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La solitudine è una cosa bella

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Credeva Pirandello che esser soli con se stessi fosse impossibile; a crederlo lo induceva  il semplice fatto che l’identità (come lui sosteneva), cioè il nostro radicato dire «Io», è una finzione, e questo perché è lo sguardo altrui che ci oggettiva, ossia ci rende oggetti a noi stessi. Dunque, ne risulta come logica conseguenza che ad esser soli, si è sempre in compagnia, in compagnia di un altro, quell’altro – l’io – nato perché visto da altri, che tuttavia è noi stessi. Cose strane, metafisiche.

La strana solitudine che racconta Pirandello tocca a tutti prima o poi: si è soli, nel silenzio, e manca il riconoscimento – allo specchio si vede un estraneo. Ma non per questo la solitudine va fuggita, anzi, diremmo, dev’essere ricercata. Scusate: «dovere» è un verbo non adatto; per lo meno è buona cosa ogni tanto fare ritorno in noi stessi ed abbandonarci al dolce «dialogo che l’anima fa con se stessa», come scriveva Platone. Lasciamoci guidare da un altro grande innamorato della vita solitaria, Michel de Montaigne (1533-1592) per tirare un po’ di acqua al nostro mulino.

Michel de Montaigne

Montaigne visse a lungo in solitudine: ritiratosi più o meno a quarant’anni dalla vita pubblica, trascorse il resto dei suoi giorni a leggere e meditare su Plutarco, Epitteto, Lucrezio, solo alcuni, questi, tra i classici che tanto amava. Pochi accadimenti per Montaigne, e di quei pochi molti luttuosi, tutti come riplasmati e fatti oggetto di riflessione in quel capolavoro di introspezione che sono i Saggi, in tre libri.

Il capitolo trentanovesimo del Libro Primo è dedicato appunto alla solitudine: essa, la solitudine, è la medicina dello spirito, ci dice Montaigne. «Spesso si pensa di aver abbandonato le preoccupazioni, e le abbiamo soltanto cambiate», questo perché l’anima è come protesa in avanti, si perde tra le cose e da queste «ne è tutta presa». Le cose, gli affari del mondo sono le nostre catene, che ci portiamo appresso; noi lo sentiamo, non è vero? lo sentiamo questo costante vivere di impegni, di appuntamenti, come scelti dalle cose e non padroni di esse. Quest’anima affaccendata, la nostra, «bisogna emendarla e rinchiuderla in sé» ed è nella solitudine, il sano ripiegamento verso il di dentro, – è nella solitudine che si torna a vivere la libertà altrimenti rubataci dal tempo e dagli altri.

«Bisogna riservarsi un retrobottega tutto nostro, del tutto indipendente, nel quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Là noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi, e tanto privatamente che nessuna conversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo»

solitudine
Michel de Montaigne

Il «dimenticare le coincidenze»

La solitudine è una cosa bella. Così, almeno, la pensa Montaigne; il che, si badi, non vuole dire disimpegno e indifferenza verso gli affari del mondo, verso gli altri. Stare in solitudine significa piuttosto rifiatare dagli affari del mondo, dagli altri, per poi ritornarvi come più leggeri.

Zygmunt Bauman ha ragione quando dice che il cittadino globale è solo, poiché sempre più connesso e chiamato a vivere in una contemporaneità «eccitata» (Christoph Türcke); ma non è questa la solitudine che invece ama Montaigne e alla quale noi ci richiamiamo. Come Seneca invitava il suo amico Lucilio a ritornare in se stesso, ricordandogli che la solitudine è il vero cibo dell’anima, così Montaigne ci invita ad aprire la porta del retrobottega che troppo spesso si tiene chiusa, non per rinserrarsi dentro, ma per prendere una boccata d’aria. Perché quello del retrobottega è un fuori diverso, più libero.

Dimenticare per un attimo «le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede, che la realtà sia quella che si vede», come scriveva Montale, questa è la virtù della solitudine. Di ciò che non si vede sappiamo ancora troppo poco; Montaigne, almeno, con Montale sarebbe d’accordo: la realtà più vera è quella che non si vede, ossia noi stessi, giacché «la più grande cosa del mondo è saper essere per sé».

 

Giovanni Fava

25 anni; filosofia, Antropocene, geologia. Perlopiù passeggio in montagna.

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