Faber est suae quisque fortunae, ovvero: ogni uomo è artefice del proprio destino. Attribuita al console Appio Claudio Cieco, quest’espressione è giunta fino a noi grazie alla seconda delle Epistulae ad Caesarem senem de re publica di Sallustio. Nei secoli, il significato ha acquisito una sfumatura peculiare, improntata a identificare l’uomo razionale per eccellenza. Un individuo capace di utilizzare il proprio intelletto per adattare la realtà dei fatti alle proprie esigenze.
Da questo impulso, Max Frisch scrive il suo capolavoro: Homo Faber. Un resoconto.
Il protagonista del libro si chiama Walter Faber, è un ingegnere per l’Unesco e fin dalla giovinezza vanta il soprannome di Homo Faber. Convinto di poter calibrare ogni singola reazione in ossequio a un mondo meccanico, infatti, Walter formula in maniera oculata e distaccata tutte le scelte della propria esistenza. Ormai cinquantenne, si definisce soddisfatto del proprio stile di vita: ha un lavoro sicuro e gratificante, nessun legame sentimentale stabile. La razionalità gli conferisce una certa serenità, nonostante il […]
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