Lara ha un problema con il silenzio, ma non quello bello, che permette il rilassamento della mente e lo scorrere dei pensieri. No, quello carico di parole morte sulle labbra, di rancori, di bugie. Ha un marito assente che forse la tradisce, due figli con cui fatica a comunicare, la madre malata e un padre con cui si può dire non abbia mai avuto un vero rapporto. Questo è il filo rosso di Meglio dirselo (2010) romanzo di Daria Colombo, art director e giornalista, animatrice culturale nel movimento nazionale dei Girotondi, che ne presenta la riedizione il 25 maggio di quest’anno, alla Mondadori di piazza Duomo a Milano. È un libro sulla forza delle donne che, nonostante possano arrivare a sentirsi morte dentro e a trascinarsi via via tra giorni uguali l’uno all’altro, decidono di riprendere in mano la propria vita. Spesso il problema è solo di comunicazione e di come questa viene impostata: moglie e marito devono solo riscoprire il gusto di raccontarsi all’altro, anche attraverso aneddoti poco importanti, ma che nella complicità quotidiana possono fare la differenza. Il rapporto che più porta Lara ad interrogarsi e a ricominciare è però quello con suo padre, poco presente nella giovinezza della figlia, sparito dalla sua vita quando lei decide di trasferirsi a Milano per lavorare e pagarsi gli studi di architettura. Lara scopre che quello del genitore non era affatto disinteresse, ma solo mancata comprensione di chi fosse e cosa volesse veramente sua figlia, uniti ad una rettitudine e un amore grande ma inespresso per lei che gli impedivano di appoggiarla e che li fecero allontanare. Ma saranno proprio i viaggi su e giù per andare a trovare la madre malata di alzahimer a farli riavvicinare, a farli scoprire un dialogo ma vissuto, che porterà Lara a capire che sta proprio in quella parolina il segreto di una vita serena: dialogo. Capisce che tanti problemi nascono da quell’infido silenzio che appesantisce l’aria e si accumula come una patina sui giorni e le persone, finendo così per non ricordarsi più di cosa si voleva parlare il giorno prima e continuando questo circolo vizioso che uccide qualsiasi rapporto. Il romanzo fa riflettere sulla nostra tendenza a giustificarci per una telefonata mancata, una risposta mal data, un “ti voglio bene” non detto con la sola scusa dello stress e delle troppe cose da fare, senza però capire che questo accumulo di parole non dette o dette male non fa altro che amplificare la nostra stanchezza, oltre che la distanza tra noi e i nostri cari. La vera causa di ogni dolore è sempre la stessa, l’amore inespresso. Quindi, meglio dirselo.
Susanna Causarano
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