Premetto che il mio non sarà un articolo neutrale, perché devo ammettere che il Medioevo, questo periodo storico così bistrattato e guardato con astio e disprezzo da tutti è riuscito a conquistarsi piano piano, lezione dopo lezione un posto speciale nel mio cuore di aspirante storico.
“Medioevo“, questo odioso termine spregiativo, come tutti noi sappiamo, per una divisione ormai diventata consuetudine, seppur assai discussa ed in alcuni casi superata, si riferisce al periodo di tempo che intercorre fra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476) e la scoperta del Nuovo Mondo (1492), che apre la gloriosa e lucente età moderna, come avrebbe detto l’umanista Flavio Biondo che utilizzò per primo questo termine nella sua opera Historiarum ab inclinatione romanorum imperii decades, pubblicata nel 1483, ancora prima della fine che gli storici in seguito attribuiranno a questa “epoca buia”.
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L’epoca medievale veniva vista da questi umanisti come una lunga età di stasi culturale che divideva l’età Classica con quello che infatti fu detto Rinascimento; a questo punto la domanda sorge spontanea: da dove arriva tutto questo disprezzo?
In primis questo può derivare da quello che è a mio avviso l’errore più grosso e fatale che un osservatore della Storia può fare: osservare gli avvenimenti passati con gli occhi culturali della propria epoca, senza calarsi nella mentalità dell’uomo di età passate e senza prendere in considerazione il panorama culturale di allora. Prendiamo un esempio: qualsiasi uomo di questo nostro XXI secolo storcerebbe il naso e anzi guarderebbe con disgusto il legame che il Imperatore Carlo Magno aveva con Papa Leone III nel 796.
Nulla è meno indicato ai giorni nostri di uno stretto legame come questo fra religione e potere politico, ma nulla era più naturale di esso per gli uomini di allora, dimostrato da fatti come ad esempio la riforma degli ordini monastici portata avanti da Ludovico il Pio o le più conosciute e romanzate Crociate.
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Per quanto riguarda il campo artistico-culturale l’uomo contemporaneo spesso tende a dimenticarsi che è grazie a quest’epoca che possiamo gustarci capolavori come le chiese Romaniche, per non parlare di quei piccoli gioielli che sono le miniature medievali (se non ne avete mai viste dal vivo fatelo, non ve ne pentirete), oppure ci si dimentica le immense abilità di orafi dei “rozzi” Longobardi, aggiungete pure il genio di Dante e direi che possiamo cancellare l’etichetta di epoca buia della cultura da questa età.
Se non bastasse questo, prendiamo una testimonianza dell’epoca: Bonvesin de la Riva nel XIII secolo osservava che a Milano si potevano trovare: centoventi giureconsulti in entrambi i diritti, millecinquecento notai, ventotto periti medici, centocinquanta chirurghi delle diverse specialità, otto professori di grammatica, quattordici dottori espertissimi in canto ambrosiano, più di settanta maestri elementari, quaranta copisti.
Molte altre parole servirebbero per descrivere questo lunghissimo e variegato periodo, ma io ne aggiungo solo poche: affascinante, intrigante, per nulla Età di mezzo.
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