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Come Lady Oscar ha sfidato gli stereotipi di genere

Lady Oscar supera l'identità prima biologica e sociale, scegliendo di essere semplicemente se stessa

4 minuti di lettura

Il 14 luglio 1789 per molti è unicamente la data della Presa della Bastiglia, l’anniversario di quella che è nota come Rivoluzione francese. Per chi è fan di anime e manga, fin da piccolo, forse, questa data corrisponde anche a qualcos’altro: l’anniversario della morte di Oscar François de Jarjayes, protagonista di Lady Oscar.

La figura così iconica di questo personaggio ha portato Max&Co. a dedicarvi di recente un’intera collezione, che comprende t-shirt e felpe ed è stata un vero successo. Cosa rende Lady Oscar così rivoluzionaria?

Contro gli stereotipi di genere: Lady Oscar, una donna educata come un maschio

Tutti conoscono la trama della serie manga e anime che in originale si chiama Le rose di Versailles. La storia creata da Riyoko Ikeda racconta di un nobile francese che, quando non riesce ad avere un figlio, un maschio, decide di educare l’ultima bimba che gli è nata come fosse un uomo. Oscar porta quindi un nome maschile, vestiti maschili, è perfettamente e pienamente educata come un uomo.

Il manga è uscito in Giappone negli anni Settanta, quindi in un’epoca ancora vergine a dibattiti sul gender, un’epoca in cui ancora non si “problematizzava” la questione di genere e il problema dei “bambini che giocano con le macchinine e a calcetto” e le “bambine che giocano con le barbie”, per usare un paragone alquanto anacronistico. Eppure, il manga crea un’eroina che incarna appieno problematiche di un’attualità disarmante. Oscar è stata educata come un uomo e quindi come tale gode di privilegi che altre donne non hanno, ma allo stesso tempo sperimenta la sofferenza della confusione dell’identità.

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Ma Oscar nella sua confusione trionfa, anche quando si mette in discussione, anche e soprattutto quando comprende come e se deve essere se stessa. Di Lady Oscar non sembra importare mai, minimamente, se alla fine si sentirà uomo o donna, quanto il suo carattere, la sua personalità, tutti aspetti che riguardano la sua unicità e fuggono da stereotipi e etichette.

Oscar è la sofferenza di essere se stessi

«Aspetta, devo parlarti… Dal momento che ho deciso di vivere come un uomo, volevo dirti che non intendo più continuare ad avere il tuo aiuto, André. Vedi, io ancora non so quale sarà il mio prossimo incarico, ma appena lascerò la guardia reale, credo che non avrò più alcun bisogno di te. Devo imparare a vivere senza appoggiarmi a nessuno. Buonanotte, André».

«Anche io ti devo dire una cosa: una rosa è una rosa, anche se essa sia bianca o rossa. Una rosa non sarà mai un lillà, Oscar».

Una delle scene più famose dell’anime vede Oscar affermare di voler ritrovare la sua identità di uomo, come quando da bambina era convinta di essere un maschio. Questa intenzione si palesa quando viene respinta dal primo uomo che abbia mai amato, e viene esposta ad André. Questi è il suo migliore amico, è cresciuta con lui, che ne è sempre stato segretamente innamorato, fedele fino alla fine.

La risposta che le dà è per Oscar una verità tremenda: «Una rosa non potrà mai essere un lillà». Ovvero, sei nata donna, devi conviverci. La scena cruenta culmina con una violenza improvvisa di André, che quasi per provarle di essere donna, la spoglia. La convinzione di André è che ella sia donna per il fatto che egli la ama in quanto tale.

Ti prego, perdonami, Oscar. Giuro su Dio che non ti farò mai più una cosa come questa. Una rosa non potrà mai essere un lillà. Ascolta, Oscar: non potrai mai cancellare di essere nata donna. Per vent’anni ho vissuto con te e ho provato dell’affetto per te… solo per te. Io ti amo, Oscar… Credo di averti sempre amato.

Il punto focale dell’evoluzione del personaggio risulta, tuttavia, ben diverso: non conta che io mi senta uomo o donna – che cosa significa poi, questa differenza? – quanto che io affermi chi voglio essere. Allora Oscar si fa strada anche nell’esercito, in un ruolo meno semplice rispetto al precedente, come guarda del corpo della Regina Maria Antonietta, in quanto non la collega direttamente a donne, ma la mette in relazione con altri uomini. Uomini che deve comandare, che si sentono superiori in quanto nati maschi. Invece, lei, da donna, riesce a imporre la propria autorità con la forza d’animo che la contraddistingue.

La sofferenza di essere chi è va oltre l’identità prima biologica e soprattutto sociale che la vorrebbe in secondo piano. Quando il padre, pentito della sua decisione di educarla come uomo, desidera che ella trovi uno sposo, Oscar sguaina la spada, si presenta agli incontri con gli spasimanti in uniforme. Grida al mondo non sono uomo o sono donna, bensì sono me stessa.

La costruzione del sé attraverso il corpo

Lady Oscar rivela quanto profondamente al corpo siano legate anche le più profonde idiosincrasie umane. Nel momento in cui, per la prima e unica volta, veste i panni di una donna per cercare di conquistare l’uomo che ama, entrano in gioco dinamiche complesse che ne confondono la psiche. E l’unico che davvero saprà amarla è proprio quello che l’ha conosciuta nei panni “sociali” di un uomo, fin dall’inizio. L’unione finale fra Oscar e André non la legittima, come spesso accade, come “più donna” in quanto finalmente scopre l’amore e l’approccio sessuale con un uomo, ma come persona completa e amata in senso assoluto, al di là dei generi.

Nel manga, specialmente, la crisi interiore che la attanaglia si manifesta con rapporti di amicizia con altre donne sostanzialmente ambigui. Perché Oscar esercita un fascino che va oltre il corpo, eppure dal corpo dipende. Oscar è bellissima, per le dame di Maria Antonietta, “bellissimo”, per Rosalie, la ragazza che aiuta a un certo punto, è una guida ma anche quasi uno spasimante.

Il mio nome è Oscar Francois, ora io non ho più né grado né titolo. Ordinate ai vostri uomini di ritirarsi principe di Lapesse, altrimenti ordino ai miei di aprire il fuoco. […]

Io ho deciso di rinunciare al mio titolo e di combattere insieme al popolo per la libertà.

Come quando rinuncia al suo titolo nobiliare per essere coerente con i propri valori e combattere con il popolo, allo stesso tempo non sottostà né mai vuole sottostare all’imposizione di un’etichetta, all’idea che da un semplice corpo possano derivare doveri e caratteristiche. Oscar è ciò che è e, quando combattendo si spegne, di lei nessuno ricorda una donna che si veste da uomo, una donna che combatte, un uomo che però è donna. Ricordano solamente la grande forza che la caratterizza.

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Silvia Argento

Nata ad Agrigento nel 1997, ha conseguito una laurea triennale in Lettere Moderne, una magistrale in Filologia Moderna e Italianistica e una seconda magistrale in Editoria e scrittura con lode. È docente di letteratura italiana e latina, scrittrice e redattrice per vari siti di divulgazione culturale e critica musicale. È autrice di due saggi dal titolo "Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l'estetica del quotidiano" e "La fedeltà disattesa" e della raccolta di racconti "Dipinti, brevi storie di fragilità"

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