Una profonda ossessione per la guerra: questo è quello che muove il protagonista del nuovo romanzo di Claudio Magris, Non luogo a procedere. La sua figura si ispira a quella di un uomo veramente esistito, il professor Diego de Henriquez, in bilico tra l’orrore per la guerra e il fascino che questa inevitabilmente suscita sugli uomini. Morì, come il protagonista del libro, in un rogo che si sospettò doloso nel 1974; l’inchiesta che vi seguì si risolse in un nulla di fatto. A quasi un mese dalla sua pubblicazione è stato proprio l’autore a raccontarsi e raccontare la storia di questo suo romanzo nell’evento di chiusura di Bookcity Milano 2015.
Il libro è iniziato con un’approfondita ricerca che ha impegnato Magris per molti anni; fino a quando si è imbattuto in lui, Diego de Henriquez, e ha deciso di farne il suo protagonista. Perché per Claudio Magris scrivere un romanzo significa principalmente prendere un personaggio realmente esistito e, gradualmente, farlo proprio. Nasce così la figura del professore senza nome con il progetto folle e ambizioso di costruire un Museo della Guerra, in cui esporre gli oggetti collezionati durante tutta la sua vita: elmetti, armi, divise militari, perfino sottomarini. L’ossessione per la guerra nasce nel protagonista da un’unica convinzione: che la guerra vada eliminata per sempre. E l’unica cosa che può renderlo possibile è giocare alla guerra come fanno i bambini, che la conoscono perfettamente ma non penserebbero mai di farla diventare reale.
L’ossessione del professore lo spinge al punto da scrivere alcuni taccuini molto pericolosi, pieni delle testimonianze lasciate dai deportati della Risiera, una fabbrica di riso adibita a forno crematorio – l’unico esistito in Italia – che funzionò tra il 1943 e il 1945. Quelle scritte furono cancellate da una mano di calce bianca dopo la fine della guerra, insieme ai nomi di chi si rese colpevole di quegli orrori e, soprattutto, di chi non fu colpevole, ma nemmeno vi si oppose. Forse proprio quei taccuini, così scomodi per molti, sono stati la causa della morte del protagonista?
Accanto alla figura del professore si definisce, in modo quasi antitetico (a cominciare dal fatto che non è realmente vissuta), quella della protagonista femminile Luisa. Magris la definisce «figlia di due esili», perché nata da un’ebrea triestina sopravvissuta alla Shoah e da un sergente afroamericano. A Luisa, assistente del professore, spetta il compito di portare avanti il progetto del museo dopo la morte del suo ideatore; ma a poco a poco la sua visione della storia, la storia stessa della sua vita, finiscono per sostituirsi a quelle del protagonista, tanto che diventa lei stessa protagonista del romanzo.
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C’è poi un terzo protagonista: il museo stesso. Il percorso delle sale che Luisa progetta è fatto di oggetti che raccontano la loro storia – l’autore lo definisce «una Lampada di Aladino, da cui escono vite e storie». Così, tra gli episodi della vita del professore e di Luisa, si intrecciano altre vicende: prende così forma, ad esempio, lo splendido episodio delle celebrazioni per il compleanno del Führer, il 20 aprile 1945 al Castello di Miramare a Trieste, quando le più alte autorità delle SS si trovano, in attesa della fine che sta per arrivare, quasi sospesi nel tempo. Ed emergono anche personaggi forse un po’ dimenticati della nostra storia, come Ercole Miani, capo della resistenza anti-fascista a Trieste: torturato dal vicecommissario Gaetano Collotti, rifiutò la Medaglia d’Oro dopo che lo Stato, quasi come se nulla fosse, ne aveva accordata una anche alla memoria del suo torturatore.
Tutta la Storia Umana è un raschiamento della coscienza e soprattutto della coscienza di ciò che sparisce, di ciò che è sparito. Se qualcuno o qualcosa manca, fa male, e allora, dopo averlo tolto di mezzo – talora anche piuttosto per le spicce, come la Risiera – si tolgono di mezzo pure la coscienza e la memoria di averlo fatto. La Storia, la società, le società sono maestre di neurochirurgia e stanno facendo rapidi progressi.
L’episodio di Ercole Miani è emblematico del messaggio profondo di questo romanzo. È importante, afferma Magris, rendersi conto di quanto sia difficile sconfiggere la guerra: non è sufficiente affidarsi alla memoria della storia, perché molto spesso essa non rende giustizia a tutte le vittime. La tentazione di cancellare gli episodi imbarazzanti dalla memoria è troppo forte e spesso la storia si trasforma in una “discarica che viene manipolata”, fatta solo di risentimenti e vendette e poco di giustizia.
Ed è qui che può intervenire lo scrittore. A differenza dello storico, che deve attenersi rigorosamente ai fatti e ai documenti, lo scrittore può inventare: l’invenzione, diceva Mark Twain, è più bizzarra della realtà stessa. Grazie ad essa lo scrittore può rendere giustizia alle vittime dimenticate della storia, se non ricostruendone nei particolari la loro vita almeno immaginando come deve essere stata e cogliendo l’essenza di ciò che hanno vissuto. Ecco quindi spiegato il titolo del romanzo: Non luogo a procedere è l’immaginario processo in difesa delle vittime di soprusi cancellati che, a causa della mancanza di documentazione, non potranno mai più riemergere. Ma, come il professore, raccogliendo oggetti, si occupa in realtà di persone e storie, così lo scrittore può avvalersi anche solo della memoria e dell’immaginazione per far prevalere la giustizia.
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