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«L.H.O.O.Q.» di Marcel Duchamp: la nobile arte di dissacrare l’arte

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Nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, l’artista Marcel Duchamp sceglie una banale cartolina riproducente la Gioconda di Leonardo Da Vinci, una delle opere più universalmente note e oggetto di imperitura venerazione da parte del pubblico, e la dota di un paio di baffi da sparviero e di un simpatico pizzetto, compiendo uno dei gesti più provocatori e iconoclasti della storia dell’arte. Nasce cosi L.H.O.O.Q. di cui l’artista realizzerà nel 1965 una variante senza baffi denominata Rasée L.H.O.O.Q.

«L.H.O.O.Q.» di Marcel Duchamp: analisi dell’opera

L.H.O.O.Q. fa parte della serie dei ready-made, oggetti «già pronti» provenienti dalla quotidianità, sui quali l’artista interviene con piccole modifiche o semplicemente estrapolandoli dal contesto originario, per poi esibirli come opere d’arte, travalicando il confine tra arte e vita.  Attraverso la serie dei ready-made, inaugurata nel 1913 con l’iconica Ruota di bicicletta, adagiata su uno sgabello da cucina, Duchamp scardina e reinventa il concetto di opera d’arte, mettendo in crisi l’idea stessa che sia possibile fornire una definizione univoca e universalmente accettata di arte. 

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Il ready-made, sia semplice che assistito o reciproco, a seconda che l’oggetto sia semplicemente estrapolato dal contesto originario o modificato  o  assuma le funzioni di un altro oggetto (tela di Rembrandt usata come tavola da stiro), pone grandi interrogativi sulla riconoscibilità e oggettualità dell’opera d’arte nel XX secolo, configurandosi come atto radicale di accusa nei confronti di chi ancora giudica l’opera unicamente sulla base del suo valore estetico e sull’abilità della riproduzione tecnica, ignorando il ruolo dell’atto creativo, che è in primis atto mentale e intellettuale.

L.H.O.O.Q
Marcel Duchamp, L.H.O.O.Q, 1919, ready-made, 19.7 x 12,4 cm. Collezione privata, New York

Nel 1919 Duchamp si trova a Parigi per un breve soggiorno, frequenta Francis Picabia e l’ambiente legato al Dada di Zurigo, ed è in questo contesto che realizza l’opera più marcatamente dadaista, L.H.O.O.Q. accentuando il carattere radicale della sua provocazione a dimostrazione che perfino l’arte stessa poteva essere usata come punto di partenza per un ready-made. Il titolo, apparentemente criptico, è in realtà un gioco di parole in pieno spirito dadaista: pronunciato in francese suona come «Elle a chaud au cul», frase che allude a un’eccitazione sessuale. La Gioconda, dunque, potrebbe essere una prostituta dall’insaziabile appetito sessuale, metafora della mercificazione delle arti, oppure un semplice sberleffo nei confronti di un pubblico sempre più anestetizzato che venera passivamente e selettivamente le opere sulla base della loro fama.
«La Gioconda è così universalmente nota e ammirata da tutti che sono stato molto tentato di utilizzarla per dare scandalo. Ho cercato di rendere quei baffi davvero artistici».

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Il critico d’arte Maurizio Calvesi, recentemente scomparso, ha avanzato un’interessante teoria sul significato della Monna Lisa baffuta sulla base della scienza alchemica di cui Duchamp era un grande conoscitore. Calvesi l’ha interpretata come una rivisitazione giocosa del  mito alchemico dell’androgino, figura che riunisce in sé natura femminile e maschile, giocando sul tema della presunta ambiguità sessuale della Gioconda, che, secondo la teoria della ricercatrice americana Lillian Schwartz, non sarebbe altro che un autoritratto di Leonardo stesso in vesti femminili. A sostegno della sua tesi, Calvesi cita una miniatura di Jean Perréal proveniente da un manoscritto alchemico del ‘500, che vede la personificazione dell’Alchimia seduta su un tronco cavo riscaldato da una fiamma, con le mani in una posizione analoga a quella della Gioconda. Da questa miniatura Duchamp avrebbe preso spunto per il buffo titolo.

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Jean Perréal, Nature and the Alchemist, 1516.

A proposito di Marcel Duchamp

Marcel Duchamp, nato nel 1887 a Blainville-Crevon, nei pressi di Rouen (nord della Francia) e morto a Neuilly-sur-Seine nel 1968, l’anno della contestazione studentesca, è stato uno dei grandi pilastri dell’arte del ‘900. I suoi esordi pittorici si muovono nel solco delle grandi avanguardie artistiche di inizio secolo, Cubismo e Futurismo.

Nel 1915 si trasferisce a New York dove ottiene grande fama e, grazie al sostegno di ricchi collezionisti statunitensi, prende la decisione di smettere di dipingere, dedicandosi esclusivamente ai ready-made, alle installazioni e alle performances.

Successivamente si avvicina al Dadaismo, movimento anti-artistico nato a Zurigo nel 1916, che rivendica un assoluto rigetto di norme e convenzioni e di ogni standard artistico.

Nel corso della sua vita Duchamp ha abbracciato varie forme sperimentali di espressione artistica, inventando nuovi pseudonimi e nuove identità, come il celebre alter ego femminile Rrose Sèlavy, in un’operazione pionieristica di riflessione sulla fluidità dell’identità sessuale, anticipando di ben cinquanta anni le riflessioni sulla corporeità della Body Art.

 


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Arianna Trombaccia

Romana, classe 1996, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Storia dell'arte presso l’Università La Sapienza. Appassionata di scrittura creativa, è stata tre volte finalista al Premio letterario Chiara Giovani. Lettrice onnivora e viaggiatrice irrequieta, la sua esistenza è scandita dai film di Woody Allen, dalle canzoni di Francesco Guccini e dalla ricerca di atmosfere gotiche.

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