La pratica artistica di Loris Cecchini ha come nucleo, da oltre 15 anni, l’elemento modulare. Nella prima fase del suo percorso artistico, realizza sculture, calchi, di oggetti quotidiani in gomma grigia, che hanno la stessa forma dell’oggetto originale ma non la stessa consistenza. In questa seconda fase invece, quella visibile nel progetto espositivo Leaps, gaps and overlapping diagrams (salti, lacune e diagrammi sovrapposti) spezzetta il lato materico, indaga i principi della morfogenesi rispetto lo spazio, un processo che si rinnova ogni volta in quanto si tratta di opere cosiddette site-specific.
Il percorso espositivo
L’esposizione, a cura di Luca Berta e Francesca Giubilei e in collaborazione con Galleria Continua e VeniceArtFactory ha come punto di partenza il portego esterno, in cui sono situate le monumentali installazioni rampicanti, Waterbones e Arborexence. Protagoniste di una intensa interazione con le facciate esterne del palazzo, le opere sono costituite da moduli di acciaio inossidabile e alluminio che proliferano nello spazio ed entrano in contatto con l’elemento storico.
Al primo piano, nel Salone da Ballo sono presenti le grandi opere in resina a stampo con vellutazione di nylon increspata: Otherworldly Winds, red narrative and black narrative (aeolian landforms on zigzag particles) opere che evocano paesaggi desertici e che, alle loro spalle, nascondono le sculture di natura granulare create con fusioni in alluminio, i lavori della serie Zigzags particles. Infine, al secondo piano tra gli affreschi di Giandomenico Tiepolo e le vedute del Canaletto sono presenti ulteriori interventi scultorei modulari, l’opera a parete Wallwave vibration (Chorus Transition Probabilities) e un altro elemento della serie Zigzags.
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Il dialogo di Loris Cecchini con Ca’ Rezzonico
Impiegando i diversi linguaggi dell’architettura, del design e dell’ingegneria per indagare gli spazi intermedi e i processi morfologici, Loris Cecchini dialoga con le collezioni e l’architettura dei tre piani del Museo del Settecento Veneziano. Waterbones e Arborexence si diramano nello spazio: le singole unità in acciaio e alluminio avvolgono con rispetto gli elementi architettonici, fondendosi armoniosamente con essi. Le opere dunque, pensate in loco, vivono in relazione all’ambiente circostante. Questo tipo di approccio è evidente nella stanza in cui è presente un grande telescopio della serie Zigzags rivolto verso Il mondo novo (1791) di Giandomenico Tiepolo. L’affresco, ritrae una scena di folla attorno al casotto della lanterna magica, un’invenzione attraverso la quale il pubblico immaginava di volgere lo sguardo verso il futuro, dando spazio alla fantasia.
In questo modo, Telescope I, puntato verso l’emblematico affresco, rafforza l’idea dell’opera d’arte come strumento capace di infrangere i confini della realtà. Questo rappresenta un ulteriore tipo di interazione che Cecchini tenta di instaurare con il palazzo veneziano. L’arte diventa un gioco di riflessi, un ciclo continuo in cui lo spettatore osserva qualcuno che, a sua volta, guarda, creando un’infinita catena di sguardi. È come quando si guarda in un telescopio. Ammirando i soffitti affrescati da Tiepolo, Guarana, Crosato e Diziani, ricorre il tema della nuvola, che diventa un punto di contatto con i pittori del Settecento. Intesa come unità intermedia e come passaggio tra il reale e il virtuale, nelle opere di Cecchini la nuvola è rappresentata attraverso i punti, quei pallini di polistirolo su cui è stato colato l’alluminio, richiamando l’idea dei pixel nella progettazione digitale.
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Crediti immagine in evidenza: Irene Fanizza