Questo potrebbe essere un articolo di storia come tanti altri, ma non lo è. La scelta di raccontare, per sommi capi, il percorso di vita di una tra le più sacre reliquie cristiane risulta oggi un’esigenza dettata da curiose circostanze. Fatti a noi contemporanei, tradizioni millenarie e cerimonie, sono pronti a rievocarci suggestioni antiche. L’8 settembre 2022 la regina d’Inghilterra, Elisabetta II, si è spenta. A succederle, sul trono del Regno Unito, Carlo III del quale si prepara l’incoronazione.
A suggerire il tema di questo articolo, la cosiddetta “vera croce” – la presunta reliquia della croce sulla quale morì Gesù e che scopriremo non essere poi una soltanto – è stata una notizia apparsa sui principali quotidiano alcuni giorni fa. Per l’incoronazione di re Carlo III d’Inghilterra, il pontefice Francesco ha donato proprio due frammenti di quel legno d’ulivo custodito in Vaticano e appartenuto (si ritiene) alla croce di Cristo.
Il fatto (non per tutti, ma certamente per gli appassionati di storia e ancor di più di Medioevo) è assai curioso, suggestivo e simbolicamente rilevante. Nella storia della Chiesa e dell’Europa cristiana i pontefici hanno quasi sempre avallato le incoronazioni dei sovrani infondendo elementi di spiritualità e di religiosità alle cerimonie, ponendo essi stessi le corone in testa ai re. Questi ultimi (sempre se i pontefici in questione non davano troppo fastidio) erano ben lieti di ricevere la ratifica del loro potere dalla Chiesa, che ne confermava agli occhi dei sudditi l’origine divina: sovrani per volere di Dio e quindi rappresentanti in terra della giustizia divina.
Siamo nel 2023, certo, ma un dono come quello di Papa Francesco ipoteticamente proiettato nell’XI o nel XII secolo avrebbe avuto un significato importante e una rilevanza, anche in termini di propaganda, non indifferente. Il Papa che dona per la cerimonia di incoronazione di un re le schegge della croce di Cristo. La valenza non è del tutto la stessa.
La Chiesa anglicana nel Medioevo non esisteva ancora e i papi certamente non avrebbero avallato l’incoronazione di un sovrano non cattolico e sottomesso a Roma. Oggi quel dono può assumere piuttosto un senso di amicizia e vicinanza pur nella diversità, almeno gerarchica. Ma qual è la storia di queste schegge di legno? Quante “vere croci” esistono?
Leggi anche:
Dieci leggende medievali
Flavia Giulia Elena e la leggenda del ritrovamento
Secondo alcune versioni storiografiche, la preziosa reliquia della “vera croce” o presunta tale (manterremo per ovvi motivi un legittimo dubbio dal punto di vista squisitamente scientifico e archeologico) sarebbe stata rinvenuta dalla madre dell’imperatore Costantino, Flavia Elena Giulia, intorno al 327-328 d.C. a Gerusalemme. La reliquia sarebbe in seguito stata divisa in parti tra Gerusalemme stessa, Costantinopoli e Roma.
I riferimenti scritti al ritrovamento sono diversi, anche se non identici. Eusebio di Cesarea ci riferisce della scoperta della presunta tomba di Gesù ad opera di Costantino, che affidò l’incarico del recupero al vescovo Macario. Il primo testo che cita però direttamente anche la croce in legno sono le Catechesi di Cirillo, databili intorno al 350 d.C. Stando a Socrate Scolastico, invece, sarebbero stati rinvenuti in quell’occasione anche i chiodi della crocifissione, che finirono poi inseriti nell’elmo dell’imperatore.
C’è da dire che sia sulle leggende dei frammenti di legno della croce, sia su quelle dei chiodi, le strade diventano infinite. Di reliquie presumibilmente derivanti dalla croce o di chiodi della croce stessa sono piene le abbazie medievali, le chiese, molte cattedrali italiane e francesi, duomi, cappelle, monasteri di mezza Europa. Appare evidente che anche qualora fossero stati effettivamente scoperti i resti autentici della vera croce, non tutte le reliquie esistenti sarebbero autentiche.
Giovanni Calvino, già nella prima età moderna, scriveva critico a tal proposito nel suo Traité des reliques: «Non c’è un’abbazia così povera da non averne un esemplare […] se tutti i pezzi ritrovati fossero raccolti, formerebbero un grande carico di nave». Le reliquie, infatti, specialmente nel Medioevo, erano fonte di potere, simbolico ma anche reale, erano fonte di guadagni, di offerte, di pellegrinaggi presso le abbazie e i conventi. In una tale atmosfera è ovvio che i falsi aumentassero a dismisura e che di reliquie ne apparissero sempre nuove dalla sera alla mattina e senza neanche scomodarsi in Terra Santa.
Lo scrigno viene aperto e il legno viene preso […] quando viene messo sul tavolo il vescovo mantiene le estremità, mentre i diaconi attorno lo sorvegliano. È tradizione che le persone, sia i fedeli che i catecumeni, vengano uno alla volta, inginocchiandosi davanti al tavolo, per poi baciare il sacro legno e allontanarsi […] Quando hanno baciato la Croce e si sono allontanati, un diacono regge l’anello di Salomone e il corno cui venivano consacrati i re.
Descrizione della cerimonia di venerazione del legno della Croce effettuata a Gerusalemme, contenuta nell’Itinerarium Egeriae, del 380 d.C.
Trafugata due volte: i persiani, il ritorno con Eraclio e la mano di Saladino
La reliquia rinvenuta da Flavia Giulia Elena, gelosamente conservata (almeno in parte) a Gerusalemme, fu trafugata una prima volta nel 614 d.C., quando le truppe persiane di Cosroe II attaccarono con veemenza i territori bizantini. Gli attacchi anticristiani e antibizantini di Gerusalemme perpetrati dai persiani avevano trovato l’appoggio anche di alcuni dissidenti, soprattutto ebrei locali. Alla fine l’imperatore bizantino Eraclio riuscì a farsi ridare indietro la reliquia della croce.
Eraclio finisce per stringere rapporti anche con Shahrbaraz, generale responsabile dell’assedio di Gerusalemme, poiché lo salva da una tentata uccisione ad opera dello stesso Cosroe. La figlia del generale, di nome Nike, probabilmente finì per sposare il figlio di Eraclio.
E per l’assedio di Gerusalemme, nel quale fu trafugata la croce e furono sterminati migliaia di civili, si finiranno per punire solo gli ebrei, invece dei nemici persiani, artefici effettivi dei massacri. Eraclio farà esiliare da Gerusalemme i cittadini giudei. La “vera croce” rientrerà prima a Costantinopoli e poi ancora a Gerusalemme nel 630 d.C.
Riemersa dagli anfratti di Gerusalemme nel 1099, durante la prima crociata, la reliquia sarebbe stata rubata una seconda volta da mano nemica, nel 1187. La mano era di Saladino. Come si usava, infatti, il pezzo di legno della croce sarebbe stato portato dai crociati in battaglia, precisamente in quella di Hattin, che per le forze cristiane ebbe un esito devastante. Lo scontro premiò i musulmani di Saladino e numerosi cavalieri Templari e di Malta furono catturati e massacrati.
Leggi anche:
Colombano: il santo “europeo” in viaggio nel Medioevo
Dal Medioevo all’attualità: i frammenti per Carlo III
Ora contestualizziamo. Quando si parla di reliquie certamente il tema è spigoloso, ma non per questo trascurabile. Al di là della fede, che in questo caso stabilisce almeno il valore spirituale, religioso e simbolico degli oggetti, risulta difficile e improbabile credere che tutti gli infiniti frammenti della presunta “vera croce” esistenti al mondo possano effettivamente arrivare dalla croce che vide Gesù (il personaggio storico realmente esistito) crocifisso dai romani. Sarebbe difficile, come dicevamo in precedenza, anche qualora la croce autentica fosse stata effettivamente ritrovata in età costantiniana.
Intorno al 350 d.C. erano passati già oltre tre secoli dai fatti della crocifissione e come ben sappiamo il legno è un materiale archeologicamente fragilissimo e difficilissimo da recuperare e da studiare dopo secoli salvo straordinarie condizioni di conservazione. Questo va detto chiaramente a scanso di facili suggestioni e ovviamente al di là dei discorsi di fede o di spiritualità. Quelli sono altro conto e seguono altre logiche.
Tornando all’attualità, dunque, il dono di Papa Francesco al nuovo sovrano d’Inghilterra va certamente inteso sotto queste altre logiche, più spirituali e simboliche diciamo, che effettivamente fondate su elementi di scientificità, di concretezza e di analisi. Un po’ come per tutte le reliquie in fondo! La Sindone di Torino, le spine della corona, le vesti dei santi: si può credere o non credere. L’importante è l’effetto che hanno sui fedeli, il valore simbolico. Per i cristiani questo conta più di qualunque cosa, anche se per noi storici può non essere così. Ma gli obiettivi, capirete bene, sono diversi e anche i contesti.
Siamo profondamente commossi e grati a Papa Francesco per questo dono straordinario. Riflette la forza del rapporto tra il Vaticano e la Gran Bretagna che si è sviluppato nel corso del regno di Sua Maestà la Regina Elisabetta, che ha incontrato cinque Papi!
Così ha dichiarato alla stampa italiana l’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, Chris Trott, proprio nei giorni scorsi. I frammenti lignei donati da Papa Francesco, in base a quanto si apprende, sono di uno e di cinque centimetri, disposti a formare una croce a loro volta.
Figlia di Coel Hen? L’antico leggendario legame britannico di Flavia Elena Giulia
Concludiamo questo viaggio sulle tracce della reliquia della “vera croce” con una suggestione particolarissima. I frammenti spediti ora da Papa Francesco a Carlo III giungono nel Regno Unito, pronti ad andare in processione verso l’abbazia di Westminster a maggio. Ma c’è una leggenda, un sottile filo rosso, certamente mitologico, certo, ma quantomai affascinante, che lega la presunta scopritrice della reliquia, la madre di Costantino, proprio all’isola britannica.
La storia si è diffusa soprattutto a opera di Goffredo di Monmouth, erudito britannico medievale del XII secolo, secondo il cui racconto in realtà Flavia Elena Giulia sarebbe stata figlia di un re della Britannia, Coel Hen di Camulodunum, presso l’attuale Colchester, presunto alleato di Costanzo Cloro, tramite il quale sarebbe giunta nell’orbita imperiale romana. Ovviamente questa leggenda non presenta alcun riscontro storicamente concreto e perciò tale rimane.
Flavia Elena Giulia finì per essere santificata dalla Chiesa, ma è probabile che Goffredo di Monmouth proprio per questo l’abbia confusa con un’altra Elen, anche lei santa ma della tradizione celtica, vissuta intorno al IV secolo d.C., Elen Lwyddog. Poca storia e molto mito, insomma. Ma è curioso che la suggestiva leggenda dei frammenti lignei di una croce scoperta a Gerusalemme s’incontri nel Regno Unito con le leggende che ruotano intorno a colei che per tradizione ne rimane la scopritrice: la madre del primo imperatore che si dichiarò cristiano e che cristiano fece anche l’impero.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!
RIFERIMENTI
- Furio Cappelli, La vera croce e la guerra dei mondi, in “Medioevo”, anno 17, n°9, pp. 1-8
- Miriam Rita Tessera, Il sogno del re Amalrico di Gerusalemme, Bernardo di Clairvaux e la reliquia della vera croce, in “Aevum”, 87, 2013, fasc.2, pp. 343-370
- Chiara Mercuri, La vera croce. Storia e leggenda dal Golgota a Roma, Laterza
- Charles Freeman, Sacre reliquie, Einaudi
- Georg Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, Einaudi
- Alain Demurger, I Templari, Garzanti, pp.165-178
- Wikipedia – Vera Croce
- Wikipedia – Flavia Giulia Elena
- Wikipedia – Elen Lwyddog