Mark Rothko

Mark Rothko e la ricerca di un nuovo tonalismo

Un artista che ha rivoluzionato l'arte, creando, con il colore, un linguaggio primordiale capace di comunicare con l'anima

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Mark Rothko, pseudonimo di Markus Yakovlevich Rothkowitz, etichettato dalla critica come uno dei principali esponenti dell’Espressionismo astratto insieme a Jackson Pollock e Willem de Kooning e noto soprattutto per i Color Field Paintings, dipinti rettangolari di grandi dimensioni caratterizzati da una pittura astratta a campi di colore, ha sempre rifiutato di essere definito astrattista, nonostante sia indubbio che abbia posto le basi per un tipo di pittura nuova e dissonante rispetto alle precedenti esperienze d’avanguardia.

La formazione e gli esordi di Mark Rothko

Nato nel 1903 in territorio lettone, Mark Rothko era il quarto figlio di una famiglia ebrea con cui si trasferì nel 1913 a Portland, in Oregon.

Nel periodo compreso tra il 1921 e il 1923, Rothko frequentò l’Università di Yale, un’esperienza che lo introdusse al mondo accademico e al pensiero intellettuale, ma che ben presto decise di abbandonare per trasferirsi a New York, dove iniziò a entrare in contatto con il vibrante mondo artistico della città. Dopo gli studi all’Art Students League, nel 1928 partecipò alla prima mostra collettiva e nel 1933 organizzò invece la sua personale.

Nel 1935, Rothko fu uno dei fondatori del gruppo The Ten, dove un eterogeneo insieme di artisti che concentrava principalmente sull’astrazione e sull’espressionismo, esplorando nuove forme di rappresentazione visiva. Intorno al 1945, Rothko si avvicinò alle tecniche e alle immagini del Surrealismo, arricchendo il suo vocabolario visivo e ampliando la sua ricerca estetica. Grazie al sostegno di Peggy Guggenheim, poté allestire una mostra personale alla galleria Art of This Century di New York, un evento che segnò una pietra miliare nella sua carriera.

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Gli anni della maturità

La maturazione dello stile di Mark Rothko avvenne tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta: inizialmente, l’artista dipingeva opere con una spazialità particolarmente compressa, a tratti claustrofobica. I soggetti delle tele erano per lo più elementi architettonici e urbani: alla metà degli anni Trenta risale la serie dei Subway Paintings, caratterizzata da uno spazio metropolitano bidimensionale scomposto in singoli campi ortogonali. Rothko respinse il termine spazio, sostituendolo con l’espressione breathingness (respirabilità): questo, infatti, sottintenderebbe una costruzione formale lontana dall’immediatezza dell’arte.

Il pittore lettone prese progressivamente le distanze dalla pittura tradizionale e indagò il concetto di plasticità, data da una duplice sensazione di movimento (dentro la tela e nello spazio antistante ad essa): al fine di conferire alla propria pittura una spazialità dinamica, iniziò ad inserire forme orizzontali, verticali, diagonali, sferiche e curve. A partire dal 1949, la disposizione dell’elemento formale cromatico sulle tele cominciò ad essere orizzontale e parallela.

Mark Rothko
Mark Rothko, Untitled (Violet, Black, Orange, Yellow on White and Red) (1949), Solomon R. Guggenheim Museum, New York

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Rothko fece del colore il protagonista assoluto dei Color Field Paintings: il colore-materia, estremamente modulato, trasporta lo spettatore in un’atmosfera nuova fatta di forme geometriche che sembrano muoversi l’una verso l’altra fino a compenetrarsi. Il rapporto tra le varie tonalità raggiunse massima evoluzione con la serie dei Blackform Paintings, dove un’unica superficie di forma quadrata fluttua su fondo monocromo.

I Blackform paintings di Mark Rothko rappresentano una fase particolarmente intensa e introspettiva della sua carriera dell’artista. Si caratterizzano per l’uso predominante di toni scuri, principalmente il nero, che si stagliano su sfondi più sfumati o colori più tenui. Queste opere segnano una drammatica evoluzione nel lavoro dell’artista, che abbandona progressivamente la luminosità delle sue tele precedenti per esplorare il misterioso e lo spirituale attraverso il colore scuro. Sono dipinti intensamente atmosferici che danno vita a spazi sospesi dove il colore diventa veicolo di meditazione e introspezione.

Mark Rothko
Mark Rothko, Blackform Paintings, No. 1 (1964)

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La rivoluzione di Mark Rothko: un nuovo tonalismo

La pittura di Rothko rappresenta al contempo un limite e un nuovo inizio, simile a quanto accadde con l’arte di Piet Mondrian. Se da un lato essa segna una chiusura rispetto a una tradizione consolidata, dall’altro è il punto di partenza per una rinnovata concezione del colore e della forma: dopo decenni di pittura incentrata sulla materia e sul pigmento, Rothko inaugura una nuova era, quella del tonalismo. Ma non si tratta del tonalismo che si fonda sul paesaggio o sull’impressionismo en plein air, quello che cercava di riprodurre fedelmente le sfumature atmosferiche come nelle ultime opere di Claude Monet. Rothko propone invece un tonalismo che non ha l’intento di imitare o riflettere l’atmosfera che lo circonda, ma di crearne una completamente nuova, un’atmosfera nata dal nulla, frutto della sua pura invenzione.

Le opere di Mark Rothko, con le loro enormi tele solitarie, si presentano come spazi dominati da pochi colori intensi e una minima segmentazione formale. In queste ampie superfici, dove solo lievi bande di colore separano lo spazio, l’artista crea un universo che avvolge e penetra ogni cosa: dalle persone agli oggetti, fino alla natura circostante. In questi lavori, il colore non è più solo una materia visibile, ma una forza atmosferica che si fonde con l’ambiente stesso, modificando la percezione di chi osserva.

Rothko, attraverso anni di studio e di sperimentazioni minuziose, ha compreso che, attraverso una distillazione profonda del colore e rinunciando in modo radicale a ogni forma concreta, a ogni composizione, a ogni segno, tratto o calligrafia, era possibile ottenere una potenza visiva che non necessitava di forme definite. La sua pittura non si arrendeva alla volumetricità della materia, alla gravità dei suoi impasti, ma si spingeva oltre, cercando una purezza che potesse produrre un “canto” visivo, un’eco silenziosa che risuonasse senza parole. Così, Rothko non solo evoca emozioni, ma crea spazi dove il colore diventa il linguaggio primordiale, capace di comunicare direttamente con l’anima.

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Antonia Cattozzo

Appassionata di qualsiasi forma d'arte deve ancora trovare il suo posto nel mondo, nel frattempo scrive per riordinare i pensieri e comunicare quello che ciò che ha intorno le suscita.

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