa rispetto alla forza che immagineremmo nella figura di Giove: il cigno trasmette una sensazione più delicata, ponendosi come una figura più inerme, stemperando il potere della divinità, nota per le sue violenze. I toni caldi dei drappeggi rossi sullo sfondo contribuiscono a creare un’atmosfera intensa e sensuale, che potrebbe però essere interpretata anche come violenta.

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