Quando nel 1924 André Breton scrive il Manifesto del Surrealismo, documento che getta le basi per un movimento artistico e letterario che avrebbe scosso il mondo dell’arte e della cultura, parla del surrealismo descrivendolo come un «Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale».
Queste, sono parole fondamentali per comprendere l’essenza del surrealismo: conosciuto per essere la manifestazione artistica più onirica, poiché consente l’esplorazione di ciò che va oltre il visibile, spinge le barriere della realtà per accedere all’inconscio e ai sogni attraverso l’utilizzo di immagini apparentemente sconnesse o irrazionali, ma che in realtà sono sollecitazioni visive. Esse sfidano le convenzioni e invitano il pubblico a riflettere sul significato più profondo di ciò che vedono. È proprio questo quello che fa René Magritte, che in tutta la sua carriera ha preferito concentrarsi più sul concetto che sulla pittura in sé.