Spettacoli, film e performance si compongono di tanti dettagli, elementi che contribuiscono a caratterizzare il personaggio, scandire la trama, coinvolgere lo spettatore. I costumi sono un tassello fondamentale nell’ampio mosaico della performance artistica e Lia Morandini lo sa bene. Costumista dalla vastissima esperienza, nella sua lunga carriera ha collaborato con alcuni dei nomi più importanti del cinema italiano, cimentandosi nell’ideazione e nella creazione di costumi di ogni tipo. L’ultimo lavoro di Lia Morandini: i costumi per LA FINE DEL MONDO – Commedia per dinosauri, spettacolo presentato da Giuliano Scabia alla 22° edizione del Festival Inequilibrio.
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L’intervista a Lia Morandini
Lei ha ideato i costumi per lo spettacolo di Giuliano Scabia, i cui protagonisti sono dinosauri. Qual è la difficoltà nell’ideare, per persone, costumi da animali?
Quando Giuliano Scabia mi ha chiesto di collaborare con lui, sono stata entusiasta perché è un grande poeta. Tutte le cose che lui fa non hanno un unico senso: non si parla solo di animali o dinosauri, ma di caratteri, di stati d’animo. Per me il lavoro di costumista consiste nel trovare un segno giusto: spesso parto da un dettaglio, una sciarpa, una calza e poi costruisco il personaggio. Importante, tuttavia, è arrivare sempre a un discorso di sintesi: il lavoro di sintesi, nel cinema come nel teatro, è fondamentale per l’impatto emotivo. Poi ovviamente sono andata a vedermi tutte le immagini dei dinosauri rappresentati nella mitologia, nei film, nei cartoni animati. Inoltre i personaggi della Commedia sono dei caratteri e quindi ho dovuto trovare per ogni dinosauro un impatto immediato che parta magari dal cuore e poi arrivi alla coda.
Qual è stato il costume più difficile da realizzare?
Probabilmente quello del Topetto. Nel mondo fantastico dei dinosauri ci sono tante varietà: chi ha le ali, chi la coda. Per il meteorite invece la difficoltà è stata più che altro trovare il tessuto adatto. Mentre per il Topetto, personaggio destinato poi a diventare l’essere umano, il discorso è stato più complesso.
Qual è il suo rito, se ne ha uno, di ideazione e creazione?
Non ho mai una regola. In questo sono poco razionale, mi lascio andare alle sensazioni. Per esempio quando devo creare costumi per un film, comincio a pensare a un personaggio, poi giro per le strade e mi lascio prendere dalle sensazioni. È come se ci fosse un lavoro subliminale interno. In questo caso il discorso è stato po’ diverso. Ma anche qui non c’è un lavoro propriamente razionale.
Lei ha lavorato sia per il teatro sia per il cinema sia per la televisione. A livello lavorativo ci sono delle differenze?
Assolutamente sì. Io ho lavorato soprattutto per il cinema. Ho fatto poco teatro: non perché lo abbia rifiutato a prescindere, ma semplicemente perché sono strade che si prendono. Diciamo che da alcuni anni il cinema, soprattutto in Italia, ha poco spazio per i costumisti: ci sono meno soldi ed è cambiato il modo di lavorare. Se nel cinema, nel momento in cui costruisci un personaggio, questi ha tante scene e quindi ha un percorso, una storia, dove comunque il lavoro delle sintesi è importante e devi avere la capacità di fare delle scelte, nel teatro il lavoro della sintesi è ancora più grosso.
Lei ha lavorato con grandissimi registi come Monicelli, Moretti, Bellocchio, Argento. Cosa comporta lavorare con registi celebri anche per la loro forte personalità?
Ogni film ha una storia diversa. Ci si incontra con personalità diverse: non solo con registi, ma anche con attori. Col regista nasce un rapporto, un’idea che poi devi portare sul piano degli attori. In questo lavoro hai a che fare con la modifica dell’immagine di una persona, ragion per cui è importante saperci fare. Una cosa che dico sempre, per tutti gli ambiti, è che bisogna conoscere anche un po’ di psicologia. Io mi sento al servizio di un regista, nel senso che metto la mia conoscenza al servizio di un regista: il fine è far nascere un feeling, perché se questo non nasce è molto difficile costruire.
L’intervista è comparsa originariamente sul blog di Armunia, associazione che organizza il Festival Inequilibrio.
Foto di Daniele Laorenza.
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