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letteratura afroamericana

Marchiati fin dall’inizio: uscire dal ghetto dell’esperienza afroamericana

dalla newsletter n. 36 - febbraio 2024

7 minuti di lettura

James Baldwin, uno degli eredi dell’Harlem Renaissance, movimento culturale che ha portato allo sviluppo della cultura afroamericana, scriveva quanto segue al nipote James ne La prossima volta il fuoco: «Questo paese innocente ti ha confinato in un ghetto, e in questo ghetto è stabilito che tu marcisca. […] tu sei nato dove sei nato e hai di fronte a te il futuro che hai perché sei nero, per questa e nessun’altra ragione».

Secondo James Baldwin, l’uomo afroamericano era condannato dalla cultura americana, o meglio, dalla cultura della whiteness, a comportarsi secondo certe regole e a vivere secondo un destino precostituito da falsi miti. James Baldwin scrisse il suo saggio nel 1963, ma a sessant’anni di distanza quello che ha scritto risulta ancora più attuale, e ripreso fra gli altri da Ibram X. Kendi in Stamped from the Beginning: The Definitive History of Racist Ideas in America (2016), recentemente adattato da Netflix in un docufilm. Secondo Ibram X. Kendi, professore e attivista dell’Università di Boston, la cultura black nasce dalla manipolazione a livello culturale e politica della whiteness, che ha imposto un certo immaginario volto a screditare la comunità afroamericana.

Al giorno d’oggi, anche grazie al movimento Black Lives Matter, si sta assistendo a una maggiore consapevolezza e rispetto verso la comunità afroamericana, anche dal punto di vista letterario. Basti pensare, ad esempio, al Premio Pulitzer 2020, dove per le categorie Letters, Arts and Drama hanno trionfato molti autori afroamericani: Colson Whitehead per la letteratura, diventando il primo afroamericano a vincere per due volte il premio, Jericho Brown per la poesia, Michael R. Jackson per il teatro, mentre Ida B. Wells ha ricevuto una menzione speciale postuma per aver denunciato durante la sua carriera di attivista le atrocità commesse verso gli afroamericani durante il periodo del linciaggio, praticato dalla fine del XVIII secolo fino agli anni Sessanta del secolo scorso.

Tutti questi successi menzionati ci fanno capire come a livello creativo gli scrittori afroamericani siano ormai liberi di esprimersi artisticamente, e anche raggiungendo ottimi risultati. Tuttavia, sembra che la figura dello scrittore afroamericano sia relegata al ruolo di portavoce delle denunce sociali e dei soprusi subiti dagli afroamericani, un ruolo dal quale non può uscire e che sembra definito proprio dalla cultura della whiteness, come se avere la pelle nera significasse per forza di cose fare denuncia sociale. Quest’ultimo è uno dei punti di Che razza di libro! di Jason Mott, vincitore del National Book Award for Fiction nel 2021, che attraverso un raffinato gioco metanarrativo pone al centro il problema della rappresentazione dell’esperienza afroamericana. Afferma lo scrittore protagonista del romanzo di Jason Mott:

Alberto Paolo Palumbo

Laurea magistrale in Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee all'Università degli Studi di Milano con tesi in letteratura tedesca.
Sente suo quello che lo scrittore Premio Campiello Carmine Abate definisce "vivere per addizione". Nato nella provincia di Milano, figlio di genitori meridionali e amante delle lingue e delle letterature straniere: tutto questo lo rende una persona che vive più mondi e più culture, e che vuole conoscere e indagare sempre più. In poche parole: una persona ricca di sguardi e prospettive.
Crede fortemente nel fatto che la letteratura debba non solo costruire ponti per raggiungere e unire le persone, permettendo di acquisire nuovi sguardi sulla realtà, ma anche aiutare ad avere consapevolezza della propria persona e della realtà che la circonda.

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