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L’ultimatum di Anna: salviamo il pianeta ora o sarà troppo tardi

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4 minuti di lettura

Quanto abbiamo a cuore la salute del nostro pianeta? Pensiamo mai a cosa lasceremo in eredità a chi verrà molto dopo di noi? Permetteremo ai nostri nipoti e pronipoti di godere delle stesse risorse che abbiamo avuto a disposizione? Su questo tema riflette Il mondo di Anna, romanzo breve di Jostein Gaarder, pubblicato in Italia da Longanesi.

IL MONDO DI ANNA
IL MONDO DI ANNA

Anna è una ragazzina norvegese come tante, che sta per compiere sedici anni. A differenza di molti suoi coetanei, però, Anna è caratterizzata da un forte attaccamento alla natura e da un grande senso di responsabilità nei confronti della sua salvaguardia. Allo scopo ha fondato una mini-associazione ambientalista, nella quale ha coinvolto anche il suo ragazzo, Jonas. Le sue preoccupazioni più grandi sono i mutamenti climatici e il rischio che questi comportano per il pianeta, nonché la minaccia a cui sono sottoposte migliaia di specie animali e vegetali a causa della noncuranza dell’Uomo, che sfrutta la Terra come se questa fosse fornita di risorse illimitate e che non si cura dell’impatto che ha sulle altre specie che la popolano.

Il libro è ambientato in Norvegia durante le vacanze scolastiche e Anna trascorre le sue giornate documentandosi riguardo allo stato del pianeta e immaginando possibili soluzioni per salvarlo. Le sue notti invece sono popolate da sogni strani. In uno di questi Anna si trova 70 anni nel futuro, in un mondo dove l’Uomo ha fallito miseramente, non riuscendo a proteggere l’unico pianeta che ha a disposizione. I mutamenti del clima hanno portato a una desertificazione massiva che ha sepolto intere città sotto metri di sabbia, mentre la Scandinavia si è trasformata in un luogo dal clima temperato. La stragrande maggioranza delle specie animali e vegetali si è estinta e non esiste più nemmeno in cattività, tanto che gli zoo sono popolati da ologrammi, invece che da leoni, tigri e zebre. Le api non ci sono più e le persone sono costrette ad impollinare a mano i fiori. Applicazioni per smartphone inviano notifiche giornaliere segnalando in tempo reale le specie che si sono estinte. Furgoni bianchi fanno la spola tra i vari paesi trasportando gli ultimi due o tre esemplari viventi di specie animali che fino a poco tempo prima popolavano in gran numero il pianeta, quasi fossero attrazioni circensi. Agli uomini comunque non è toccato un destino migliore: la popolazione umana è stata decimata in seguito a carestie e guerre disperate per accaparrarsi le ultime gocce di petrolio e per contendersi le aree della Terra ancora abitabili.

Jostein_Gaarder
Jostein Gaarder

Nel sogno la ragazza è la bisnonna di un’altra sedicenne, di nome Nova. Sebbene voglia bene alla sua bisnonna, Nova nutre un grande risentimento nei suoi confronti, o meglio, nei confronti della sua generazione, rea di averle lasciato in eredità un mondo sull’orlo del baratro, spogliato delle sue risorse e per gran parte ridotto a una landa desertica. Una volta sveglia Anna interpreta il sogno premonitore come un ultimatum: c’è ancora una speranza per evitare che quest’incubo post apocalittico diventi realtà, ma bisogna fare qualcosa adesso. Forse la stessa scelta di Gaarder di battezzare la protagonista Anna, non è casuale, in quanto è una parola palindroma, che può essere letta anche al contrario e potrebbe quindi simboleggiare un processo di reversibilità.

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È Jonas a venire in aiuto della sua ragazza, con un’interessante riflessione. Sebbene quello della salvaguardia ambientale sia un tema vitale per chiunque, sono ancora troppo poche le persone che si preoccupano realmente di fare qualcosa a riguardo. Questo secondo lui può essere dovuto al fatto che finora si è usato l’approccio sbagliato per sensibilizzare l’opinione pubblica. Cercare di responsabilizzare singolarmente le persone su un problema di così vasta scala e per il quale ognuno di noi ha solo un miliardesimo della colpa non è la soluzione giusta. L’Uomo infatti è una specie individualista, che molto raramente si dedica alla beneficenza disinteressata e si occupa di problemi che non sente come suoi. Lo stimolo di lasciare in eredità ai nostri pronipoti la stessa quantità di ricchezze naturali di cui abbiamo potuto godere noi non è abbastanza forte per farci reagire, perché non ne vedremmo un guadagno immediato. Oltretutto il problema ambientale ci sembra una cosa lontana, che non tocca la nostra quotidianità, già occupata da mille altre cose. Da qui che le piccole rinunce che ci richiederebbe adottare uno stile di vita attento all’impatto ambientale ci sembrano pesanti e innecessarie. Jonas, e quindi lo scrittore, suggerisce allora un’altra via: convertire la questione ecologica in una sfida collettiva, lanciando una vera e propria moda di prendersi cura del pianeta.

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La soluzione di Jonas consiste nell’ istituire 1001 fondi, ognuno destinato alla salvaguardia di una specie a rischio. Le donazioni inorgoglirebbero i benefattori, scatenando una sorta di competizione, che favorirebbe la diffusione del fenomeno. Attraverso questo meccanismo un po’ semplicistico, ma che ha soprattutto una funzione esemplificativa, lo scrittore mostra di possedere una grande comprensione di come funziona la mente umana: invece di identificarci come colpevoli condannati ai lavori forzati e a una vita di rinunce per porre rimedio ai danni che abbiamo causato, approcciare il problema dal lato opposto ci convertirebbe in paladini del rispetto dell’ambiente, eroi da cui dipende la difesa del mondo. In questo modo otterremmo la stima degli altri e si creerebbe una sorta di competizione, una corsa a chi fa di più per la nostra Terra. Vedendo nell’ammirazione altrui un immediato guadagno come ricompensa dei nostri sforzi, saremmo molto più propensi a partecipare a questa battaglia e le nostre rinunce diventerebbero atti di eroismo. Sta tutto nel modo in cui viene presentata la questione.

Fino a poco tempo fa si pensava che la nostra sarebbe stata l’ultima generazione a causare danni al pianeta senza pagarne le conseguenze. Oggi gli studi scientifici hanno rivisto le previsioni: ci aspetta un futuro misero, se non ce ne preoccupiamo nel presente. Dati come quelli sui ritmi di acidificazione degli oceani, sul surriscaldamento globale e sul consumo di risorse non lasciano spazio a proiezioni ottimistiche e a ulteriori ritardi. Al ritmo attuale, consumiamo in circa 8 mesi tutto ciò che la Terra può produrre in un anno, come testimonia l’overshoot day (“giorno in cui si va oltre”) che nel 2015 è stato il 12 agosto. Il mondo, oggi più che mai, ha bisogno di eroi, ha bisogno di buoni esempi. Non servono né Thor né Batman, per salvare la Terra. Basta una generazione di ragazze e ragazzi responsabili, consapevoli che nelle loro mani c’è il destino di un pianeta e di tutti i suoi abitanti.

Chi volesse calcolare a quanto ammonta la sua impronta ambientale, può farlo sul sito: http://www.footprintnetwork.org/en/index.php/GFN/page/calculators/. La media Italiana è 4.2, vale a dire che se tutti nel mondo avessero lo stesso stile di vita degli Italiani, ci sarebbe bisogno di 4 pianeti Terra per soddisfarne il bisogno di risorse.

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Yuri Cascasi

Nato nel 1991, laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università degli Studi di Milano. Molte passioni si dividono il mio tempo, ma nessuna riesce a imporsi sulle altre. Su di me, invece, ci riescono benissimo.

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