Casse di ogni dimensione invadono la grande scatola creata da Claudio Longhi all’interno del Piccolo Teatro di Milano per la rappresentazione de Ho paura torero. Infatti, il direttore ha cambiato radicalmente l’aspetto della sala: nuovi muri accolgono nuove porte che portano in luoghi non visibili, nella realtà della Santiago del 1986.
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Dal particolare…
In una città “di mezza tacca” La Fata dell’angolo (Lino Guanciale) vive nella sua bella casa decorata da arredi pop ed eclettici; l’appartamento è il regno del travestito, ma è sentimentalmente rifugio da un mondo in subbuglio, sia per lei che per il suo amato Carlos (Francesco Centorame). Scintilla della vicenda è la richiesta dello studente di conservare casse di libri in quelle mura piene di un amore che lascia spazio, si sublima in modo da accogliere in sé tutto ciò che il giovane Carlos ha da offrire alla “vecchia” Fata.
Presto si scoprirà che il contenuto delle tante casse non è ciò che Carlos dichiara: infatti il giovane è militante del Fronte Patriottico Manuel Rodríguez. La Fata nel mentre supporta il gruppo di studenti che si riunisce nella sua soffitta e cuce bellezza sulle stoffe che le commissionano. Il piccolo mondo della protagonista è costantemente minacciato dalle interferenze della Radio (Michele Dell’Utri) che riportano notizie dal mondo di fuori, governato da Pinochet.
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…al generale
La cornice del quadro d’amore è quella della dittatura del generale Pinochet. Le strade sono abitate dalle proteste, dagli studenti che organizzano l’attentato al dittatore, poi fallito. La Fata non si vuole lasciar coinvolgere dalle proteste, eppure l’amore la porta a sposare la causa, tanto da arrivare a protestare accanto ad altre donne per la causa dei desaparecidos.
Eppure, il generale sulla scena (Mario Pirrello) vive in un piccolo mondo tale e quale a quello della Fata, circondato dal suo entourage e affiancato dalla moglie Doña Lucìa (Arianna Scommegna). La vita dell’uomo (perché di un semplice tale si tratta) è tormentata dagli incubi, ingolfata di impegni e ancor di più segnata dalle sue stesse manie di persecuzione, anche e soprattutto da parte degli omosessuali.
La storia popolare
Claudio Longhi crea un simbolo molto potente già dal primo monologo della Fata: mentre elenca le persone che abitano la sua vita, come la signora dell’emporio (Diana Manea) e la vicina (Giulia Trivero), sullo sfondo appaiono foto dei protagonisti reali della dittatura cilena. I nomi di personaggi popolari, semplici accanto a tali immagini, indicano quanto siano importanti le persone comuni in questa storia.
Il romanzo di Pedro Lemebel racconta una storia privata per raccontare la storia di un paese: una perfetta traccia per una trasposizione teatrale.
Come il Teatro fa
Ho paura torero è dunque il perfetto esempio di come funziona il teatro: si racconta una storia “piccola” per raccontarne una grande, quasi ingombrante della storia umana. Non si vedranno mai i grandi avvenimenti della storia come li si studia, oppure come li si potrebbe inquadrare per un film. In teatro tutto è ad altezza d’uomo.
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La regia è un fantasma che guida la grandissima macchina dello spettacolo. Molte scelte registiche sono chiare ed evidenti come la già citata scena delle fotografie legate ai “nomi comuni”, oppure la distanza posta tra Carlos e La Fata nella scena che racconta il massimo contatto che i due abbiano mai avuto. Altre scelte, invece, sono più sottili, più pragmatiche, e danno all’intero quadro la sua giusta armonia. Claudio Longhi ha costruito il suo spettacolo creando una vera e propria macchina da scrivere, con tutte le sue componenti a incastro, per far vivere la storia di Lemebel.
Sicuramente l’altro pilastro portante è il testo curato anche dallo stesso Lino Guanciale in qualità di drammaturgo. La prima sostanziale caratteristica della messa in scena sta nell’importanza data alla scrittura, tanto da restituirla in terza persona, come se si stesse effettivamente leggendo il libro. La seconda è quanto, nonostante ciò, gli attori siano in grado di dare la giusta inflessione emotiva alle singole parole.
Per imparare
La numerosa presenza di studenti deve essere la principale soddisfazione per il Piccolo Teatro di Milano, perché dimostra come il teatro possa essere ancora un importante strumento di informazione e formazione emotiva. La possibilità di conoscere la storia “dal vivo” permette di imparare attraverso le emozioni, non necessariamente empatizzando coi protagonisti, ma almeno creando un legame emotivo con l’informazione ricevuta.
Ho paura torero non solo racconta in modo facilmente fruibile la questione della dittatura di Pinochet, ma è anche uno spettacolo ottimo per introdurre (e introdursi) all’abitudine di andare a teatro. La messa in scena è infatti scorrevole, chiara e con il giusto equilibrio tra ironia e drammaticità; nemmeno la sua lunghezza (quasi tre ore) è un ostacolo, perché la trama prosegue fluida e attraente con un ritmo incalzante ma che, allo stesso tempo, dà spazio allo spettatore per ambientarsi.
Ho paura torero è uno spettacolo democratico, nel perfetto spirito contrario alla dittatura.
Ho Paura torero
di Pedro Lamebel
11 Gennaio – 11 Febbraio al Piccolo Teatro Grassi di Milano
regia Claudio Longhi
con Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero
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