Il 18 marzo è uscito Memorie, il nuovo album di Nicoletta Taricani, artista jazz siracusana residente a Udine, dedicato alla figura di Letizia Battaglia, fotoreporter tra le più famose in Italia, morta nell’aprile di due anni fa. In occasione di questa ricorrenza vogliamo ricordarla attraverso il progetto musicale di Nicoletta Taricani, nel quale arte, narrazione e impegno si intrecciano, facendo della musica un riflesso dei luoghi e degli umori vissuti da Letizia Battaglia.
Il 18 marzo è uscito il suo nuovo album, Memorie, una lunga e sincera dedica d’amore verso Letizia Battaglia, pioniera tra le fotoreporter italiane, con una carriera che ha sempre mescolato la narrazione attraverso le immagini all’impegno e alla ricerca della verità in ogni suo scatto. Come mai ha scelto di incentrare un intero progetto musicale sulla sua figura?
Prima di tutto grazie per dedicarmi il suo tempo. Ho scelto Letizia Battaglia perché per me rappresenta una fonte di ispirazione artistica e culturale. È un esempio di come sia importante essere liberi di scegliere e soprattutto scegliere cosa essere e cosa fare senza scendere a compromessi, rimanendo integri.
Tra qualche giorno ricorrerà inoltre il secondo anniversario dalla morte di Letizia Battaglia. Aver realizzato questo album subito dopo la sua morte è stato per lei un bisogno avvertito in seguito a questo evento o un’idea che balenava già da prima?
Volevo fare qualcosa su di lei già da prima, ma non avevo bene in mente cosa. Purtroppo, mentre la studiavo, il tempo se l’è portata via e sicuramente la sua scomparsa ha inciso ancora di più sulla mia volontà di omaggiarla e ringraziarla attraverso la musica.
Memorie si compone di nove tracce che, non solo raccontano alcuni dei momenti chiave della carriera della fotoreporter palermitana, ma restituiscono anche le percezioni e gli umori della Palermo di quegli anni tra urla, sussurri, ritmi frenetici e scorci di vita. La seconda traccia dell’album, Letizia, sembra seguire i passi frenetici della stessa Battaglia, che si muove tra i vicoli della città, alla ricerca di qualcosa. Come è riuscita a rendere in musica tutto questo?
Prima di iniziare a scrivere il testo di Letizia mi sono promessa di non dilungarmi. E allora se qualcuno dovesse cambiare traccia prima che il brano finisca, deve conoscere l’essenziale di Letizia Battaglia che ho cercato di inserire all’inizio: «Nata da uno scatto di una Leica laica, donna madre e moglie parla al mondo in libertà». Non so se ho fatto un buon lavoro, ma sono stata molto attenta alle parole e ho cercato di amalgamarle bene con la musica, senza dimenticare la personalità di Letizia Battaglia. Il brano si presenta con sonorità molto popolari e questo vuole ricordare il suo attaccamento alla città di Palermo e la sua approfondita conoscenza della storia di questa città; la canzone si conclude con sonorità più moderne cambiando completamente mood e qui voglio sottolineare il suo attento sguardo al futuro che non ha mai abbassato la guardia.
Nello stesso brano lei canta infatti la nascita di Letizia Battaglia «dallo scatto di una Leica laica». Come si differenziava, secondo lei, la fotografa palermitana dal contesto siciliano di quegli anni?
Da quello che so non è stata una donna religiosa ed è per questo che ho voluto fare un gioco di parole tra il modello della sua prima macchina fotografica Leica e il suo essere laica. Ciò che la differenziava sicuramente è stata la sua arte-denuncia; il suo essere stata sincera semplicemente mettendo in faccia alla gente la realtà senza filtri, come diremmo oggi. Letizia Battaglia credeva veramente in quello che faceva. Non dimentichiamoci l’assenza di omertà che sicuramente la distingueva da molti, ma non da tutti perché a Palermo e non solo sono esistite ed esistono tante «Letizie» che ogni giorno lottano.
Realizzare un album in cui si intrecciano racconto, tradizione, folklore, impegno e sperimentazione non deve essere facile. Musicalmente parlando, come è riuscita ad amalgamare questi elementi insieme? La figura di Letizia Battaglia è stata d’ispirazione anche in questo?
Il mio pensiero fisso è stato: «Bene, voglio parlare di una donna molto influente, dinamica, coraggiosa e umile senza cadere nella banalità. Come faccio?». Ho iniziato a cercare delle parole che potessero esprimere i concetti e le immagini che avevo in testa. Delle parole semplici ma d’effetto. Ho preso ispirazione dalle interviste, da libri, documentari e film. Ho intervistato persino la nipote di Letizia Battaglia, Marta Sollima. Avevo già in partenza nella mia testa un’idea di suoni, rumori e colori che si sono completati insieme alle parole. Letizia Battaglia e la sua vita mi hanno ispirato moltissimo nella ricerca attenta della parola e nella costruzione delle strutture dei brani. E ovviamente non sono mancate le mie ispirazioni musicali, quali Pat Metheny, Antonio Sanchez e Daniela Spalletta.
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Mi ha colpito molto il brano Le foto che non ho fatto, sulla sensibilità di Letizia Battaglia per le persone e i loro lutti, quando premere il pulsante della fotocamera equivale a premere uno strumento di sofferenza per le persone di fronte. Un brano molto intimo e delicato.
Grazie di cuore. Se penso a questo lato di Letizia Battaglia mi commuovo.
La sesta traccia Gusta mi magla padnala si differenzia dalle altre, essendo un omaggio alla cantante friulana Claudia Grimaz. Perché ha scelto di inserire questo brano della tradizione popolare serba all’interno del racconto della storia di Letizia Battaglia?
Perché nel 2023 ho vinto il Premio Grimaz dedicato proprio a Claudia Grimaz. E’ stata una competizione per la quale bisognava portare un brano acappella appartenente al suo ricco repertorio. Non immaginavo di vincere. Dentro di me ero già contenta, perché mi ero preparata tanto, avevo scoperto delle nuove sonorità nella mia voce e poi perché mi trovavo in mezzo a cantanti con la C maiuscola, che ho sempre stimato. Vincere mi ha resa felice e orgogliosa, ma non ho gioito troppo perché ha prevalso anche un senso di colpa in me che si è subito trasformato in qualcosa di concreto: i soldi che ho vinto li ho investiti in questo disco e, per ringraziare Claudia Grimaz e la sua famiglia, ho voluto inserire la canzone che ho scelto di portare alla serata del premio.
Come definirebbe il suo modo di comporre musica e qual è l’idea o la filosofia dietro alle tue composizioni?
Ho ancora tanto da imparare e migliorare. Per il momento vedo la composizione come un’attività investigativa e di ricerca. La cultura in un momento molto triste mi ha salvata e probabilmente questo ha influito nel mio modo di scrivere.
Il suo ultimo album In un mare di voci è anch’esso un progetto non solo artistico, ma anche culturale e sociale, che utilizza la musica per raccontare il viaggio di un migrante nel Mediterraneo. Secondo lei arte e impegno viaggiano sempre sullo stesso binario?
In questo momento della mia vita comporre musica significa mettere sullo stesso piano cultura, arte e attualità. Nel mio lavoro c’è sempre un impegno sociale, perché sono talmente grata alla vita che devo ricambiare in qualche modo. L’unico mezzo che ho per farlo é l’arte.
Ha altri progetti nel cassetto?
Sì, vorrei fare una performance artistica in un porto di mare con una mia composizione che si intitola Umano. È un progetto difficilissimo da realizzare. Spero che qualcuno di influente possa leggere queste mie parole.
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