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La libertà che guida il popolo

Perché «La libertà che guida il popolo» è un’icona intramontabile

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2 minuti di lettura

Tra le opere simbolo del Romanticismo francese vi è senz’altro La libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix (1798-1863), considerato il primo dipinto politico nella storia della pittura moderna. Protagonista assoluta di questo quadro è Marianne, simbolo della Repubblica francese e qui allegoria della libertà, che sottolinea il legame imprescindibile fra il Paese d’oltralpe e questo valore, prima parola del motto nazionale «Liberté, Égalité, Fraternité».

«La libertà che guida il popolo»: significato e analisi dell’opera

Il quadro, da un punto di vista tecnico un chiaro omaggio alla Zattera della Medusa di Théodore Géricault (1791-1824), ha la particolarità di mostrare una scena fortemente contestualizzata e di lanciare nel contempo un messaggio universale.

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La scena, infatti, si svolge durante le Tre Gloriose Giornate del 1830 (e non durante la Rivoluzione Francese del 1789, come pensano molti erroneamente). A seguito delle forti restrizioni alle libertà individuali volute dall’allora monarca Carlo X, i parigini insorsero, in nome dell’ideale di libertà che aveva caratterizzato la prima rivoluzione e che era stato soffocato dalla Restaurazione.

Intorno a Marianne, seminuda perché libera da qualunque convenzione, riconosciamo persone di ogni strato sociale: la Libertà, infatti, è un valore trasversale, che riguarda tutti, a prescindere dall’estrazione sociale o dal retroterra culturale. Alla destra di Marianne troviamo, con la carabina fra le mani, lo stesso Delacroix. Si potrebbe dire che l’artista sia metaforicamente sceso sul campo di battaglia brandendo i pennelli, e che questo autoritratto lo confermi.

Benché La libertà che guida il popolo risalga all’ormai lontano 1830, si può affermare che si tratta di una vera icona della storia dell’arte, «ritirata fuori» dalle sale del Louvre ogni volta che c’è stato bisogno di ribadire l’importanza vitale della libertà. Nel 2015, per esempio, a seguito dell’attentato alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, il vignettista Plantu ha realizzato questa immagine, chiaramente ispirata all’opera di Delacroix.

La vignetta di Plantu.

Da icona della storia dell’arte, La libertà che guida il popolo è diventato anche un’icona pop, destino che non spetta a molte opere, ma solo a quelle più in grado di emozionare anche a distanza di secoli. Le rivisitazioni in contesti inaspettati non mancano: dall’album Viva la Vida dei Coldplay, all’opera del francese Pierre-Adrien Sollier, che su Instagram mostra le proprie rielaborazioni dei più grandi quadri della Storia, in cui ai personaggi vengono sostituiti omini PlayMobil. Nel XXI secolo, la Libertà ha smesso di guidare il popolo nelle strade, per farlo nel mondo social.

E Marianne? Lei è sempre il simbolo della République, ritrovabile non solo in molti luoghi pubblici d’oltralpe, ma anche… sui francobolli. Si tratta di una figura talmente importante per la cultura francese che ogni Presidente della Repubblica fa emettere dei nuovi francobolli con la sua effigie durante il proprio mandato. L’ultima della serie è Marianne l’Engagée, ovvero l’Impegnata, simbolo di un mondo occidentale in cui prendere posizione su quanto accade intorno a noi è quasi un dovere, visto che in molte aree del mondo un’opinione «sbagliata» può essere ancora pagata con la vita.

La Marianne che troveremo sui francobolli per i prossimi cinque anni è stata realizzata dall’artista franco-inglese Yseult Digan. Nel presentare lo scorso 19 luglio questa nuova raffigurazione dell’eroina della République, il presidente Emmanuel Macron l’ha definita «determinata, energica, radicata nel XXI secolo». Probabilmente, se Delacroix potesse vedere quest’ultima evoluzione della sua Marianne, approverebbe. Cambiano i linguaggi, ma il messaggio lanciato dall’artista romantico quasi 200 anni fa non ha ancora smesso di parlarci.

 


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Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l'impresa e specializzata in Traduzione. Sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Nel 2020 è stato pubblicato il suo romanzo d'esordio, «Noi quattro nel mondo».

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