Anticipando di quasi tre secoli la pennellata e la trama pittorica cézanniana, e ancora prefigurando le accensioni luministiche e gestuali dell’Espressionismo, il pittore spagnolo di origini elleniche Domenikòs Theotokòpoulos detto El Greco firma tra 1609 e 1614 uno dei suoi più grandi capolavori: La visione dell’Apocalisse.
L’opera faceva parte delle decorazioni dell’altare dell’Ospedale di San Juan Bautista , meglio noto come Tavera. Il 16 novembre 1608 l’amministratore Pedro Salazar de Mendoza affidò all’artista il “decoro” dell’altare maggiore e dei due altari laterali, senza precisare né il soggetto né il numero dei dipinti ma solo il termine della consegna entro i cinque anni. Alla morte del Greco nel 1614 le tele non risultarono ancora consegnate.
L’iconografia è ispirata al passo dell’Apocalisse di Giovanni. Nel quadro, in basso a sinistra, in primo piano, si trova il santo inginocchiato. Il terrore del volto viene amplificato dal tremore delle vesti e della tessitura visiva dell’intera scena che fa da enorme cassa di risonanza dell’inquietudine che divora il santo. Originale, inoltre, il taglio del dipinto con il santo affacciato verso lo spettatore come su una quinta di teatro che lascia vedere l’azione svolgersi sulla scena.
I tre nudi dai colori lividi che fanno capolino nello sfondo precorrono le bagnanti di Cézanne. Il drappo verde che domina quasi un quarto dell’intero dipinto sembra frutto del “martirio pittorico” a cui Kokoschka sottoponeva la materia: ecco l’apice di modernità raggiunta da El Greco, un autentico genio seicentesco la cui arte è davvero capace di sfidare il tempo racchiudendo e dominando questo stesso in una sintesi estrema. Il pittore appare allo stesso tempo moderno e arcaico: da una parte prefigura le avanguardie storiche del ‘900, dall’altra recupera l’eroismo mistico delle figure convulsamente contorte degli eroi michelangioleschi e la preziosità cromatica dell’icona sacra.
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