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Louise Labé
La sposa nel vento, Kokoshka

Louise Labé: «la bella cordaia» che decanta versi erotici

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3 minuti di lettura

Lionnize

Louise Labé nasce a Lione nel 1524, in una benestante famiglia di cordai, motivo per cui viene soprannominata La Belle Cordière, la bella cordaia. È una donna molto colta, parla svariate lingue e dedica particolare attenzione agli studi letterari. S’interessa così alle poesie di alcune poetesse italiane, quali Vittoria Colonna, Veronica Gambara e Gaspara Stampa. In Italia, in quel periodo, aspiranti scrittrici – ispirate dal modello petrarchista – pubblicarono i propri manoscritti, dato che critici ed editori non poterono fare a meno di riconoscerne il valore.

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Ciò non solo incoraggiò le donne letterate francesi a prendere in mano la piuma, scrivere e pubblicare le proprie opere, ma anche gli editori (tra cui Jean I de Tournes, tipografo reale) a promuoverne la pubblicazione.

Louise Labè

Nel 1555 Louise Labé pubblica la sua raccolta di poesie Les Evvres, firmandole con il pleonasmo Lionnoize, fusione del nome della città di Lyon, Lione (o, secondo alcune versioni, del nome Louise) e dell’aggettivo lyonnaise, donna lionese. La città di Lione occupa infatti un ruolo chiave nella sua emancipazione, sociale e letteraria: centro cosmopolita, verso la metà del XVI secolo diventa il fulcro culturale francese, facendo impallidire l’Île-de-France per il suo florido clima letterario, marcato da una visione editoriale progressista, importata d’oltralpe.

Mulier sum, et poète

«Sono donna, e poeta». Louise Labé ci tiene ad essere definita poète, poeta, anziché poètesse, poetessa, ritenendo inopportuna la differenziazione di genere tra letterati.

Louise Labè
Louise Labè, La Bella Cordaia

La vita della Bella Cordaia, donna intelligente, talentuosa, versata nelle arti musicali, cavallerizza esemplare, è un inno alla poesia e alla passione, al gusto di voler vivere a pieno ogni sensazione che la vita ha da offrire. La poetessa, o meglio, la poeta, vanta un cospicuo numero di amanti, che ispirano le sue poesie.

I cardini principali della sua poetica sono il desiderio di unione con il proprio amato, e il profondo sconvolgimento interiore che ne consegue. Passione e amore, nella poetica di Louise Labé, si fondono in un connubio di notevole creazione artistica.

Louise Labé e l’erotismo che sfocia nell’androginismo

Le sue poesie vantano un malizioso erotismo, il che denota uno spirito forte e soprattutto pionieristico, dal punto di vista femminile: in un mondo in cui le donne a malapena avevano una voce fino a quel momento, esplicitare il proprio desiderio sessuale e anzi, renderlo pura poesia, comporta una decisiva svolta nella visione collettiva della donna, nello specifico della donna artista.

Luoise Labé
Mito di Androgino – Platone, Simposio

Sonetto XVIII

Baise m’encor, rebaise-moi et baise;
Donne m’en un de te plus savoureux 
Donne m’en un de te plus amoureux
Je t’en rendrai quatre plus chauds que braise.

Baciami ancora, dammi un altro bacio e baciami
Donami uno dei tuoi baci più succulenti,
Donami uno dei tuoi baci più amorevoli:
Io te ne donerò quattro più ardenti della brace.

(…)

Definire le sue opere semplici poesie erotiche, comunque, sarebbe riduttivo. Il suo erotismo, infatti, non riguarda soltanto i sensi, ma sfocia anche nella sfera spirituale.

Quando scrive, sempre nel sonetto XVIII, «(…) Chacun en soi et en son ami vivra», «ciascuno vivrà in sé stesso e nel suo amato», narra l’unione spirituale conseguente all’unione carnale: i due amanti si fondono fino a costituire un’unica entità. Assorbono la sessualità l’uno dell’altro fino a dar vita ad un’entità androgina: la donna diventa una virile guerriera che desidera possedere il proprio fragile, femmineo uomo; di cui ha assorbito l’essenza. Entrambi perdono la propria identità sessuale e ne acquisiscono una completamente nuova, avviene un vero e proprio estraniamento dall’entità originale, tanto agognato quanto irreversibile, a tratti spaventevole per la sua natura sconvolgente.

Mito di Androgino

I contrasti

Accecante desiderio, rimpianto, gioia, dolore; l’unione di contrasti, la fusione degli opposti, costituisce il fil rouge della poetica di Louise Labé

Sonetto VIII

Je vis, je meurs ; je me brûle et me noie
J’ai chaud extrême en endurant froidure:
La vie m’est et trop molle et trop dure.
J’ai grands ennuis entremêlés de joie.

Vivo, muoio; brucio e annego;
Ho un caldo estremo mentre resisto al gelo:
La vita è troppo fiacca, molle, al contempo aspra e dura.
Provo enorme sconforto misto a gioia.

(…)

La voce di Louise Labé

Lettera a Mademoiselle Clémence de Bourges:

Éstant le tems venu, Madamoiselle, que les severes loix des hommes n’empeschent plus les femmes de s’apliquer aus sciences et disciplines (…) et montrer aus hommes le tort qu’ils nous faisoient en nous privant du bien et de l’honneur qui nous en pouvoir venir (…)

È giunto il momento, Madamoiselle, che le severe leggi degli uomini non impediscano più alle donne di applicarsi alle scienze e alle [relative] discipline (…) e mostrare agli uomini il torto che hanno commesso nei nostri confronti, privandoci del bene e dell’onore che meritiamo (…)

Con queste forti parole, Louise Labé convince i più tradizionalisti letterati dell’epoca e abbatte ogni tentativo di censura misogina: la donna deve poter provare tutto ciò che del mondo la incuriosisce, deve poter cavalcare e fare scherma, come del resto Lionnize faceva. Deve poter scrivere, all’uomo che ama, che desidera ardentemente fare l’amore con lui. Deve avere una voce, e poterla usare; sovrastare il fastidioso ronzio di chi vorrebbe invece che la donna restasse un docile esemplare di essere umano, con l’unico scopo di essere ammirato.

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Arianna Pavan

 


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