Girolamo Francesco Maria Mazzola (Parma, 1503 – Casalmaggiore, 1540), detto il Parmigianino – non solo per le sue origini ma anche per il suo aspetto mingherlino e dai suoi modi gentili – fu uno dei più grandi artisti del ‘500, allievo del Correggio ed entrambi maestri di quello che venne definito il Rinascimento parmense. Un vero e proprio enfant prodige dell’arte, talentuoso e raffinato esponente del Manierismo, fu abile ritrattista e tra le tante opere di questo genere, spicca il misterioso Ritratto di gentildonna, detto La schiava turca, custodito nella Galleria Nazionale di Parma all’interno del Complesso Monumentale La Pilotta.
«La schiava turca»: caratteristiche e analisi dell’opera
Realizzata intorno al 1531, La schiava turca è una delle opere più famose del Parmigianino.
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Occorre spiegare innanzi tutto che la donna rappresentata non è una schiava, tantomeno turca. La ragione del suo nome risale dall’annotazione scritta su un inventario delle collezioni medicee a Firenze nel 1704:
«Un quadro in tavola alto braccia 1 1/6, largo soldi 18, dipintovi di mano del Parmigianino, mezza figura, il ritratto di una schiava turca con turbante in testa e rosta in mano di penne bianche, con ornamento intagliato e tutto dorato, numero 1852».
In realtà, quello raffigurato ne La schiava turca del Parmigianino non è affatto un turbante, ma un’acconciatura dell’epoca chiamata “balzo” o “capigliara”, di forma tondeggiante e costituita da preziosi tessuti arricciati, racchiusi in un intreccio di fili d’oro. Andava di moda tra le gentildonne e lo vediamo indossato anche da Isabella d’Este nel famoso quadro di Tiziano del 1535 circa, conservato a Vienna al Kunsthistorisches Museum.
Il copricapo, finemente decorato, mostra al centro un cameo raffigurante Pegaso, il mitologico cavallo alato. Nella mano sinistra, un elegante ventaglio di piume. Gli abiti sono sontuosi, i lineamenti molto delicati, le sopracciglia fini perfettamente disegnate, le guance sono lievemente arrossate, gli occhi grandi ed espressivi, il sorriso è appena accennato. Il tutto a rappresentare la grazia e la bellezza ideale in quello che costituisce uno degli apici della ritrattistica del ‘500.
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Lo sguardo enigmatico de La schiava turca verso l’osservatore amplifica il mistero che ruota intorno a questo personaggio. Tra le ipotesi più accreditate, la dama potrebbe essere Giulia Gonzaga, contessa di Fondi e moglie di Vespasiano Colonna. La presenza del mito di Pegaso, simbolo tra gli altri dell’ispirazione poetica, fa propendere ad identificarla con Veronica Gambara, nota poetessa e donna di cultura, moglie di Giberto VII, signore del feudo di Correggio.
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