Nei primi decenni del Novecento essere omosessuali dichiarati non era certo facile: i più cercavano di negarlo a se stessi o, quantomeno, di nasconderlo agli occhi del mondo. Ma vi furono anche personaggi di spicco che non ebbero mai problemi ad ammettere i propri gusti sessuali: Jean Cocteau (1889-1963) era uno di questi.
«Più torno indietro nel tempo, anche all’età in cui lo spirito non influenza ancora i sensi, più trovo delle tracce del mio amore per i ragazzi. Ho sempre amato il sesso forte, che io trovo legittimo chiamare “il bel sesso”».
Così scriveva Jean Cocteau ripensando ai suoi anni giovanili. Per lui l’omosessualità non fu una scoperta graduale, ma un’evidenza che si impose nell’adolescenza, quando provò i primi turbamenti osservando giovani zingari che giocavano nudi vicino a un lago.
Artista poliedrico, Cocteau fu scrittore, regista, sceneggiatore, attore e librettista, ma decise di raccontare “l’altro se stesso” attraverso la poesia e il disegno: nasce così l’autobiografia della sua omosessualità, Il Libro bianco (acquista).
Qui Jean Cocteau esplora i primi sentimenti e la loro evoluzione durante l’adolescenza e la giovinezza. Una serie di disegni, ad esempio, ricorda gli anni passati a Marsiglia dopo la morte del suo primo compagno, il compare Pierre Dargelos, grazie al quale conobbe l’ambiente dei marinai: essi vengono rappresentati da soli, con il membro in erezione o nell’atto di masturbarsi, oppure impegnati in un rapporto sessuale. In questa serie trovano posto anche le donne, in particolare due prostitute, ma è evidente come Cocteau non faccia mistero delle sue preferenze.
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In seguito, si trasferì a Parigi, cuore pulsante della Belle Époque, e conobbe molti eminenti artisti: André Gide, Marcel Proust, Igor Stravinskij e Giorgio de Chirico, sono solo alcuni tra questi. I soggetti dei suoi disegni diventano ora i suoi amanti, una serie di ragazzi a volte anche molto più giovani di lui, con i quali Cocteau instaura una relazione estremamente profonda, in cui l’intento pedagogico si unisce al piacere dei sensi. A John Le Roy, conosciuto nel 1917 e morto poco dopo al fronte, è forse ispirata una serie di disegni che raffigurano un soldato. Altri disegni sono dedicati al primo, grande amore di Jean Cocteau, lo scrittore Raymond Radiguet, conosciuto nel 1918: i due iniziarono una convivenza, sebbene Radiguet avesse all’epoca solo quindici anni, molto produttiva dal punto di vista artistico, ma terminata bruscamente con la morte del giovane. E ancora profondo amore e una potente carica erotica è sprigionata dalle raffigurazioni del poeta Jean Desbordes. Il talento artistico di Cocteau venne poi riconosciuto anche da Jean Genet, che gli chiese di illustrare il suo romanzo Querelle de Brest (1943) con ventinove litografie.
Ciò che colpisce della tecnica di Jean Cocteau sono le linee e le forme che, pur nella loro semplicità, riescono a cogliere e riprodurre ogni aspetto della situazione che l’artista aveva in mente. I suoi disegni riescono a liberare la fantasia grazie all’aggiunta di delicati particolari – come le lettere sparse sul letto accanto al soldato – anche se nulla dell’aspetto più propriamente erotico è lasciato all’immaginazione.
Cocteau, insomma, riuscì ad unire l’erotismo più esplicito con il culto della bellezza tipico dell’epoca, in una serie di disegni che risultano, nonostante tutto, delicati. E lo fece in un contesto in cui l’amore tra uomini era un’anomalia, quando non addirittura un pericolo per la propria incolumità.
Risulta strano e quasi inconcepibile che Il Libro bianco, espressione di questo complesso di sentimenti, fu pubblicato dapprima anonimo nel 1928 e poi ristampato a nome dell’autore, ma con la negazione della paternità dei disegni. Non si poteva, però, pretendere da Jean Cocteau una presa di posizione tanto forte: la sua intenzione era di descrivere l’evoluzione della propria omosessualità e la possibilità dell’anonimato gli ha concesso di eliminare qualsiasi inibizione a favore della fedeltà al ricordo.
Silvia Ferrari
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