“Malinconia” deriva dal termine latino melancholia, che a sua volta deriva dal greco mélas (nero) e chloé (bile), ovvero “bile nera”. Nel linguaggio comune ancora oggi ci riferiamo alla bile in negativo, lo sappiamo, ma la malinconia è quello stato che esprime un sentimento particolare e unico. Non semplice tristezza, purtroppo, ma un profondo sentimento di impotenza, angoscia, che con una vocale diversa (“melanconia”) assume anche caratteristiche cliniche. Sono tantissimi gli autori che hanno trattato di questo sentimento. Ne abbiamo scelti due, molto diversi tra loro per epoca storica e provenienza geografica: Giacomo Leopardi e Kazuo Ishiguro.
La melancolia nello Zibaldone di Giacomo Leopardi
L’autore più associato a questo sentimento è Giacomo Leopardi, che di malinconia ha parlato non solo in modo letterario, ma anche analizzandolo come fenomeno alla luce dell’evoluzione storica. Ciò avviene nello Zibaldone, un unicum nella letteratura che forse ripropone solo un altro autore profondamente malinconico, Cesare Pavese, con il suo Mestiere di vivere. Un diario ma anche un saggio, un insieme di pensieri e dissertazioni che Leopardi ha donato a noi con profondità d’animo eterna e intensa. Proprio lo Zibaldone è il luogo dove l’autore ci offre addirittura una spiegazione di quando e perché la malinconia è nata: