A Roma, a due passi dal Pantheon, c’è una delle chiese più belle e sconosciute della Capitale: San Luigi dei Francesi. Quando nel Basso Medioevo ricominciarono a verificarsi spostamenti consistenti di popolazioni dalla forte identità nazionale verso alcuni centri urbani, fu naturale che per gli immigrati nascesse l’esigenza di pregare con i propri conterranei, riunirsi con loro, o semplicemente farsi rassicurare dall’esistenza di un luogo che ricordasse casa. La comunità francese di Roma possedeva già una cappella nello stesso quartiere quando nel corso del Cinquecento venne edificata San Luigi, abbellita tra l’altro da un trittico di Caravaggio. Non è tuttavia la storia di una splendida chiesa ad interessarci qui, bensì quella del santo a cui è intitolata: re Luigi IX di Francia (1214-1270).
A consegnare Luigi alla Storia fu probabilmente l’intensità con cui visse il rapporto con gli aspetti centrali della vita di un monarca medievale: la religione, la politica, la famiglia e i suoi sottoposti. Il re santo non crebbe in un contesto facile: la morte del padre Luigi VIII nel 1226 sorprese il futuro santo ancora troppo giovane per ereditare il trono; la reggenza venne perciò assunta dalla madre Bianca di Castiglia, e sarebbe durata per ben sedici anni. Bianca fu una reggente capace e autoritaria, ma con troppi pochi alleati per fronteggiare in modo definitivo tutte le minacce che insidiavano la monarchia francese: la presenza inglese sul continente, le brulicanti eresie nel meridione e la presenza di una piccola nobiltà di provincia fortemente restia agli sforzi accentratori regi.
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Questo periodo ebbe un peso enorme nella vita di Luigi IX, insieme ad una figura materna decisamente ingombrante: tra gli aneddoti più celebri sul sovrano c’è il rimprovero che gli rivolse il suo fedelissimo vassallo – e biografo – Jean de Joinville, che lo accusava di trascurare la moglie Margherita di Provenza (che gli diede peraltro dodici figli) per rivolgere tutte le sue attenzioni e cure alla madre Bianca. In questa atmosfera Luigi sviluppò una fede incrollabile in Dio e la convinzione che a lui fosse stata assegnata la missione di riportare Gerusalemme in mano cristiana anche a costo di un martirio che avrebbe accettato serenamente. In questo senso il monarca francese ci appare quasi fuori tempo massimo all’interno dell’epopea delle crociate: l’età delle grandi spedizioni del Barbarossa e di Riccardo Cuor di Leone sembrava terminata insieme agli ideali di unità cristiana quando nel 1204 la quarta crociata era terminata con il saccheggio di Costantinopoli; nemmeno le successive avventure in Terrasanta nella prima metà del Duecento avevano sortito effetti significativi. La cristianità del nostro continente sembrava piuttosto concentrata sull’auto-fagocitarsi, poiché – frustrata dagli insuccessi d’Oltremare – preferiva invocare massacri mascherati da crociate verso piccoli gruppi di cosiddetti eretici europei che nella maggior parte dei casi volevano solo sperimentare un tipo diverso di vita e spiritualità nelle loro comunità intorno all’arco alpino. Un piacevole brivido di sorpresa e fervore attraversò le schiene dei fedeli armati quando Luigi IX li chiamò alla crociata nel 1248 e di nuovo nel 1270. Entrambi i tentativi fallirono: il primo con la cattura del monarca a due anni dalla partenza (poi liberato in seguito al pagamento di un riscatto), il secondo con la sua morte per scorbuto a Tunisi. Insieme alla condotta pia del sovrano, già leggendaria mentre era ancora in vita, le due crociate gli garantirono la canonizzazione già nel 1297.
Il santo non esitò un istante nella soppressione di tutto ciò che non fosse ortodosso: fu grande alleato dei pontefici coevi nella discriminazione degli ebrei, ai quali impose numerose limitazioni (partecipò personalmente ad un pubblico rogo del Talmud, vietò alcune professioni e istituì l’obbligo di portare sugli abiti un segno di riconoscimento di stoffa rotondo e giallo), e colpì con violenza gli eretici catari nel meridione francese agendo sia tramite condanne a morte che con espulsioni ed allontanamenti coatti. Si spinse fino a sperare di riuscire a convertire i mongoli, una presenza ormai abituale ai confini d’Europa. La profonda devozione del re ebbe un’eco anche nell’edilizia: fu proprio lui a far edificare in tempi brevissimi la splendida Sainte-Chapelle a Parigi, per conservare le più importanti tra le numerosissime reliquie che acquisiva senza sosta, e sostenne i lavori di costruzione di alcune tra le più celebri cattedrali gotiche di Francia.
Ma se le fonti e quindi la storiografia si sono concentrate soprattutto sullo stile di vita frugale e sulla fede profondissima del re (che si rifletteva anche in azioni di grande impatto simbolico, come lavande di piedi ai poveri o il fatto che dormisse su un umile letto da campo, e il riconoscimento di trentasei miracoli), è importante ricordare che Luigi IX fu molto più che un santo vivente, e che sarebbe stato una figura centrale della sua epoca anche senza una componente religiosa così preponderante. Agì su numerose sfere del potere che deteneva tra le mani, in un enorme sforzo centralizzante e burocratizzante per il regno. In ambito politico dimostrò capacità raramente riscontrabili in altri sovrani, riuscendo a contenere le pretese dei baroni ribelli grazie ad una rete di matrimoni e affermandosi come mediatore tra potenze nello scenario europeo. Nel frattempo sconfisse anche gli Inglesi riconquistando parte dei territori continentali.
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Non è troppo azzardato vedere nelle due crociate di Luigi il segnale della volontà di riaffacciarsi sul Mar Mediterraneo, a quel tempo fuori dall’orbita francese. Proprio su testarda insistenza del re santo fu edificata la città costiera di Aigues-Mortes in un’area resa paludosa dal vicino passaggio del Rodano, con l’intento di renderla un prospero sbocco sul mare; la scelta davanti a una cartina ci può sembrare insensata: Marsiglia, già porto fiorente, è vicina, e in quel momento era una città potente che avrebbe rischiato di annullare in partenza ogni possibile concorrenza. Ma re Luigi IX aveva bisogno di un luogo in cui la sua autorità fosse indiscussa, prospettiva impossibile a Marsiglia, resa quasi indipendente da solide istituzioni comunali simili a quelle italiane. La scommessa di Luigi funzionò: proprio da Aigues-Mortes sarebbero partite le sue due crociate e la città sarebbe rimasta un porto di importanza commerciale pari a Marsiglia almeno per tutto il XIV secolo.
Luigi IX ci regala spunti di riflessione interessanti sulla santità medievale. Ciò che riuscì ad incarnare davanti agli occhi dei contemporanei rappresentava la grandezza a tutto tondo del monarca ideale. Spietato con gli infedeli e gli eretici ma caritatevole con i deboli, scaltro sullo scacchiere politico ma mai subdolo, capace di portare ordine e pace. Santificarlo a nemmeno trent’anni dalla morte fu solo il culmine del processo che aveva portato alla riammissione della Francia nello scenario europeo come potenza a pieno titolo. Non a caso il Trecento fu il secolo del periodo avignonese per il papato, quello in cui il re di Francia fu, davanti agli occhi di tutti, più potente del successore di Pietro. E nello stesso periodo il Medioevo francese si era finalmente riaffiancato a quello inglese anche nella sfera ideale e simbolica, quella della cavalleria, dei tornei, dell’amor cortese. Molto di tutto questo fu la rendita di ciò che Luigi IX, il santo, il crociato, il burocrate, l’edipico, aveva edificato.
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Per saperne di più:
A. Barbero, Come pensava un uomo del Medioevo? Il cavaliere, evento n. 39 al Festival della Mente di Sarzana, 2011, reperibile online
Jean de Joinville, Histoire de Saint Louis, varie edizioni reperibili online