L’esperienza spettacolare di Les Misérables a teatro è stata possibile in Italia al Teatro Rossetti di Trieste e al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Lo spettacolo, strutturato come un concerto anche se più dinamico del solito, affascina soprattutto grazie ad alcuni performer e per la presenza dei musicisti dal vivo.
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La grandezza dei moti francesi tra dinamismo…
Les Misérables è conosciuto al grande pubblico non solo appassionato di musical, ma anche da chi ha avuto modo di apprezzarne la versione cinematografica Les Miz del 2012, dove tra gli altri trovavamo Hugh Jackman e Russell Crowe rispettivamente nel ruolo di Jean Valjean e Javert. Grazie al film è possibile avere presente la magnifica location francese, le scene delle sparatorie, la dinamicità un romanzo lunghissimo e complesso, che mette in discussione filosofia, storia e morale. La scelta di averlo fatto tutto cantato, rara nell’ambito delle trasposizioni di musical, non ha penalizzato la pellicola.
Questo probabilmente perché Les Miz, come lo abbreviano in molti, è una storia estremamente dinamica con melodie piacevolissime e momenti di altissima intensità, dove la lacrima è facile e il coinvolgimento è scontato. Quello che manca, purtroppo, in questa versione che abbiamo visto a teatro a Milano, è tuttavia la sospensione dell’incredulità.
… e staticità
Per quanto le canzoni di Les Miz siano potenti, alcuni momenti sono troppo intensi per non richiedere una interazione fra gli attori. Si soffriva di questo già nel filmato del 25esimo anniversario, ma lì grazie alla magia della videocamera è comunque possibile scrutare le espressioni dei performer. Vedere da vicino ogni cosa in un teatro sappiamo bene che è impossibile, e non solo per file lontane, bensì perfino per chi si trova già dalla quinta fila di platea in poi a causa delle luci. Allora se c’è un momento in cui due si innamorano, o discutono oppure ancora quando siamo alle barricate e i colpi di fucile fioccano, è davvero quasi una sofferenza vedere gli attori immobili.
Oppure quando avviene il triste epilogo di un personaggio, non vederlo buttarsi a terra o con un gioco di luci svanire penalizza la sospensione dell’incredulità. Lo sapevamo, certo, quando abbiamo visto che si parla di Arena musical spectacular, sappiamo che non esisterà una scenografia complicata e che gli attori stanno fermi. Tuttavia, questo può farci accontentare di una scena di guerriglia poco dinamica alle barricate, ma perché non favorire l’interazione tra gli attori, banalmente facendoli ogni tanto girare verso i personaggi e non verso il pubblico? È vero, si sopperisce mirabilmente con straordinarie melodie e performance vocali precise, ma l’emotività viene meno.
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Un musical concerto che comunque funziona
Questa ambiguità forse è la scelta sbagliata, di fronte a una produzione che pure si dimostra molto precisa e severa. Anche se si ritarda di un solo minuto dall’inizio, il pubblico è costretto a rimanere fuori i primi dieci minuti, rovinati quindi dall’ingresso di tante persone a dieci minuti dallo spettacolo. Una regola che non sappiamo sia valsa ugualmente al Rossetti, ma è stato così a Milano. Siamo a teatro, ci può stare, ma forse al netto di questa precisione, per una produzione di questo calibro, non sarebbe male anche decidere “da che parte stare”. Se i personaggi sono tali, i performer sono in costume, non è del tutto sbagliata una maggiore interazione.
Al netto di questi difetti, Les Misérables è comunque uno spettacolo che ti coglie e ti prende dall’inizio alla fine. La staticità costituisce paradossalmente un modo per rilassarsi di più e godere di più del senso delle parole e delle canzoni, piuttosto che essere distratti da fotografia sfarzosa o da effetti troppo ricercati.
I performer sono il fiore all’occhiello dello spettacolo: soprattutto Bradley Jaden, che da anni ormai dà prova di grande capacità, è un Javert eccezionale. Problematico e complesso, il personaggio più dinamico che anche in pochi movimenti riesce a costruire la sua storia. Mirabile nella scena del suicidio, dove quando è la proiezione del suo cadere che ci fa capire la sua morte, anche con i movimenti corporei riesce a suggerirla. Senza alcun dubbio, almeno per quanto abbiamo visto noi, il migliore del cast. Quest’ultimo a volte nei momenti più emotivi dello spettacolo non riesce, invece, ad andare oltre il compitino ben eseguito tecnicamente.
Cosa può insegnarci Les Misérables oggi
A questa grandiosità performativa, non può che corrispondere il vantaggio di raccontare una storia immortale che mette in discussione la società dell’epoca ma anche la nostra, vista la sua profonda attualità. The confrontation tra Javert e Valjean e Stars sono due momenti chiave della dicotomia fra morale e legge, di due personaggi che durante i saluti finali, ormai tornati attori, si abbracciano tra gli applausi in modo molto tenero. Sono loro, alla fine, i veri protagonisti di questo concerto: sintetizzano il dilemma al centro della vicenda, che certo è corale, complessa, difficile da ricostruire anche se qui è molto minimal. L’evoluzione dei personaggi viene portata in scena solo e unicamente attraverso le canzoni e in maniera, malgrado la staticità a tratti sia disturbante, comunque molto intensa ed egregia.
Il fatto di vedere a teatro un musical tratto da quest’opera è ancora più funzionale al suo significato: quando i protagonisti cantano Do you hear the people sing? mostrano in musica tutta la straordinaria volontà di cambiare, il sacrificio di giovani idealisti che hanno dato la vita per la giustizia. La bandiera francese, proiettata dai faretti, è l’effetto visivo più gradevole e puntuale usato durante lo spettacolo.
Quello che possiamo imparare dalle lacrime e dalle note di questo musical è la bellezza di credere in qualcosa, sappiamo che in ultima stanza questo qualcosa è proprio la grandezza divina, ma possiamo allargare tale principio e andare ben oltre. La musica, vera protagonista della serata che la valorizza in toto, risuona dentro lo spettatore anche quando tutto finisce, a ricordargli che esistono storie, ma anche spettacoli, senza tempo.
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