Paul Gauguin è l’artista che maggiormente ha influenzato l’idea che l’occidente ha di Tahiti: un paradiso terrestre di bellezze naturali, popolato da affascinanti polinesiane dai vestiti sgargianti. Già prima del lungo viaggio, il pittore riuscì a distinguersi dai compagni simbolisti, cercando, insieme al gruppo di Pont Aven, di riscoprire il mondo naturale e rivelarne l’essenza su tela. Senza dubbio, sono i due lunghi viaggi dall’altra parte del mondo gli eventi che maggiormente influenzano le sue opere d’arte. Scrive alla moglie poco prima di partire:
«Possa venire il giorno (e forse verrà presto) in cui fuggirò nei boschi di qualche isola dell’Oceania, a vivere d’estasi, di calma e d’arte, circondato da una nuova famiglia, lontano dalla lotta europea per il denaro. Lì a Tahiti potrò ascoltare, nel silenzio delle belle notti tropicali, la dolce musica sussurrante degli slanci del mio cuore in amorosa armonia con gli esseri misteriosi che mi saranno attorno. Finalmente libero, senza preoccupazioni di denaro, potrò amare, cantare e morire».
Abbandonata la moglie e i cinque figli, Gauguin lascia la civiltà occidentale per tuffarsi nel mondo apparentemente primitivo della Polinesia, un luogo libero e affascinante, così come lo aveva descritto nel XVIII secolo l’esploratore Louis-Antoine de Bougainville. Il pittore trova qui una società lontana dagli ideali europei, ma, al tempo stesso, un mondo in parte già invaso da colonizzatori e missionari religiosi. A Tahiti l’artista non vive certo di castità e sembra trovare l’amore in alcune ragazze molto giovani (intorno ai 13/14 anni), tra cui Teura, una sorta di guida spirituale. Di lei scrive: «È entrata nella mia vita al momento giusto: più presto forse non l’avrei capita e, più tardi, sarebbe stato troppo tardi. Ora sento quanto l’amo e, grazie a lei, penetro finalmente misteri che fino a qui mi restavano ribelli». Se molti sottolineano il lato più romantico di questi amori, bisogna comunque ricordare che l’artista contagiò le sue amanti con la sifilide, malattia che lo uccise a 55 anni.
Il mondo meraviglioso che il pittore trova in Polinesia viene rappresentato nei suoi dipinti con forme e colori che rappresentano un’immersione nel contesto naturale oceanico: Gauguin dimentica la prospettiva e lascia che sia il colore a dare sensazioni, ritrovando così le radici dell’esistenza, l’essenza della vita lontana dalla regole e dalle ideologie europee spesso troppo limitanti. Le tahitiane protagoniste dei dipinti di Gauguin sono spesso donne “selvagge” in contesti totalmente privi di una cornice sociale: i quadri di Gauguin sono un paradiso terrestre di tahitiane silenziose, immerse nei suoni della natura, spesso in coppia, complici o, in alcuni casi, fisicamente vicine ma distanti nei loro sguardi pensierosi. Il paesaggio naturale di Gauguin è misterioso nella sua sensualità, lontano dai canoni occidentali e per questo di grande fascino. In un mondo esclusivamente composto da animali, alberi e onde, la (semi)nudità delle ragazze tahitiane ritratte da Gauguin appare come perfettamente naturale, mai forzata, una scelta in armonia con uno stile di vita privo di vincoli.
Tra le opere realizzate dall’artista in Polinesia, La donna dei manghi è quella che Gauguin considerava la meglio riuscita: «una regina nuda, sdraiata su un tappeto verde, una serva coglie dei frutti, due vecchi, accanto al grosso albero, discutono sull’albero della scienza; fondo di spiaggia; questo leggero schizzo tremolante ve ne darà solo una vaga idea. Credo di non aver mai fatto con i colori una cosa di tanto grave sonorità. Gli alberi sono in fiore, il cane fa la guardia, le due colombe a destra tubano. A che pro inviare questa tela, se ce ne sono tante altre che non si vendono e fanno urlare? Questa farà urlare ancora di più». L’opera rappresenta una ragazza tahitiana distesa sull’erba. La posa è quella classica, che si rifà all’Olympia di Édouard Manet, alla Maya Desnuda di Francisco Goya, alla Venere di Urbino di Tiziano e, soprattutto, a Il riposo di Diana di Lucas Cranach. Eppure, il contesto naturale, oltre ai tratti della protagonista, ci mostra un mondo lontano, diverso. La natura che la circonda, in particolare il serpente avvolto intorno all’albero, fa sembrare la ragazza una primitiva Eva di Tahiti, ma la presenza di tre donne sullo sfondo e di alcuni animali disturbano l’intimità dello spettatore, sedotto dallo sguardo della donna.
Aha oe feii? – Come, sei gelosa? è invece il ritratto realizzato da Gauguin di due donne tahitiane nude, distese su una spiaggia. Nonostante la rivalità espressa nel titolo, il dipinto rappresenta un’atmosfera pacifica: le due ragazze non dialogano, non si osservano, rimangono quiete una al fianco dell’altra. Interessante è l’interpretazione di Silvia Camagni: «Se è veramente questione di gelosia, è difficile comprendere come mai la donna assisa giri il suo sguardo verso l’esterno del quadro, come se abbia sentito la presenza di un intruso. In realtà sembra che la domanda “sei gelosa?” si indirizzi agli spettatori del quadro, che guardano al mondo semplice e sensuale vissuto a Tahiti da Gauguin».
Femme a la mer, dipinto nel 1892 ed esposto l’anno successivo a Parigi, mostra invece una donna seminuda ritratta di schiena, mentre osserva il mare. Intorno a lei dei fiori e dei frutti sembrano rifarsi all’anatomia umana. Anche in questo caso, è possibile trovare dei rimandi classici, come alla figura di Venere, che è però in questo caso completamente reinterpretata.
Se la maggior parte delle donne tahitiane sono ritratte da Gauguin in contesti completamente naturali, con solo dei panni colorati a indicare la loro appartenenza a una società arcaica, alcuni quadri mostrano degli interni semplici, rurali, estremamente diversi dai letti europei su cui sono adagiate fanciulle senza veli. Ne è un esempio Nevermore, un dipinto con un esplicito riferimento all’opera Il corvo di Edgar Allan Poe.
Gauguin lascia poi spazio all’ambiguità di genere, rappresentando in alcuni casi i cosiddetti mahu, il terzo sesso hawaiano: biologicamente uomini, i mahu utilizzano abiti e acconciature femminili, svolgendo lavori tipicamente “da donna”. Un esempio è Tre tahitiani: sulla sinistra, una donna in una veste rossa afferra un frutto e osserva lo spettatore; al centro, un uomo di spalle sembra osservarla; a destra, una persona dai lunghi capelli e il seno sviluppato, ma con tratti decisamente più mascolini rispetto alla ragazza sulla sinistra, potrebbe rappresentare appunto queste antiche figure. La mela rimanda nuovamente a Eva e, di conseguenza, alla cultura europea, mentre il fatto che il ragazzo seduto al centro guardi, e quindi in qualche modo “scelga” la ragazza sulla sinistra riporta all’ideologia binaria dei generi occidentale.
Nei dipinti di Gauguin realizzati a Tahiti, carnale e spirituale si fondono dando vita a un erotismo unico nel suo genere, discreto e onirico, distante eppure contagiato da alcuni elementi europei. Lo spettatore, insieme all’artista, ha modo di immergersi in un paradiso lontano e, per un istante, dimenticare almeno in apparenza le regole e i canoni di bellezza occidentali per ammirare una sensualità primitiva e assolutamente perfetta nella sua fusione con il contesto naturale.