Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio è un libro tratto da una serie di lezioni che Italo Calvino preparò nel 1985 in vista di un ciclo di sei lezioni da tenere all’Università di Harvard, nell’àmbito delle prestigiose «Poetry Lectures», tenutesi in onore di Charles Eliot Norton e che il celebre autore italiano era stato invitato a tenere nell’arco di un anno. Il ciclo, previsto per l’autunno dello stesso anno, non si tenne mai a causa della morte di Calvino avvenuta nel settembre 1985. Dalle lezioni si originò un libro pubblicato qualche anno più tardi, nel 1988, che è diventato uno dei libri più importanti, che tratta essenzialmente i prolegomeni per il buon uso della scrittura nel nuovo millennio.
Il titolo Lezioni americane deriva dal modo in cui Pietro Citati, amico intimo di Calvino, aveva l’abitudine di chiamarle, perché questo compendio di suggerimenti offre, a chiunque abbia l’ardito compito di praticare la scrittura, le indicazioni per orientarsi nelle grandi trasformazioni che ha vissuto la lingua e nelle mutazioni che ha visto la letteratura negli ultimi decenni. In ogni lezione Calvino sottolinea la sua predilezione per i testi brevi, immediati, che sappiano orientare il lettore verso una corretta comprensione del testo. Ogni lezione si intitola con un valore della letteratura che, secondo Calvino, deve mantenersi anche nel nuovo modo di «fare scrittura», i fondamenti insomma che dovrebbe avere la nuova letteratura. L’ordine delle lezioni non è casuale, ma segue una gerarchia decrescente: si comincia pertanto dalla caratteristica più importante, la leggerezza, e si procede con la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità e la coerenza (quest’ultima solo abbozzata).
Leggerezza: di fronte alla complessità del mondo, che si carica spesso di elementi negativi e di una drammaticità persistente, Calvino nelle Lezioni americane afferma che il bravo scrittore deve essere capace di una «sottrazione di peso», alleggerendo la struttura del racconto e del linguaggio. Per arrivare dunque al suo pubblico in maniera efficace, il bravo scrittore deve essere in grado di comunicare con leggerezza (al pari della scienza, che utilizza la sua capacità di sintesi per raggiungere con immediatezza), senza apparire ridondante e pesante, senza caricarsi di strutture complesse. La leggerezza (che Calvino è arrivato a considerare «un valore anziché un difetto») si esplica anche attraverso lo stile, grazie all’utilizzo di metafore elaborate per la suggestione verbale che evocano, piuttosto che parlare attraverso la complessità degli avverbi o degli aggettivi scelti.
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Rapidità: affermando che «ogni racconto è un’operazione sulla durata», Calvino suggerisce che l’efficacia narrativa si raggiunge grazie a come vengono raccontate le successioni degli avvenimenti e per come gli eventi narrati si concatenino tra loro nella sequenza narrativa. La trama deve essere in grado di non appassionare il lettore, generando un rapporto tra velocità fisica e mentale. Ma anche lo stile deve essere coinciso, rapido, efficace: saper insomma saltare da un argomento all’altro con agilità e sicurezza. Nella nostra società moderna, in cui tutto si gioca sulla velocità raggiunta, la velocità mentale è dunque un valore imprescindibile, e questo deve esser capace di reverberarsi sulla letteratura senza però farla apparire frivola.
Nella vita pratica il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; in letteratura, il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco: non si tratta d’arrivare prima a un traguardo stabilito; al contrario l’economia di tempo è una buona cosa perché più tempo risparmiamo, più tempo potremo perdere.
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L’esattezza: lo scrittore conquista l’esattezza quando riesce ad avere un disegno definito dell’opera e sa creare immagini vivide e memorabili all’interno di un testo mantenendo un linguaggio icastico: solo così può evitare di cadere nella trappola di un uso approssimativo e frettoloso delle parole. L’esattezza tuttavia non è facile da raggiungere, deve passare per uno sguardo coraggioso che divaga attraverso i dettagli, e il bravo scrittore deve saper utilizzare la parola come un ponte tra ciò che è visibile e ciò che invece può essere solo immaginato. Leopardi era stato in grado di cogliere con grande esattezza l’indefinito con il suo «il naufragar m’è dolce in questo mare», dopo essersi perso nell’infinito. Lo scrittore rischia dunque di essere risucchiato dall’infinitesimale dettaglio, perdendo la visione d’insieme. Il bravo scrittore dunque, per un utilizzo sapiente del linguaggio, deve saper alternare, nelle parole scelte, il fuoco (con la sua agitazione interna) e il cristallo (con la sua razionalità geometrica, composto da tante strutture specifiche) per conferire la completezza del suo sguardo, tradotta con uno stile incisivo, sul mondo.
Visibilità: in questa parte delle Lezioni americane, Calvino ci introduce ai processi immaginativi. Per lui da una parte il processo ha origine dalla parola per arrivare all’immagine visiva, dall’altra, al contrario, parte dall’immagine per completarsi attraverso la parola. Nella lettura solitamente abbiamo il primo processo, ma Calvino ci dice – utilizzando la sua esperienza di scrittore –, che il bravo autore deve saper partire dall’immagine per creare, attraverso le parole, immagini icastiche e vivide nella testa del lettore, ricche di significati e simboli.
[…] nell’ideazione d’un racconto la prima cosa che mi viene alla mente è un’immagine che per qualche ragione mi si presenta come carica di significato, anche se non saprei formulare questo significato in termini discorsivi o concettuali. Appena l’immagine è diventata abbastanza netta nella mia mente, mi metto a svilupparla in una storia, o meglio, sono le immagini stesse che sviluppano le loro potenzialità implicite, il racconto che esse portano dentro di sé. Attorno a ogni immagine ne nascono delle altre, si forma un campo di analogie, di simmetrie, di contrapposizioni.
Nel mondo contemporaneo, dove abbiamo un’inflazione nell’utilizzo di immagini visive ridondanti, il bravo scrittore deve esser quindi capace di riutilizzare le immagini inserendole in un nuovo contesto che ne modifichi il significato, oppure ripartire d’accapo, creando nuove visioni e analogie (come faceva Samuel Beckett).
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Molteplicità: preso dalla smania di rappresentare tutto, il giovane scrittore moderno vuole farsi carico di mostrare al lettore tutte le molteplici relazioni tra gli oggetti. L’autore deve farlo, uscendo però dal proprio io, per riportare al lettore la molteplicità di visioni di cui si è fatto portavoce il nuovo mondo, la nuova idea di conoscenza. D’altronde, Calvino nelle Lezioni americane ci dice che la letteratura può vivere solo ponendosi obiettivi smisurati, perché il compito dello scrittore e del poeta è esattamente questo: saper parlare attraverso diversi livelli, senza farsi cogliere dall’ansia di lasciare fuori qualcosa ma pensando al fine ultimo (si pensi all’enciclopedismo di Gadda o all’incompiutezza di alcune opere di Musil per la sua volontà di esplorare la conoscenza tutta).
[…] chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto piò essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.
L’ultima sezione, quella dedicata alla coerenza, rimase incompiuta. Abbiamo solo il titolo, Opennes, intesa come apertura tra l’uomo e il mondo. In seguito il titolo fu mutato in Cosistency, coerenza. La moglie Esther Judith Singer ricordò come la lezione avrebbe trattato il Bartleby di Melville, precisando che il marito aveva intenzione di scriverla solo dopo essere arrivato a Harvard.
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