Correva l’anno 1988, Pedro Almodóvar usciva nelle sale con un film destinato a fare la storia del cinema spagnolo, Mujeres al borde de un ataque de nervios, più celebre da noi con il titolo Donne sull’orlo di una crisi di nervi. La ricetta della storia era vincente: il dramma, la crisi, lo sconforto, il tentativo di vendetta, le alleanze insospettabili e poi l’esaurimento, la rassegnazione, l’amara pace ritrovata.
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Con buone probabilità, nelle giornate più calde dell’estate italiana le parole “crisi” e “nervi” stanno risuonando da un po’ di tempo nelle stanze della politica che conta. Il test al governo giallo-verde è arrivato come un fulmine a ciel sereno e persino gli italiani meno attenti alla politica sentono che qualcosa negli equilibri della maggioranza sta cambiando. E i politici? Provano a metterci la faccia, ognuno a modo suo. Matteo Salvini, ministro dell’Interno e figura di spicco del “governo del cambiamento”, attraverserà il Bel Paese con un tour nelle spiagge italiane per incontrare i suoi elettori impegnati in gare di mojito, o simili. Tutto questo mentre il Movimento 5 Stelle di Luigi di Maio arranca perdendo pezzi e il Partito Democratico tenta un’opposizione disperata e poco efficace.
È un’estate caldissima, per l’Italia e per il mondo. Mentre i nostri politici italiani si punzecchiano a colpi di tweet, negli Stati Uniti di Trump e nella Russia di Putin le cose non sembrano andare benissimo e si mostrano le crepe di un sistema mondiale che sta scricchiolando.
La settimana rovente del governo
Se ne parla da un po’ ed è arrivata quella che è stata definita la settimana più calda del governo Lega-5 Stelle. Lunedì 5 agosto il Senato ha approvato in via definita il cosiddetto “decreto sicurezza bis” che (tra le altre cose) prevede regole stringenti sulla gestione dei flussi migratori via mare. Il decreto, da mesi criticato da ONG, attivisti e partiti politici di centro-sinistra, è il trionfo della Lega salviniana, che ha fatto dello “stop invasione” il suo cavallo di battaglia. Ma è qualcosa di più: è forse il momento più basso del Movimento 5 Stelle, il crollo ideologico delle idee iniziali, la perdita di una (tentata) credibilità politica che ad oggi sembra essere sempre più lontana. E lo dimostra anche il voto in Senato sulla TAV che spacca la maggioranza e mette in un angolo le speranze pentastellate di fermare l’opera. È crisi di governo? Forse. Per adesso con le ossa a pezzi c’è il ministro alle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli, fortemente ridimensionato nel suo ruolo da ministro dal “decreto sicurezza bis”, e ora volto di una forza politica che mostra tutte le sue fragilità.
Matteo Salvini rischia una vittoria a metà?
Ma nella lunga estate italiana sembra che non si parli che di Matteo Salvini. Dopo la visita a torso nudo alla discoteca di Milano Marittima Papeete, le moto d’acqua della polizia che scarrozzano il figlio sedicenne e le provocazioni ai giornalisti di Repubblica, il leader del Carroccio annuncia un tour per le spiagge d’Italia, che ai più sospettosi puzza già di campagna elettorale in vista di voto anticipato. È il momento d’oro per la Lega, eppure qualcosa potrebbe far vacillare la super potenza del “Capitano”: il tanto voluto “decreto sicurezza bis” è più problematico del previsto e rischia di violare la convezione di Amburgo sul soccorso marittimo, la convezione ONU di Montego Bay sulla gestione delle acqua territoriali, la convezione di Ginevra, la convezione europea dei diritti dell’uomo e, dulcis in fundo, la Costituzione italiana (secondo l’articolo 10 della nostra Costituzione infatti lo stato italiano è tenuto a rispettare le norme del diritto internazionale e i trattati internazionali).
E in casa PD è caos
La sinistra non sa più che pesci prendere. I parlamentari PD seduti nelle aule sembrano appartenere ad un altro partito rispetto all’attuale dirigenza dem. Da fuori non si capisce bene quale linea si stia tenendo: «Oggi il PD è riuscito a votare a favore del governo (TAV) e poi a chiedere le dimissioni del governo. Capite? Si, no, bho?» ironizzano su Radio Popolare, e non hanno tutti i torti.
Ogni giorno il Partito Democratico vive una non dichiarata lotta interna in cui la dirigenza mette le toppe come può: dai post di Carlo Calenda, alle frecciatine di Matteo Renzi, dalle “gite” di Ivan Scalfarotto alle (doppie) petizioni per far dimettere il ministro dell’Interno. Al segretario dem il premio nervi tesi gli va di diritto. Ma tra una lite e l’altra, Nicola Zingaretti promette “La costituente delle idee” a novembre per rilanciare il partito con nuove proposte concrete, ha commissariato (tra non poche polemiche) il PD siciliano ed ha iniziato una campagna per combattere le fake news sui social. Non basta per recuperare consensi e anche la base fatica.
Tutto il mondo è Paese
Non va meglio fuori dall’Italia. In America si discute il ruolo giocato – pur indirettamente – da Trump nelle gravi sparatorie che hanno colpito lo scorso weekend il Texas e l’Ohio. Nella Russia di Putin si moltiplicano le proteste contro il Presidente: a Mosca sabato 3 agosto, sono state arrestate almeno 600 persone che protestavano contro la decisione della commissione elettorale di escludere dalle prossime elezioni comunali i candidati indipendenti a causa di “vizi di forma”. Precedentemente aveva smosso l’opinione pubblica anche l’arresto di Olga Misik, la diciassettenne che si era seduta a terra, davanti agli agenti in tenuta antisommossa, per leggere la Costituzione russa.
Un’estate di fuoco accompagna le fragilità della politica moderna. E i nostri leader sono lì tra speranza, mani nei capelli e tentativi di rilancio.
Come le donne di Almodóvar, sull’orlo di una crisi di nervi.
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