LGBTQ: una sigla misteriosa e per certi versi ostile per i “non addetti ai lavori”. Un gruppo di lettere spesso fonte di ilarità e di battutine su come al suo interno si stia ramificando un intero alfabeto di difficile definizione e dai confini eccessivamente sottili (o a volte considerate inutili) agli occhi dei più. Superiamo qui volutamente il discorso sulla necessità del definire e del definirsi nelle tante etichette racchiuse nell’acronimo e del frammentare così tante identità: l’acronimo e le numerose definizioni sul tema sono utilissime per comprendere, includere, confrontarsi, sentirsi parte di una comunità e far sì che la comunità diventi parte della società, ma si tratta pur sempre di una “griglia interpretativa” della realtà che, per quanto ricca, risulterà sempre imperfetta data la complessità e la fluidità delle esperienze di vita, non sempre così fisse, immutabili, incasellabili in poche parole.
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La sigla “base”, ovvero LGBT, sta canonicamente per Lesbica, Gay, Bisessuale, Transgender; un acronimo che si afferma negli anni Novanta e che già di per sé indica le diverse sfaccettature di quella che una volta era genericamente chiamata la “comunità gay”, senza troppa attenzione alle molteplici identità e orientamenti ben oltre il semplice “gay vs. etero”. Dall’acronimo base, LGBT, sono derivati acronimi più lunghi e specifici, come LGBTQ+, LGBTQQ, LGBTIQ+, LGBTQIA+ o, soprattutto in ambito estero LGBTQIAP+ o LGBTQQIP2SAA. Acronimi utilizzati a seconda delle scelte specifiche di associazioni, organizzazioni, studiosi e studiose, alleati, simpatizzanti, membri della comunità, e via dicendo.
LGBTQ+: che cosa sono queste lettere e che identità o orientamenti indicano?
Partendo dalle classiche LGBT, come già detto, abbiamo gli aggettivi Lesbiche, ovvero donne attratte sessualmente e/o romanticamente da donne; Gay, cioè uomini attratti sessualmente e/o romanticamente da uomini; Bisessuali, con cui si intende persone attratte sessualmente e/o romanticamente dal proprio e da altro genere e, nel caso dell’acronimo, spesso la B include altre sfumature dell’orientamento, come la pansessualità (P in alcuen sigle), ovvero persone attratte da tutti i generi e oltre il genere; Transgender, ovvero persone che non si identificano con il sesso biologico di nascita e nei modelli sociali e culturali contemporanei legati all’identità di genere e basati sulla dicotomia maschile-femminile; rientrano così in questa “lettera” anche cross-dresser o travestit*, drag-queen, drag-king, transessuali, eccetera. Nel caso del termine Transessuale, una persona transessuale sceglie in modo più specifico di agire sulla modificazione dei caratteri sessuali, sottoponendosi alla Riattribuzione Chirurgica del Sesso.
Qui le cose si complicano perchè, come si vede nelle definizioni appena date, l’acronimo si basa sia sull’orientamento (chi mi piace?) sia sull’identità (chi sono io?), due elementi ben distinti che si riferiscono da un lato all’attrazione sessuale e/o romantica, dall’altro alla percezione dell’identità di genere in relazione al sesso biologico. Quindi, nel caso del sesso biologico si considera l’elemento fisiologico, corporeo; nel caso del genere, ci si riferisce invece al costrutto culturale che attribuisce al maschile e al femminile determinati ruoli e norme sociali che di fisiologico hanno ben poco (la gonna è un indumento femminile, il calcio uno sport da maschi, il rosa è da femmine, le donne sono più sensibili, e altri standard e stereotipi di questo tipo, variabili nel tempo e in culture diverse). Dalla rivalutazione del binomio maschio-femmine, derivano nuovi termini che vanno oltre l’identità cisgender (chi si riconosce nel proprio genere biologico), come agender, ovvero una persona che non sente di appartenere a un determinato genere; gender questioning (Q), chi non vuole o non riesce a definirsi a livello di genere; gender fluid, ovvero persona dall’identità di genere fluida, non etichettabile. Tutte identità, queste, che spesso sono racchiuse nella macrocategoria genderqueer.
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Tornando all’acronimo, nel corso del tempo la sigla LGBT si è ampliata con altri aggettivi per raggiungere una sempre maggiore inclusività: troviamo quindi LGBTQ che include Queer, un termine ombrello molto vasto che racchiude persone che non si riconoscono nel binarismo di genere o, più in generale, nelle norme sessuali, romantiche, identitarie di una data cultura; Intersessuali, persone con caratteri sessuali non definibili come univocamente maschili o femminili; Asessuali, ovvero persone che non provano o provano raramente attrazione fisica, il cui concetto si può accostare a quello di aromanticismo (persone che non provano o provano raramente interesse romantico). La A dell’acronimo è poi a volte utilizzata per indicare gli Alleati e le Alleate, persone che pur non facendo parte delle identità o degli orientamenti sopracitati, si uniscono e supportano la causa LGBTQ+. Alla fine della sigla appare poi spesso il simbolo +: un’ulteriore scelta inclusiva che indica tutte le altre possibili identità/orientamenti non accennate nelle lettere precedentemente scelte.
Per finire, si precisa la differenza tra due termini spesso fonte di equivoci: coming out e outing. Nel primo caso, il coming out consiste nel dichiarare volontariamente e consapevolmente il proprio orientamento o la propria identità di genere; nel secondo caso, outing significa rivelare l’orientamento o identità di un’altra persona senza il suo consenso.
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